17/1/2006
Cara Antithesi,
solo due precisazioni per Lenzarini:
a) Parlando di D della Repubblica, non mi riferivo a DCasa, un vergognoso marchettone, ma all'originale D Donna o come diavolo si chiama: vi appaiono commenti significativi sulle arti di autori che sanno di cosa parlano, da Brandolini in su
b) L'audience per l'architettura non solo quella degli architetti italiani, notoriamente sempre fintamente alla canna del gas, ma quella molto pi ampia di un pubblico colto e curioso, che vi assicuro ancora esiste: e a tirare fuori le leggi di mercato si finisce invece a giustificare quella vera merda (scusate l'espressione) che diventata la televisione italiana: certo, diamo alla gente quello che vuole... replay dei calciatori che si sputano in faccia, stupri in metropolitana, omicidi in famiglia, la vandea clericale all'assalto dei diritti delle donne, il Grande Fratello, Fox Crime, schizzi di sangue fino al soffitto: perfino Striscia e le Veline in confronto sembrano i Dialoghi di Platone.
Ecco , tra la merda e il risotto (come si dice a Milano), ci sar pure una decente via di mezzo.
Quanto ad Antonino Saggio, che personalmente mi sta molto simpatico, gli ricordo che il suo un perfetto esempio di Nomen est Omen: quindi fa bene a togliersi dalla scarpa il sassolone degli Zevi Bros, per non c' bisogno di fare vedere tutte le mostrine e le medaglie guadagnate sul campi di battaglia della stitica editoria italiana d'architettura. Se i figli di Zevi sono degli incapaci, prenda Saggio accordi onorevoli con gli sconfitti e rilanci lui la rivista con i suoi editori buoni, Marsilio in testa.
Giuro sulla mia collezione dell'Architettura di Zevi (sr) e Pedo, che almeno il primo numero lo comprer.
Saluti affettuosi,
Roberto
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16/1/2006
Caro Lazier,
la notizia della chiusura della rivista di Zevi (Sr./Jr.) sconvolgente ma non imprevista.
Sono destinate a sparire tutte le riviste specializzate di architettura (o di design) - quelle italiane con pi fragore, per il loro passato glorioso (quelle buone, ovvio) - finch non si interrompe il circolo vizioso del meccanismo pubblicitario.
Le aziende produttrici vogliono far vedere la loro pubblicit agli architetti, l'editore - barando un po' con le cifre sulle tirature - fa credere alle aziende che gli architetti vedano la loro pubblicit sulla sua rivista, le aziende danno la pubblicit alla rivista, su cui la vedono gli architetti... et voila: l'editore intasca soldi, si fa la barca nuova e i direttori di riviste possono continuare a mantenere la loro puzza sotto il naso e i loro conflitti d'interessi. Ma anche tutto questo, in uno scenario mediatico stravolto in soli dieci anni, tra Internet, televisione, cd-rom, DVD, cellulari multimediali, etc., sta andando in crisi.
Perch altrimenti un qualsiasi buon settimanale come D della Repubblica pu tranquillamente sostituire Domus - tanto per dirne una che ancora sta traballante in piedi - nel comunicare l'essenziale di architettura, arte e design? Semplice: perch ormai l'audience interessata ad architettura, arti e mestieri centuplicata, cos come i contatti pubblicitari di D della Repubblica... E un'azienda che deve far vedere la pubblicit dei suoi maledetti parquet, perch dovrebbe dare a Domus per tre mesi l'equivalente di quello che da a D per un anno?
E non serve, come fa Boeri, fare il verso nei contenuti al Telegiornale, a National Geographic , a Focus (diretta da suo fratello), l'Espresso, o D delle Donne: che tanto arriver sempre prima sulla notizia global/choc, mentre le riflessioni di Domus sulle catastrofi naturali /artificiali dopo due mesi dalla notizia gi puzzano di muffa.
Figuriamoci una rivista raffinata, caparbia e un po' antiquata come L'Architettura Cronache e Storia...
Cosa fa, si mette a parlare del blocco degli sfratti?
L'unica via d'uscita che tirino fuori le palle gli editori di mestiere, sempre che ne esista ancora la razza. Uno di loro rilevi la testata e dia modo a Zevi jr. e un altro gruppetto di coraggiosi di continuare il lavoro iniziato da Zevi sr., informando e discutendo di architettura, e non di costume.
Benedikt Taschen, che ha cominciato vendendo fumetti porno, riuscito - e riesce - con i libri a divulgare l'architettura contemporanea, in tutto il mondo.
Possibile che non ci riesca, almeno in Italia, almeno con una rivista, uno dei cento editori italiani?
Cari saluti.
Roberto Vallenzasca
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21/12/2005
Caro Ferrara,
fai benissimo a rimbeccare le palle che Casabella e altre riviste, testi e libri non smettono di raccontare: ventitre anni fa o oggi non fa differenza.
Ne ho appena trovata una fresca fresca nel libro (peraltro bellissimo) EXIT UTOPIA sulle avanguardie architettoniche anni Sessanta/Settanta. Ebbene, nelle sue tre righe biografiche Andrea Branzi riesce a scrivere di essere stato direttore (editor, il libro in inglese) di Domus.
Ma quando mai? Gli piacerebbe, forse.
Cari saluti,
Roberto Vallenzasca
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18/7/2005
Cara Antithesi, caro Fadda e caro, ignoto sodale Vannucci,
mi pare che il caldo cocente di questi giorni abbia portato troppo ad ebollizione la discussione, partita dalla mia osservazione critica (un po' al vetriolo, lo ammetto, ma sempre meglio dei panegirici accademici) alla straordinaria tempestivit dell'omaggio di Domus a De Carlo.
Adesso tutto pare ridursi a un certame pro/contro Boeri: di cui personalmente non ho nessuna stima, ma neanche credo sia il vero argomento della discussione. Che invece il problema se per l'architettura non sia possibile oggi in Italia un'informazione - su Domus, su L'Arca, Area, Abitare,Il Giornale dell'Architettura, etc. etc. - non tendenziosa e clientelare.
Le conclusioni di Antithesi e della pilatesca Torselli (suvvia Fadda, non si abbassi a salire anche sul carro dei pilateschi) mi sembrano semplici, limpide come l'acqua.
Boeri porta Domus, oltre che a un crollo di vendite, al macchiettismo dell'informazione, al "voto di scambio" tra i suoi soci professionali e le pagine della rivista, pur di mantenere l'equilibrio di potere che serve alla sua carriera?
ME NE FREGO!
Certo, dimenticavo, il motto che gli italiani hanno meglio imparato dal Duce, defunto Cav. Benito Mussolini. Tutto avrei pensato di Antithesi, meno che anche qui e tra i suoi lettori si annidasse qualche germe del caro vecchio fascismo. Un vero peccato.
Mi dispiace un po' di pi per Domus, che per molti anni (decenni?), con qualche eccezione, stata una rivista importante da seguire.
Vuol dire che, come consiglia Vannucci, aspetteremo la fine della direzione Boeri per riprendere a leggerla.
Cari saluti,
Roberto Vallenzasca
PS
Curiosit: ma come riesce Fadda a intervenire nella discussione sui contenuti di Domus, se non la legge? Onniscienza divina?
18/7/2005 . |
Paolo gl Ferrara risponde
a Roberto Vallenzasca: |
Fascisti all'interno di antiTHeSi? Forse, e forse anche comunisti, radicali, interisti, feticisti, milanisti, democristiani, leghisti.
Siamo sul web, siamo un sito libero di fare esprimere chiunque, di qualsiasi colore politico e tifo calcistico, tranne carrieristi, inciucisti, leccaculisti.
Caro Vallenzasca, come a Lei, di cui disconosco fede politica e tantissime altre cose, a tutti data la possibilit di esprimersi. Su antiTheSi.
- Paolo gl Ferrara |
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12/7/2005
Cara Antithesi
non era certo mia intenzione creare una rissa intorno al cadavere di De Carlo e mi scuso sinceramente se i toni del mio ultimo messaggio sono un po' risentiti.
Ma resta il problema di fondo intorno al quale Mauro continua a girare in tondo con i pi svariati argomenti. E' giusto che il direttore della pi importante rivista italiana - stampata - d'architettura la usi a fini di promozione di un preciso gruppo di professionisti, da Koolhaas ad Armin Linke (per inciso, non proprio il pi grande fotografo contemporaneo, caro Mauro, e quindi anche lui bisognoso di protezione e promozione) con cui egli lavora normalmente sotto vari marchi ed etichette?
Penso che ogni persona onesta, pi o meno di cultura, pi o meno giovane o vecchia, non potrebbe rispondere che no, non giusto, n corretto.
Se Mauro e altri intendono abbandonarsi all'onda dell'inciucio e del "pro domo mea" che gi divora questo paese si accomodino, ma almeno non si nascondano dietro fumosi alibi culturali.
Forse con il caso denunciato dal prof. Giugni (concorsi truccati) qualcosa si smuover anche nell'orrenda palude universitaria italiana, dove pure si abbeverano abbondantemente Boeri, Branzi, Casamonti, Gambardella e altri amici loro.
Stiamo a vedere se anche qui non entreranno in gioco i soliti insabbiatori.
Cari saluti
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12/7/2005
Caro Mauro,
dalle sue parole desumo che nel conflitto d'interessi tipico dell'era berlusconiana, di cui Boeri un acuto interprete di sinistra, Lei ci sguazza.
E' proprio del qualunquismo e del craxismo ("I soldi li prendevano tutti") fare un bel pasticcio come quello in cui lei mette insieme di tutto e di pi: e si salvi chi pu.
Solo una precisazione: Casamonti, unico tra i pochi fortunati che ha vinto il terno al lotto di uscire su Domus in questi mesi, il Boeri di destra, e non ne fa mistero.
Se Boeri lo pubblica, ne avr di certo vantaggio in qualche modo: mentre sterminato l'elenco di tanti altri giovani bravi architetti italiani che, non offrendogli niente in cambio, Boeri su Domus non pubblica e non pubblicher mai.
Quanto alle mie letture - oltre ad essere affar mio - sono certo migliori delle sue, visto lo stato in cui queste le hanno ridotto il raziocinio.
12/7/2005 . |
la Redazione risponde
a Roberto Vallenzasca: |
Visto e considerato che il nostro sito non può permettere che i lettori s'insultino vicendevolmente, preghiamo sia Vellenzasca che Mauro di limitarsi a commentare criticamente e non scambiarsi appunto insulti attraverso antiTHeSi. La critica e le opinioni sono ben accette. Gli scambi interpersonali poco gentili, no.
Grazie
- la Redazione |
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11/7/2005
Cara Antithesi,
considererei normalmente un eccesso di protagonismo instaurare un "botta e risposta", ma il commento ingenuo ed esaltato di Mauro al mio intervento mi obbliga a qualche chiarimento.
Non sono un giovane: leggo Domus almeno dal 1975, la considero la testata storica di architettura pi interessante al mondo.
Per questo mi indigna la strumentalizzazione che Boeri ne fa al fine primario di una promozione sua e del suo gruppo di amici/clientes.
La vicenda del Supercoccodrillo su De Carlo solo una goccia nell'oceano del suo conflitto d'interessi .
Vogliamo fare un test?
Calcoli Lei, Mauro -che legge con tanta passione la Domus di Boeri - la somma delle pagine finora dedicate a Rem Koolhaas e quelle dedicate a un architetto italiano coetaneo - ovvero possibile concorrente - di Boeri, diciamo un cinquantenne. Fatto? Mi dice la differenza?
Temo che sia alta, molto alta, altissima.
E lei sa da chi formato il gruppo Multiplicity?
Oltre a Boeri e sua moglie (che ha curato l'evento flop di San Siro in aprile), Armin Linke e Francesco Jodice, i fotografi che spadroneggiano da un anno e mezzo nei reportage di Domus.
Lei sa chi Kayoko Ota, che per qualche mese Boeri ha cercato di spacciare come vice direttore di Domus? E' la responsabile di AMO/OMA, il settore ricerca/comunicazione dello studio di Rem Koolhaas.
Alla faccia dell'obiettivit.
S'informi, caro Mauro, s'informi.
E qualsiasi dei personaggi illlustri che lei menziona dalla storia di Domus si sarebbe accorto del vuoto che sta dietro al bla bla qualunquista di Boeri sulla"citt-che-fa-schifo-ma-in-fondo-va-bene-cos-specialmente
-se-riesco-a-piazzarci-qualche-mio-edificio".
Molti saluti,
Roberto Vallenzasca
PS
Quanto a certi tromboni, buoni per l'ospizio come Eisenman, Branzi, Mari, Mendini, Magistretti, o freschi d'universit come Belpoliti (si legga che simpatica raccolta di stupidaggini, pubblica o ri-pubblica da Domus in un suo librettino per Einaudi, diventato ormai l'editore dei comici TV), sono solo le vocine di contorno del grande discorso berlusconiano: "Sparale grosse, continua a spararle e prima o poi ti eleggeranno".
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9/7/2005
Giancarlo De Carlo morto: onore a De Carlo, al compagno partigiano, all'ottimismo della volont e al pessimismo della ragione.
E disonore a committenti e politici che lo hanno relegato - come altri della sua generazione - a un localismo di nessun peso nella tragicomica realt urbanistica italiana.
Ma disonore anche a chi ne riuscito a strumentalizzare per bene l'agonia. Si sapeva benissimo che la sua era da anni una lunga marcia verso la morte. Per questo il campione del nuovo cinismo culturale, il finto sinistro Boeri lo ha spinto (obbligato?) a scrivere per un anno e mezzo sulla sua pessima Domus, nel tentativo di darsi un patentino progressista - visto che dalla sua penna pi di frasi ambigue mormorate sottovoce non escono. E quando De Carlo trapassa, ne ripubblica lesto lesto gli stessi scritti appena usciti sulla rivista.
Ma si pu essere pi cinici di cosi? Programmare scientificamente non un "coccodrillo" ma un "Supercoccodrillo": per un dilettante, come ama definirsi Boeri, non male. Un altra mossa mediatica che si aggiunge alle carnevalate a San Siro (che gli servono per far passare il suo progetto di risistemazione dello Stadio), alle quattro o cinque presentazioni mensili della rivista dal Manzanarre al Reno, al profluvio d'interviste, dichiarazioni, sproloqui fatti in ogni angolo della periferia dell'Impero.
Altro che riserbo, metodo, analisi, altro che i "ragionamenti limpidi che richiedono paziente lavoro e fervida immaginazione" di cui De Carlo scrive. La Domus ciarliera e insulsa che producono Boeri e gli altri dipendenti di Rem Koolhaas, piena di ammiccamenti alla decadenza dell'Occidente - da rappezzare con qualche forma geometrica un po' sbirula, che per loro l'architettura - proprio all'estremo opposto di quanto coraggiosamente, contro ogni evidenza, De Carlo continuava a pensare.
Povero Maestro, ma non si accorto di quanto era interessato
l'interesse di Boeri?
Con tristezza,
Roberto Vallenzasca
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