Gli architetti di 'carta' e non di 'muratura'
di Maurizio Zappal
- 9/8/2007
Un libro che cercavo in libreria e non lo trovavo
Questa la citazione di Maurizio Oddo (tratta a suo dire da Baricco) con la quale ha esordito alla presentazione di Architettura Contemporanea in Sicilia avvenuta nellAula Magna - Palazzo Centrale Rettorato, a Catania, il 26 luglio 2007. Giuro che io il libro lho cercato e non lho trovato e pare che sar distribuito in libreria a fine settembre! Quindi ne parliamo aleatoriamente perch i dati non sono verificabili! Ho capito che in questo libro c tutto e il suo contrario! Non c dato sapere criteri, scelte, adesioni, come sono state strutturate. Ma ci si vedr! Minteressa puntualizzare altro. Pare che la tesi di Oddo sia: Esiste larchitettura contemporanea in Sicilia ed di qualit! Ora affermare categoricamente questassunto mi sembra pesantuccio, alla luce di una raccolta di realizzazioni che abbracciano soltanto gli ultimi 50 anni e pi, darchitettura in Sicilia! Timidamente mi chiedo ma se in Sicilia ci fosse tanta architettura contemporanea sarebbe necessario cercarla? Probabilmente io vivo a Manchester e non mi rendo conto! Ma anche se fosse cos mi viene una tristezza che voi non immaginate! Sto perdendo unoccasione fondamentale della mia vita professionale! Prendo armi e barattelli e torno nella natia Sicilia, forse un lavoro l lo trovo! Insomma sono alquanto sorpreso dallaria che tirava a questa presentazione del libro che non cera! Il quadretto era il classico: Inarch Sicilia forever, Oddo un po impacciato e Purini il matre penser, il resto ininfluente anzi alquanto noioso. Della prima non intendo discutere, del secondo ho detto tutto, di Purini e di lui dobbiamo proprio parlarne!
Come al solito ribadisco e mi paro: io faccio larchitetto! Il maestro (Purini) ha detto:
Ci siamo affrancati dal difetto fisico (ora si fanno i concorsi darchitettura!) e possiamo iniziare a parlare darchitettura (!).
I fatti non sono accaduti finch qualcuno non li racconta (e ha citato Pensner 1936), quindi Oddo nella tradizione!
Larchitettura italiana tale per la pluralit dei contesti (Sicilia, Puglia, Trentino) (!).
Larchitettura italiana ha unestrema stratificazione (!).
Larchitettura italiana affronta la dimensione media dellarchitettura, tutto contenuto ed ha una scala umana (!)
Contributo dellarchitettura italiana per non combattere la citt (!).
Larchitettura italiana sta attraversando un periodo fortunato (!).
Ed ha continuato con i buoni ed i cattivi.
Sarebbero positivi:
1. Lespletamento di concorsi
2. La Legge dei Sindaci del 1993
3. La D.A.R.C. (Direzione Generale per l'Architettura e l'Arte Contemporanee)
4. Larchitettura italiana si sta confrontando con gli altri.
5. C una maggiore dialettica ed unattenzione alla globalit che viene calata nel contesto.
Sarebbero negativi:
1. Il numero degli architetti in Italia, circa 120.000, al cospetto dei circa 30.000 dellAmerica.
2. I tempi desecuzione dei progetti
3. La presenza del passato, urge un nuovo accordo con le Sovrintendenze.
4. I fenomeni degenerativi come labusivismo
5. La paura di sperimentare
E concludendo ha esaltato il ruolo delle scuole darchitettura italiane che hanno, a suo dire, tenuto il contraccolpo formale dellarchitettura contemporanea transnazionale. Ha puntualizzato la posizione siciliana che con la sua marginalit vive adesso con meno complesso dinferiorit. Insomma la coerenza tematica che egli riscontra, da ritenersi un punto positivo perch mantiene un rapporto equilibrato con il contesto. La Sicilia ce lha fatta!!! Adesso, alla luce di questo bellissimo spro-loquio, potremmo chiamare la neuro e concludere facilmente la questione! Ma non cos, io mi assumo le mie responsabilit ed ho raccontato i fatti (ho le registrazioni), quindi sono accaduti! Minimamente mi sento offeso da chi osa affrontare la questione dellarchitettura contemporanea e soprattutto dalle nostre parti, con questa superficialit che rasenta la provocazione. Come dire io posso affermare che la terra piatta e voi la bevete! Sono riuscito, persino a ripensare alla maledetta frase forza Etna! Forse ci meritiamo realmente di azzerare tutto con eventi inumani, perch in quella sala piena di afa credo di essere stato lunico a trasalire mentre le dichiarazioni rimbombavano tra quelle pareti soffocanti di barocco ed io pensavo al Kursal di San Sebastian di Moneo per sfantasiare. Si, pensavo al mare! Alla finestra che si staglia sulloceano, alla capacit di contestualizzare larchitettura che ha Moneo, al suo talento della misura che ti fa sorprendere che non d nulla per scontato che ti fa essere introspettivo senza tristezza perch va oltre, fino allorizzonte, allinfinito. In altre parole, la situazione generale molto diversa da come lo charme puriniano descrive. Non pu esistere nessuna pubblicazione consolatoria per risarcire larretratezza nel campo dellarchitettura contemporanea italiana, figuriamoci, ancor pi, siciliana. Ed egli complice in prima persona, non solo, ma anche, per aver firmato insieme ad altri trenta, il famoso e ridicolo manifesto per la tutela degli incarichi, diciamo ai professori che negli ultimi anni hanno visto calare gli emolumenti, per la scarsezza della riconoscibilit internazionale! Non altro! Al professore ricordo che non abbiamo, ancora, una legge quadro sull'architettura (e quella siciliana a mare!), almeno pari a quelle vigenti in Francia e nei pi avanzati paesi europei, una DARC con buoni propositi ma diretta da chi per contemporaneo scambia zucchine, un Ministero dei Lavori pubblici, che patteggia il Ponte sullo stretto con il volo dellAirone e Soprintendenze, monarchie assolute che devono garantire il conservatorismo tout-court. Enti locali, regioni province e comuni, che non investono sullestetica urbana, che mancano dei requisiti minimi di fantasia, che non hanno nessuna immagine del futuro. Insomma alla fatidica polpetta della globalizzazione il professore dovrebbe far seguire una conoscenza un p pi contemporanea rispetto Frazier e Mcluhan, come ad esempio suggerisce Sloterdijk argomentando circa la contingenza che la cifra della moderna condizione umana, esposta sullorlo dellabisso cosmologico che perdita di mondo e di centro. Il nuovo corso della globalizzazione sbalza in modo imprevisto gli esseri umani lontani dal centro, trasforma i mondi della vita (Lebenswelten), citt, villaggi in gelide e asettiche ubicazioni sulla superficie del globo che non pi "una casa per tutti, ma un mercato per ciascuno". La mutazione antropologica senza precedenti: "il risultato antropologico della globalizzazione cio la sintesi logica dellumanit in unico possente genere e la sua riunione in un compatto e sincronico mondo del traffico, il prodotto di un ardito e convincente lavoro di astrazione e di ancor pi arditi e vincolanti movimenti di traffico. La globalizzazione determinerebbe cos un generale trasferimento di sovranit dagli Stati ai mercati. "In forma di merce il denaro si lancia sul mare aperto dei mercati ed costretto, come normalmente lo sono le navi, a sperare in un felice ritorno nei porti di partenza". Allora quale migliore investimento estetico pu oggi produrre economia e sostenibilit se non il mare ed il rinnovavamento (sostituzioni e ri-costruzione) delle citt da questo baciate. Persino Purini si fatto sfuggire che non si pu perdere pi il treno del turismo del nuovo. Ma mentre trasgredisce dialetticamente, opera in architettura, ancora, con la trasposizione del palazzo della Civilt allEur, in tutta la sua architettura che tanto somiglia alla moltiplicazione di colombaie! Scusate lesagerazione, ma qualcuno lo deve affermare che il nostro caro non ha nessun linguaggio architettonico contemporaneo, vale a dire leggero, disarticolato, piegato, affascinate, vitreo, tecnologico e quantaltro! Di cosa parla, quando cita: il contributo dellarchitettura italiana utile perch non combatte la citt? Certo lha soffocata nel suo caotico divenire perch unurbanistica becera e obsoleta (da Samon in poi) ha programmato e legiferato secondo il calapino di Don Lollo (vedi Tino Vittorio)! Persino Zevi nel 1997, incazzato, diceva: non solo lo zoning, ma tutta la metodologia del piano urbanistico in crisi, poich l'architettura di "grado zero" preme, batte infuriata, chiede e pretende libert, non sopporta pi di essere incasellata, coartata, stretta entro confini, determinata dal di fuori...Se finora, per convenzione teorica, l'urbanistica ha preceduto l'architettura, adesso dobbiamo invertire la sequenza, affinch gli assetti territoriali scaturiscano dal basso, democraticamente, senza pi distinzioni conflittuali tra esigenze collettive e private, senza fughe evasive nelle nozioni di luogo e contesto..., l'action-architecture come l'espressionismo astratto, nasce sugli eventi e non sulla loro rappresentazione. Tutti questi valori vanno recuperati, reinterpretati e aggiornati, rilanciati in nuove versioni se vogliamo che la paesaggistica graffi e non sia solo consolatoria... L'interpretazione dei fenomeni artistici e teorici che caratterizzano il passaggio d'epoca che stiamo vivendo, discute valori, concetti, trend, trasformazioni, a carico dell'azione artistica e culturale quale oggi si presentano. Infatti per differenza con il sistema concettuale dell'Estetica tradizionale si contrappongono, quale evoluzione, nuovi concetti che vanno a sostituire i precedenti. Lo scopo di un insegnamento contemporaneo, nelle nostre scuole darchitettura matusalemmi, dovrebbe essere ad esempio quello di orientare nell'universo delle innumerevoli parole che costituiscono le anime del design, dellarchitettura, della moda, della comunicazione, insegnando l'uso dei suoi termini principali. Lanalisi parte dallesperienza di che cosa un significato per passare a come simpara a pensare, per capire attraverso le esperienze artistiche cosa la bellezza e le estetiche europee ed extraeuropee, le teorie del nuovo, appunto, della sensorialit, dello spazio, del colore, della fotografia, della danza, della moda, del design e come simpara a "leggere" un oggetto fino al significato del progettare e confrontarsi con tutto ci che gi stato modellato, ma non oltre i ventanni indietro! "Pezzo per pezzo", quindi dove l'architettura lo sviluppo di un'idea generante in cui si concentra la strategia progettuale e lascia la composizione architettonica libera di articolarsi anche in proposte virtuali. L'immaginario scientifico e l'innovazione tecnologica hanno aperto nuove strade possibili: il limite che divide il reale dal virtuale mobile tanto quanto le nuove "architetture liquide" dove non esiste riferimento geometrico di tipo euclideo e dove il grande nel piccolo e il suo contrario come in un processo di natura (vedi i frattali). In altre parole dallantropologia si passa allantropotecnologia (Sloterdijk), caro professor Purini! Questa premessa porta in campo l'architettura e il suo processo progettuale ed utile per capire itinerari e metodi di un nuovo rapporto tra design e architettura, tra il "picccolo" e il "grande". In questo senso l'oriente utile riferimento per una interculturalit del progetto cos come indica la nuova Estetica Applicata, ma soprattutto per la libert infinita e labirintica dello "sguardo".
Menil Collection attraverso la doppia ala che cattura la luce o la scaglia generatrice del Kansai Airport di Renzo Piano o il rivestimento del Guggenheim di Gehry sono manufatti indicatori di questo processo progettuale che parte da uno specifico mandato e approda ad una "condensazione" attraverso il progetto dettagliato di un particolare autonomo, e moltiplicabile industrialmente, che contiene in s la risposta alla commessa ma anche la sua continua e possibile mutazione compositiva. La modernit obbliga il progetto a rispondere a responsabilit del processo progettuale e quindi a contenere il concetto di tempo e mobilit che per eccellenza un processo esige. "Leggerezza" contro ogni grevit e gravit del manufatto in rispetto di unaccelerazione del reale che muta continuamente, nell'accoglienza di una nuova societ multietnica che predilige la cultura dell'intreccio e quindi progetta il nodo che genera il tappeto. E il metodo poterebbe estendersi al design. L' opportunit del riciclo di prodotti ma anche di una produzione artigianale d'autore o di un servizio alle aziende nella realizzazione di un prototipo finito o capo d'opera. Questo per supplire ai deboli investimenti dedicati alla ricerca da parte delle aziende, e delle istituzioni, che hanno eliminato i laboratori di ricerca e prototipizzazione, interni fino ad ieri alle realt industriali. Sempre di pi, sia nei piccoli che nei grandi studi di progettazione, vengono istruiti degli incubator dove l'idea possa diventare prototipo di sperimentazione a servizio della committenza e in relazione e con i testaggi e le verifiche attuabili nei centri di ricerca e collaudo, acccreditati internazionalmente. Cos il designer, assume sempre di pi una definizione artigianale supportata dalla tecnologica, assumendo il carico della prototipizzazione dei progetti, della verifica delle prestazionalit e del suo esito produttivo e commerciale. Inoltre il "diluvio telematico" permette a piccole realt "d'autore"di divenire vere e proprie teleaziende. Questo rivoluziona il mercato in quanto economizza gli investimenti produttivi e garantisce un prodotto a priori, cos come semplifica il rapporto gestionale con gli autori. Gli ambiti dapplicazione sono diversissimi (dall'informatica al mobile, dall'ingegnerizzazione di un particolare costruttivo a quello di una soluzione impiantistica denergia alternativa, dagli oggetti quotidiani ad un gioiello) e stimolano i singoli progettisti a scegliere da subito un tema e ad aggiornarsi nel continuo progress dei temi emergenti della richiesta progettuale del mercato, nelle relative specializzazioni. Se tutto ci potrebbe essere un suggerimento per rinnovare le scuole darchitettura italiane che giacciono nel baratro delleredit dei maestri che hanno fatto grande larchitettura disegnata e recuperare, l dove possibile, il confronto con tutte le scuole del resto dEuropa e americane, dallaltro dobbiamo fare i conti e ribadisco con Sloterdijk, che, il nuovo universo globalizzato presuppone uno spazio infinito, indifferenziato e omogeneo, segnato da continue localizzazioni neutralizzanti. Uno spazio che assume la globalizzazione come un fatto, come l'esito di un processo iniziato con le Conquiste. Di conseguenza non esiste nessuna deroga o giustificazione di lontana matrice tradizionalista-passatista che possa ancor pi bloccare la nostra competivit sul piano architettonico-urbanistico . Allora, passino le raccolte fotografiche, gli atlanti, i concorsi truccati, gli accoscati ma se non si da forza alla capacit dinvestire esteticamente nelle nostre citt, nel nostro territorio, la battaglia persa (le citt europee si sono da lungo tempo attrezzzate!) determiner la sconfitta definitiva della guerra! Mi piace concludere citando Le Corbusier che diceva: una casa una macchina per abitare che funziona tanto meglio quanto pi la sua struttura interna complessa, ma appare semplice al cliente. Credo che Purini, preparatissimo, sia venuto a Catania, per raccontarci la favoletta che glielabbiamo fatta, ma non aveva fatto i conti che internet arrivato anche dalle nostre parti!
(Maurizio Zappal
- 9/8/2007)
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Commento 6257 di pietro marcozzi del 19/05/2008
SEMPRE IN RITARDO
Ebbene si, ci estinguiamo. Il nostro un paese dove tutto sembra spegnersi; lentamente.
L'agonia culturale piu' lunga e travagliata di questi ultimi due secoli.
E non basta. Le maglie della globalizzazione ci stanno pian piano avviluppando nella fittissima e spregiudicata ragnatela, coma la mosca ed il ragno ed alla fine, tutti divorati vivi tra atroci e lancinanti dolori.
Mangiati ed ancora vivi. Certo, perche' non baster essere mangiati. Ci toccher sentire il digrignare delle fauci avventate sulle nostre carni. Gli altri? Proprio quelli che credono nelle opportunit benpensanti del mondo globale che ne pensano?
Tutto bene, l'Italia ce la fara': baster guardare in giro la modernita' che filosoficamente l'intellighenzia esprimer per noi tutti; l'apertura mentale che sgorga come acqua fiorente e cristallina dalle fonti intellettive di chi conosce il mondo reale, ci saziera' in ogni dove.
Grazie a Dio, abbiamo chi pensa per noi.
Intanto il mondo corre; corre cosi' velocemente che il povero sprovveduto, sfinito dalle difficolt e dai problemi quotidiani, finalmente, comincia a vedere la meta. Si accorger presto che tutto il resto stato drammaticamente spostato piu' avanti.
Allora mi domando, la lentezza di cui siamo pervasi un fenomeno astratto che alberga solo e soltanto nella mente di chi rema contro oppure un problema oggettivo, che ha profonde radici strutturali; che affondano nell'umus protostorico della cultura di questo paese?
Perche', vedete, se il punto di cui dobbiamo parlare il secondo, siamo veramente nei guai, guai seri e questi hanno la coda lunghissima, non sono di ieri o l'altro ieri, ma ben piu' antichi.
Partiamo da una considerazione di fondo e credo anche scontata; il nostro paese non cambia sincronicamente con i tempi e, purtroppo non catalizza le mutazioni delle scienze, della tecnologia e della cultura; snatura il meccanismo e lo fa' assurgere, per converso, a strumento separatore dove, appunto, scienza, tecnologia e cultura non si incontrano, si respingono. Questo strano fenomeno dovuto principalmente, almeno credo, al fatto che per secoli non ci siamo posti il problema tirando a campare sui luoghi comuni, tipo: l'Italia il paese della cultura e dell'arte. Michelangelo nostro. La storia della cultura italiana grande.
E' talmente grande la nostra storia che ha finito per strangolarci; non siamo stati in grado di ripeterci perdendo sempre piu' il contatto con la contemporaneita' vissuta sul campo.
A questo punto entra in gioco la struttura attraverso la quale si concretizzata e consolidata questa idiosincrasia; giusto il richiamo appassionato che fa Zappala' in merito al manifesto dei trenta per la tutela degli incarichi, un esempio fondamentale per il ragionamento che cerco di fare e che chiarifica e spiega l'anima del fenomeno separatore.
I maestri nostrani insorgono contro l'intelligenza esogena, contro gli incarichi profusi alle vedette internazionali, contro i concorsi ad invito coatto, fanno scattare, in definitiva, i meccanismi della difesa della corporazione (quella dei sommi, appunto); viene plasmata l'idea di un esterofilismo ingombrante, prevaricante, straripante, offensivo della sacralita' del territorio storico artistico italiano. Pane e companatico per quella politica che non aspetta che l'occasione per suonare le trombe della patria che raccoglie ed insorge, mette al bando la modernita' oscena; piglia e si mette a smontare architetture appena ultimate e le porta altrove (del resto se ne intendono visto che nel passato l'hanno gia' messa in atto questa strategia smontando e riportandosi a casa un bel mucchio di cose altrui).
La giustificazione di regime che il moderno poco si sposa con l'antico, nobile e sacro luogo patrio. Voglio dire, qui ancora stiamo alle ciance da lavandaie, con tutto il rispetto per queste pittoresche e graziosissime signore; ancora si fa' uso della distinzione che vede l'arte posta tra moderno ed antico. Il moderno osceno, provocatorio e anticonformista; l'antico, sacro, ispiratore e chissa' cos'altro. Possibile che non si voglia capire o si faccia finta di non capire che quello di cui abbiamo bisogno profondamente legato ad un processo che vede coinvolte le passioni, la conoscenza, la memoria, il senso del rispetto, le civilta' (uso il plurale perche' non vorrei che si pensasse che la nostra l'unica valente e le altre di meno)?
Amici cari, qui', proprio qui, nella culla della civilta', il bello viene considerato un vezzo; certo se quell'aggettivo dovesse racchiudere il senso della superficialita' cosi' com' espressa dai media, potrei essere anche concorde, ma vedete a quello a cui alludevo io ha un peso specifico molto piu' imponente ed articolato.
Basta aggirarsi tra i palazzi delle nostre citta' periferiche per comprendere la refrattarieta' al nuovo, al sensato, al logico; avete osservato cosa stanno combinando proprio li' i poteri forti dell'edilizia italiana? Avete idea di quale urbanita' tribale ci stanno propinando? La cultura del costruire stata azzannata da imprenditori che hanno una visione del mondo che non va' oltre la punta di una cazzuola, gli interessa solo la speculazione; i metri cubi. Acquistano i terreni; se li fanno trasformare da agricoli in fabbricabili; ci costruiscono centinaia di scatoloni indicibili privi di ogni rapporto con la socialita', con i servizi, col mondo civile. Pero' producono e fanno innalzare il PIL.
Il metro della cultura di questo paese ormai il PIL; tu architetto fai muovere di una tacca il PIL? No? Allora ti devi far da parte. Tu palazzinaro che ti sei fatto da solo, fai muovere al rialzo il PIL? Allora sei bravo e meriti la considerazione della macchina.
Al dila' del sarcasmo drammatico, il mondo dei soldi ha sostituito il mondo della cultura e si coltivato il sottobosco ideale per attingere a piene mani, manipolando gli strumenti che consentono di fare liberamente e civilmente profitto. Perche', mi chiedo, non sia possibile emulare, per esempio, il sistema francese?
Ecco la polpetta avvelenata della globalizzazione, il mercato globale, questa parolona che nasconde chissa' quali misteri; questo mondo alternativo con cui fare i conti; e sono ancora quelli di prima a fare i conti col mostro.
Il mercato chiede globalita', qualita', specialita', il made in italy; quale made in italy?
Quello di ieri? Dell'altroieri? E quello di domani come sar se non accettiamo l'idea che tutto muta in natura e che l'arte non ha tempo, non puo' avere tempo perche' lo trascende, va' oltre il limite o i limiti a cui dobbiamo sottostare? L'arte, proprio quella e che non deve essere letta per forza come chiave apologetica del divenire, bensi come espressione del fare bene le cose, con armonia, con rispetto, in assonanza con la natura, la memoria, la sensibilita' civica e tutto l'ambaradan.
Mi domando, e vedo che non sono l'unico, che c'entra in tutto questo la scuola? Se l'architettura lontana dalla modernita', la scuola italiana sprofondata nel baratro della recrudescenza senile. Se quello il modello, non saremo certo rivolti alla modernita'; e non voglio nemmeno immaginare dove si andr a parare. Vorrei chiedere a chi ha questa profonda e drammatica responsabilit se ha un'idea del punto in cui giunta la contemporaneita'; qui non si tratta di riformare i programmi e le strategie educativo-didattiche, qui bisogna ripensare il modus mentis. Signori miei i mutamenti sopravvenuti in questi ultimi decenni hanno mutato l'essenza del pensiero; quella che stiamo vivendo una rivoluzione copernicana ed il fatto eclatante e che ci siamo fatti trovare con le braghe calate; dobbiamo abbandonare il concetto di settore ed abbracciare una visione, questa s globale, del prodotto umano, dove tecnologia, scienza, arte, architettura, pensiero hanno un comune denominatore. E un po' come pensare ai volumi solidi di un tempo, massicci e pesanti, di tutta sostanza, fatti di pietre, mattoni e calce e gli stessi volumi resi aerei, quasi evanescenti, reali ed irreali nello stesso tempo e che, per esser tali, abbisognano di sistemi, sub sistemi e sub-sub sistemi, i quali, scendendo sempre di scala assumono essi stessi valore architettonico, perche parte di un'architettura e nel contempo architetture essi medesimi, con anima e sostanza. Certo difficile accettare tutto questo; noi, in specialmodo, figli di Leonardo e discepoli di Michelangelo siamo piu' tardoni ad afferrare il concetto, ma adesso dobbiamo scuoterci ed anziche' smontare e rimuovere architetture giudicate (da chi poi non l'ho ancora capito) invasive e traboccanti, ricominciamo sistematicamente e facciamoci tutti promotori della civilta' attraverso la contemporaneita' degli eventi.
Tutti i commenti di pietro marcozzi
Commento 6258 di renzo marrucci del 21/05/2008
Gentile Marcozzi,
Zevi sosteneva che quando unarchitettura rimette in gioco i valori della crescita
ogni crisi un valore. Cio ogni valenza suscita altre valenze e il dibattito prende
la strada che meglio prende. Io penso che la crisi deve essere misurata anche ris
petto al sociale cio a quello che si vede e si sente mentre si vive la citt di tutti i giorni. Il mio rapporto quindi con la vita che vivo e le cose che vedo e quello che sento e quello che faccio e da cui sono fortemente influenzato. Influenzato per forza di cose, naturale. In quello che vedo e vivo c storia e vita, presente e futuro. Zevi stato per me importante per le cose giuste che ha detto e scritto e che porto con me insieme a quello di altri maestri che in qualche modo costituiscono la mia coscienza e la mia come direcontinuit, il mio nucleo interno che contribuisce a generare la mia risposta il mio modo di essere e di pensare. Mi sembra spontaneo e aderente e la cosa la ritengo importante per andare avanti. Poi ce la vita e le problematiche proprio tipiche della professione oggi, in particolare in quella dellarchitetto come sensibile realt nella nostra societ e facente parte di una realt vasta e complessa. Io credo che lapproccio sia quello di andare vanti organicamente, cio commisurando i problemi nei quali ci ritroviamo, perche da questi ne discende anche lapproccio teorico e comportamentale. Larchitetto vive nella citt degli uomini che sono di carne e pensano al presente come al domani in un rapporto di divenire crescente e vitale. Nessuna preoccupazione quindi per un rapporto con la storia che sia di valore per la continuit, purche sia organico, sano e rivolto ai problemi della nostra esistenza. Larchitetto responsabile in questo contesto di una sua presenza cosciente e critica. Mi fermo qui. Nessuna paura della storia e se la conosci ti anche amica. Gli architetti che vengono da fuori e che poi non calano dal cielo ma sempre per vie molto terrene esattamente come i nostri archistar e aspiranti star, non sono da paventare ma da capire, per il fenomeno che rappresentano rispetto anche alla crisi italiana su cui occorre il contributo serio di chi desidera pensare ma anche operare concretamente. Tra gli architetti di carta e di muratura ci sono altri architetti mi creda.
Un sincero saluto
Tutti i commenti di renzo marrucci
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