Abbasso gli architetti e le loro ''Tombe dell'architettura''
di Gian Paolo Manfredini
- 17/9/2008
Larte ci che capace di fare di unopera un enigma
KARL KRAUS
... il momento disperato in cui si scopre che questimpero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie uno sfacelo senza fine n forma, che la sua costruzione troppo incancrenita perch il nostro scettro possa mettervi riparo...
ITALO CALVINO
Sfidare, andare oltre il costruire, lo slogan corredato dalla vaghezza e ambiguit di altri assunti teorici solenni enunciati dallamericano A. Betsky, di formazione olandese, che ha diretto e curato la 11 Biennale Architettura di Venezia, insieme ad altri suoi accoliti, quali Saskia, Zaha, Frank O., Emiliano, Massimiliano...
Ci viene presentato un campionario non sempre convincente di installazioni-manifesto, di visioni ed esperimenti - a dir poco in contraddizione - secondo codici labirintici e incontrollati nonostante concorrano gli oltrearchitetti, gli immancabili Fuffas internazionali e gli idolatri delledificazione ovunque e comunque.
stato acutamente rilevato che, forse, impresa vana invitare gli architetti a rifiutarsi di costruire edifici tombe dellarchitettura, quando si sa che larchitettura eterodiretta dal mercato immobiliare, fagocitata dalla societ massmediologica e dello spettacolo, come ormai risulta per il Sistema delle arti.
E non altrettanto sciagurato pretendere che gli architetti siano degli artisti visivi che concepiscono gli edifici come immagini di brand al servizio di un populismo mercantile, celebrativo dei luoghi della competizione, della speculazione e del divertimento ?
Alcune delle gratuite affermazioni teoriche dei cinque cataloghi taglienti (per il loro sofisticato contenitore di plastica!) del Betsky-pensiero finiscono per dare sostegno alla novit per la novit, alle bizzarre diversificazioni e alle stranezze a-topiche di effetti scenografici di simulazioni concentrati sulle risposte alla cultura dei consumi, ossia al fine di incrementare esattamente il contrario delle opere di architettura, che hanno sempre assunto al compito di costruire poeticamente (cfr Novalis, Heidegger...).
Come possibile poi dichiarare che larchitettura non debba dare risposte, bens aiutare le persone a porsi delle domande? Non sempre stato piuttosto il compito istituzionale di altre discipline come la filosofia?
Da sempre, le opere di architettura - come di ogni altra pratica artistica - hanno posto con la propria forma e la loro specificit interrogativi e, nei secoli, sono state capaci di produrre significati e valori che hanno avuto le pi varie interpretazioni.
Forse che gli architetti debbano tenerci lontani dallavanzare qualche risposta alle contraddizioni sociali e al caos urbano e debbano alzare inni alla precariet con installazioni provvisorie dove lidea di durata non trovi pi la connessione con la pratica del costruire e gli scopi dellabitare. E, pertanto, addio alle speranze migliori di una comunit e allimpegno per le responsabilit urbane?
(Gian Paolo Manfredini
- 17/9/2008)
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Commento 6418 di renzo marrucci del 19/09/2008
Viva gli architetti che nutrono speranze di vita mediante il pensiero dell'architettura intesa come un mezzo per rendere la permanenza su questo mondo il meno infelice che sia possibile...Potr ssere un pen
siero retorico? Non credo! Semmai una ingenua espressione di confronto e di speranza nella fiducia di una professione che deve riguadagnare il suo senso della societ. Ingenua perch in mezzo a tanta certezza tira di pi il carro di chi si dimentica che il giorno scorre accanto all'altro... in un alternarsi di luci e di ombre, di cose fatte senza troppo pensarci e in una sperimentazione fagocitata nel ritmo senza il tempo del pensiero...della riflessione...ma sull'impronta dei programmi fatti al tavolo di una cinica, ansiosa rappresentazione della realt.
Non tombe ma veri encefalogrammi celebrativi nello spazio-tempo della cultura dell'immagine... che si stinge nella fragile frenesia della sperimentazione come se fosse cultura della materia che si consuma...
Tutti i commenti di renzo marrucci
Commento 6465 di RENZO mARRUCCI del 25/09/2008
La Biennale di A. Betsky una performance poco chiara
Biennale assai modesta che si esercita in un contributo privo di un reale contesto critico efficace rispetto alla realt delle problematiche che affliggono la ricerca architettonica nel suo rapporto diretto con la citt e l'ambiente.Tempo sostanzialmente perduto in vezzi e contorsionismi intellettualistici devianti in quanto aristocratici nel senso pi retrivo del termine. Si conferma la tuttologia pretestuosa di una ricerca di eliteChe non RIESCE HA MANTENERE LE COORDINATE DEL REALE e si rifugia nel vago indecifrabile mondo dell'onirico... ma fuori del nostro mondo e ci rimane ritagliandosi un fantomatico diritto-dovere di starci... Mentre lo sforzo vero quello di portare nella realt i contenuti e tradurli in grado di fornire idee per aiutare e migliorare il nostro rapporto nel mondo migliorando la vita dell'uomo. Questa biennale la possiamo leggere come una fuga intellettuale e servile dalla realt.
Soldi spesi male purtroppo...come troppo spesso accade...in questo nostro emblematico paese.
Renzo Marrucci
Milano, 26-09-2008
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