WE should HAVE A DREAM . Il XXIII Congresso UIA
di Gian Paolo Manfredini
- 22/7/2008
Architettura, sostanza di cose sperate. ( Edoardo Persico, parafrasi di S. Paolo )
L architettura [ come la legge ] uguale per tutti. ( slogan del Congresso integrato)
Alla fermata di uno di quei treni che in Italia sostano una sola volta nella vita siamo accorsi in ottomila - invero da 116 Paesi - a Torino, aspettandoci che si creassero nuove situazioni, e che in incontri, scontri, discussioni si potessero dibattere, far interagire tematiche e problematiche, e scambiare e approfondire esperienze.
Come ad un grande Circo, anche in questa occasione siamo convenuti aspettando che gli elefanti apparissero in tutta la loro mole e sapienza.
Considerato il battage pubblicitario che ha preceduto il XXIII World Congress of Architecture - Transmitting Architecture, che per la prima volta si realizzato in Italia, ci si attendeva di partecipare, se non ad una rivoluzione epocale, ad un avvenimento nelle cui quaranta e pi sessioni di meeting si potesse verificare lo status della disciplina usufruendo di apporti e di comunicazioni di rilevanza da parte di protagonisti delle diverse culture di tutto il mondo.
Abbiamo invece, spesso, dovuto assistere in decine di eventi che si sono succeduti a vuote esibizioni di egocentrismi acritici di star privilegiate, le quali anzich impegnarsi a declinare gli obiettivi del congresso, come i linguaggi, le potenzialit, le sfide, la diffusione e le prospettive dellarchitettura, si sono pi compiaciute di appagarsi di auto-gratificazioni e di sfruttare consolatorie ambiguit, coltivando facili consensi nelle platee. Basta con gli ego-architetti ha titolato un noto quotidiano !
Quasi droghe letali per la democrazia dellarchitettura tanto invocata e per i processi di sviluppo attesi, le sbandierate produzioni delle archistar. Anche se non servono per larchitettura in Italia, come non sono utili in Bangladesh e in nessuna parte del globo, astutamente mescolate e intermezzate ad interventi di utopisti veri e di altri pseudo, o di ritorno, hanno consentito che le comunicazioni e le lectiones magistrales procedessero, applaudite, surrogando discussioni e dibattiti, verso la costruzione di unatmosfera greve per mancanza di ironia e per affermazioni tra il fieristico e il festivaliero, talvolta sovraccariche di banalit e/o speculazioni estetizzanti.
Ignari, volonterosi allievi delle facolt di architettura di tutto il mondo, sono stati fatti sperare in futuri creativi e coraggiosi, sostenibili, di cambiamento, tutto sommato incommensurabilmente diversi di quelli che in realt si prospettano oggigiorno.
Poche le voci che si sono levate su problematiche, rischi, pericoli, difficolt reali ed imminenti, di concezioni globalistiche, mercatistiche, omologate e ferocemente legate al businnes. Meno ancora gli sforzi di riflessione sulle possibili soluzioni da attivare. La critica dellarchitettura, daltra parte, in questo clima, parso essere svanita, scomparsa. Quasi come il disegno manuale, rispetto a quello dei mezzi cibernetici. Nonostante alcuni momenti di protesta per i grattacieli, esclamative esibizioni di brand vanitosi ( delle cui stranezze non se ne pu pi ), nonostante alcune riserve verso sostenibilit culturali, evocate, sbandierat,e ma mal sostenute, sia nella vasta platea di studenti e professionisti plaudenti, sia dai palcoscenici e dai pulpiti, rare sono state le analisi e le possibilit di confronti approfonditi sulle metamorfosi della disciplina e le nuove modalit comunicative tra i reali protagonisti e gli interlocutori; poche le aperture di dialogo con le diverse societ nel globo; quasi nessun tentativo vi stato di proporre validi testi critici, di districare i nodi e gli equivoci della situazione attuale, della sua permanente incertezza e dei corrispondenti atteggiamenti di disincanto, nonostante il bisogno di immaginarsi i presupposti e ipotizzare un futuro innovato chiaro e migliore.
Per entrare nei dettagli, diciamo che la disorganizzazione fantasmagorica, la sovrapposizione di programmi ed eventi, e la separatezza tra le sedi congressuali, non hanno molto agevolato lo svolgimento dei lavori.
Una grande occasione per vi stata, fatta coincidere con la assegnazione dei premi che l UIA conferisce ogni tre anni : l Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI di Torino ha eseguito la prima assoluta della versione originale di << Metastaseis >> e quella di <
Teromoru Fujimori , ricordando le sue iniziali difficolt di lavorare in sintonia con la fede scintoista e con i paesaggi naturali, ha spiegato come abbia integrato nelle coperture e nelle pareti gli alberi e assegnato ai materiali naturali le finiture degli edifici, compensandone la intrinseca debolezza riservando le strutture ai materiali pi durevoli di fabbricazione industriale . Ha presentato sei sue opere che, oltre a prendere le distanze dagli standard dellarchitettura dellultimo secolo, fronteggiano il problema del minimo sufficiente per le dimensioni di un edificio, preservando le sue caratteristiche essenziali e antropologiche.
Sulle tematiche di impronta ecologica e bioarchitettura si sono impegnati Ugo Sasso e Raul Pantaleo, che peraltro si sono intrattenuti in articolate argomentazioni, riprese in diretta su satellitare.
Fuffas magistralis stata chiamata la lectio declamata e falsamente rassicurante che ha incitato alla fatica e alla passione per il cantiere quotidiano, ma che a chi sar dato ? affermazione sensata, invece, quella che la citt sia frutto della collettivit e che la colpa della sua cattiva crescita non possa essere mai attribuita ad uno solo.
E altrettanto unilaterale, e un poco stonato, stato considerato dagli osservatori lintervento allinaugurazione del ministro Bondi, con la sua provocatoria promessa di emanazione istantanea di un Codice della Qualit per larchitettura ! o chiss, forse, magari ! , per la politica !! Non sarebbe meglio ci fosse limpegno per una legge sulla trasparenza dei grandi progetti promossi da operatori pubblici e privati e che responsabilizzasse gli architetti e i loro Ordini a misurarsi costantemente con lopinione pubblica, senza dimenticare la nostra storia, i nostri valori paesaggistici e la delicata dialettica tra tradizione e innovazione ?
Aaron Bersky, americano direttore della Biennale Architettura di Venezia, Out There: Architecture Beyond Building, ha stigmatizzato : sbagliato limitarsi a considerare larchitettura come edifici, brutti o belli che siano. Perch gli edifici sono in realt la prigione o la tomba dellarchitettura. Quello che conta sono i rapporti che le persone hanno con i luoghi in cui vivono. In Italia ci sono orribili edifici fascisti, che pure avevano una grande forza, e invece belle strutture recenti che sono terribilmente noiose.
Peter Eisenman (nostro co-premiato col Leone di Pietra alla Biennale Architettura di Venezia), ha affrontato le questioni centrali dellarchitettura i materiali, la tettonica, labitare che sono radicate nellidea di luogo e di verit della presenza, aggiornando le sue iniziali teorie.
Modesta nel solo mostrare i suoi prodotti, Odile Decq, Leone alla Biennale di Venezia del 96, che per ha spiazzato i torinesi, trovando lintervento di Renzo Piano sul Lingotto un po cheap, glissando sul rifacimento del Palavela della Aulenti, e sostenendo che per a Torino ci si pu sempre consolare con il Barocco..
Un sorriso oltre gli ostacoli e una boccata di ottimismo in un apparentemente relativo fuori tema, ma che ha tenuto avvinta la platea per pi ore, stata la lezione che ci ha impartito il Nobel per la Pace 2006, Muhammad Yunus, linventore del microcredito per i troppo poveri del Bangladesh, sostenitore di una architettura che non serva solo a far diventare pi ricchi i ricchi, ma a far vivere meglio tutti, anche i pi deboli. Il suo appello ai progettisti stato di confrontarsi con realismo con quello che c nelle nostre citt, con le periferie di Calcutta e di Islamabad [ e di Mumbai ], dove il problema di fuggire dallinferno degli slum e dalla morte di fame. Tutto il resto, per quanto bellissimo, destinato a rimanere soltanto un esercizio di stile. C bisogno di integrare i progetti dellarchitettura con lattivit dei movimenti di diritti civili. Larchitettura non qualcosa che sta su un piedistallo, ma il frammento di un pi generale progetto di democrazia. E non abbiamo bisogno di icone ma di processi sostanziali di sviluppo. Le citt non possono pi essere luoghi di competizione, ma di cooperazione.
Centrato lincontro-intervista a Paolo Soleri, grande architetto, di formazione torinese, ideatore di Arcology e fondatore delle comunit di Cosanti e Arcosanti in Arizona,.
Da parte nostra, ha riscosso un forte consenso il filmato del nostro gruppo, We have a dream , proiettato alla Sala Lisbona, dedicato alle speranze per larchitettura del prossimo futuro a partire da Reggio di Calabria.
Altres ci parsa degna di nota la presentazione che stata fatta dalla Fondazione Bruno Zevi di Una guida allarchitettura moderna dell EUR, con due bei saggi introduttivi di Adachiara Zevi Eur: se Terragni avesse vinto e di Giuseppe Pagano Occasioni perdute, nonch con una esauriente bibliografia.
Joseph Rykvert con il suo intervento nella sessione le culture dellarchitettura, ci ha aiutato a capire come una cultura critica del progetto possa oggi abbandonare una posizione autoreferenziale, e consolidare un ruolo utile per la societ.
Il messicano Gonzales de Leon e stato premiato di medaglia doro UIA, per leleganza sobria del disegno, leconomia delle linee, la solidit armoniosa dei volumi che contraddistinguono le sue architetture di forme semplici, ben piantate a terra, arte moderna di ispirazione classica.
Piace citare Riccardo Dalisi, che con lo stand Campania Risanata ha attirato lattenzione con i rifiuti dautore offerti ai visitatori. Suoi sono stati anche gli interventi pittorico- decorativi nel padiglione Calabria.
(Gian Paolo Manfredini
- 22/7/2008)
Per condividere l'articolo:
Altri articoli di Gian Paolo Manfredini | Invia un commento all'articolo |
Stampa: "WE should HAVE A DREAM . Il XXIII Congresso UIA.pdf" |
Commento 6320 di Renzo marrucci del 24/07/2008
Manfredini c'era, benissimo... e lo racconta nel suo articolo che non mi convince ma questo importa poco. Qualche cosa va sempre per il verso giusto come quel nobile e gentilissimo signore che vorrebbe la citt come luogo della cooperazione e non della competizione come disgraziatamente e sempre pi feroce... Che vorrebbe l'architettura per tutti e il senso del luogo dove si allevia la tristezza di esistenze meno fortunate.
Che bellissimo pensiero...Quale aspirazione....ne basterebbe almeno un terzo, un quarto o un decimo di quell'idea vera a dare un impulso verso una societ pi vivibile. Ma se si vuol sognare si pu farlo, certamente e che male c'? Basta un solo sogno per ammantare il mondo? Anche quello piccolo della periferia di una citt...Mi fanno capire che invece si deve essere in tanti su quel sogno che poi si perde da solo nei meandri del tempo e proprio mentre le file si ingrossano di sognatori veri e falsi ...diventando allora solo un sogno...o un mezzo incubo? Irrealizzabile? Ma al di l di questo l'uomo continua a sognare e speriamo che decida di rompere la magia di quel distacco con la realt e che sta diventando sempre pi ampio...appunto come proprio del sogno che smette di essere fuori della realt per entrarvi e far diventare le nostre periferie sempre meno il luogo della diseducazione sociale e del degrado...dell' insicurezza e della marginalit come categoria umana. Di questo non si vedono segnali ma solo chiacchere faticose e verbose e non solo ....forse inutile anche preoccuparsene? Se si capiscono le periferie si capisce anche il centro della citt e tante altre cose che ci perdiamo per il futuro delle nostre citt e quindi del mondo.
Tutti i commenti di Renzo marrucci
[Torna su]
[Torna alla PrimaPagina]