Gehry, dunque.
di Ugo Rosa
- 7/3/2007
Caro Paolo,
Gehry, dunque.
Lho visto una volta sola, di sfuggita, alla biennale di Venezia del 1991.
Non era ancora il Gehry doggi, ma era gi avviato a diventarlo.
Qualcosa a met tra lomino della Bialetti (me lo ricordo coi baffi)
e Danny De Vito. Con i suoi occhiali improbabili sprigionava una simpatia irresistibile.
Poco prima avevo adocchiato, in giro per i giardini, la mole mirabile di James
Stirling. Un cingolato con in mano un misterioso sacchetto di plastica verde pistacchio
come la cravatta, che sembrava gli fosse stata annodata nel buio da una mano compassionevole
ma inesperta. Spaventoso ed esilarante allo stesso tempo come lo Gnolo di Alan
Aldrige. Una cornamusa, per amplificata.
Lamericano, invecevederlo e sorridere di tenerezza era tuttuno.
Non tanto per i pantaloni, che sembrava dovessero cascargli da un momento allaltro
e neppure per quegli occhiali che, combinati con il naso, contraddicevano la sua
reale consistenza e lo rispedivano a Hollywood come caratterista, al fianco di
Jimmy Durante.
No. Gehry era simpatico come pu esserlo lo zio celibe di un film di Frank
Capra: per una specie di sommovimento interiore delle trippe stesse della simpatia.
Non credere che questa simpatia avesse qualcosa a che spartire con il compatimento
che si pu provare (sempre a torto) per lo zio dAmerica.
Per niente; vederlo era subito cominciare a lavorare di riga e di compasso impuntinandolo
nella griglia cartesiana di un secolo e mezzo di cultura del nuovo mondo.
Un lavoro dascisse e coordinate con tutte le linee prospettiche al posto
giusto, da restarci impigliati come Paolo Uccello nella fulminante biografia immaginaria
di Marcel Schwob.
Laggi allorizzonte, sopra la barca a vela, salutavano Richard Dana
ed Hermann Melville, mentre a riva cera Whitman con un filo derba
tra i denti, sbracato tra la spiaggia e il boschetto. Emerson e Thoreau passeggiavano
pi in l e, a cenni, chiamavano Nathaniel Hawthorne che, per
non ne voleva sapere. Emily Dickinson sferruzzava sotto lombrellone chiacchierando
con le sorelle Alcott del pi e del meno mentre, poco pi in l
,Mark Twain si dondolava, indolente come al solito, su uno sgabello e sputava
di lato per centrare una bacinella alla deriva. Non la far pi
lunga ma, credimi, cerano tutti: Cole Porter, Fred Astaire, Groucho Marx
ed Elvisma pure Davy Crockett e Wild Bill Hickok, Bob Dylan e Jimi Hendrix,
Woody Allen e John Belushi e, se per questo, anche James Brown, le Supremes
e, of course, i Beach Boys in bermuda e con tavole da surf.
Non mancava, credimi, nessuno.
Trascendentalismo e pragmatismo sembravano squadernarsi su quella faccia (del
tutto inconsapevole di tale epifania) trovando la loro sintesi pi
o meno allaltezza del labbro superiore, nel sorriso che era, di per s,
un richiamo al quinto emendamento.
Tutti quei nomi, e altri ancora, trasparivano dalla sua cravatta a fiorami e dalla
camicia a righe come se glieli avesse incisi il pendolo di Poe tra i peluzzi del
petto; con la delicatezza di una piuma e senza che il suo cervello ne fosse minimamente
compromesso: il cranio infatti, miracolosamente, non aveva subito danni. Come
si poteva, allora, non essere conquistati da lui?
Ci vide (ero con due amici) e, incredibilmente, ci salut da lontano. Ancora
mi chiedo come mai, dal momento che non ceravamo mai visti primao
ci scambi con altri oppure lo fece per pura esuberanza. Siccome, per,
una signora, la moglie immagino, continuava a chiamarlo (Frank!Frank!)
mi fece un gesto sconsolato allargando le alucce come fanno i pinguini e sospirando,
quasi a dire eh cari miei, sarebbe bello fermarmi a parlare un poco
tra noima non si puche farci le donne..
Ne fui assolutamente conquistato, e pure i miei amici.
Rimanemmo seduti vicino al padiglione tedesco affascinati fino alla stupefazione
continuando a raccontarcelo per mezzora come si fa con le barzellette riuscite.
Vuoi mettere lo smoking bianco di Vittorio Gregotti che zampettava a fianco di
quella povera anima di Claudio Martelli (allora potentissimo, anche se oggi, dopo
averlo visto ridotto a tenutario di un bordello televisivo a basso costo, non
lo si crederebbesic transeat gloria mundi) e ognuno saltellava per sembrare
pi alto dellaltro?
L tutto quello che mi veniva in mente erano gli errori di grammatica e
di sintassi dei suoi editoriali che, mese dopo mese, continuavano a martoriarmi
dalle pagine di Casabella.
Questo affinch tu non pensi pi (se mai lavessi pensato)
ad una mia predisposizione al martello pneumatico nei confronti dellopera
di questa epitome dell homo americanus.
Avrei preferito di gran lunga, credimi, trovarmi tra le grinfie un coso come Libeskind
o, magari, due cosi come Coop. Himmelblau, e anche tre cosi come Herzog e De Meuron
(sono due? Non importa, me li sarei lavorati anche in perdita e con sconto alla
cassa: tre per due ). Invece, vedi le cose della vita? E capitato proprio
a Gehry, il pi simpatico di tutti. Uno strizzacervelli, magari, ci ricamerebbe
sopra ( La veemenza della tua reazione ha tutte le caratteristiche dellamore
tradito ecc.) ma il fatto, secondo me, un altro.
La moda iperattuale, oramai pensiero unico, si fonda su imprecisioni linguistiche,
su brandelli di luoghi comuni e rimasticature filosofiche di terzordine
nonch su un basamentale e grandioso cinismo autopromozionale spacciato
per pluralismo e capacit di cogliere le novit epocali di
un mondo in trasformazione.
I pi furbi, e i pi amorali tra i suoi cantori sono tuttavia abbastanza
avvertiti da tenere quasi sempre nascosto il nocciolo della centrale (oramai in
fusione libera e del tutto fuori controllo) sotto tonnellate di cemento ideologico
costituito da attestazioni di pura e semplice idiozia, che una critica imbecille
riporta immediatamente in copertina come il non plus ultra della riflessione teorica.
D un occhiata, giusto per tenerci alla cronaca, alla copertina del primo
volume della collana Domus dautore appena uscito questo sublime
medaglione di Koolhaas: "Abbiamo scelto di non insistere sulla qualit
delle costruzioni. Siamo piuttosto interessati ai loro effetti sugli utenti e
sui visitatoriLe nostre architetture si collocano in un mare primordiale
di costruzioni precedenti, dalle quali dipende la loro esistenza e alla cui esistenza
esse provano a contribuire. Le abbiamo guardate con occhi da turisti, abbiamo
affidato ad altri il compito di registrare le impressioni". Cose che
o non significano nulla e stanno l solo ad indicare a caratteri cubitali
come bersi il cervello , oggi, tra tutte le attivit, quella di
gran lunga pi redditizia, oppure qualcosa significano, e allora
arrivato il tempo di smetterla di ballare il minuetto vestiti da paggio, farsi
turchi e dissotterrare la scimitarra.
Ma un architetto candido come Gehry, del tutto privo di artiglieria
teoricista e, soprattutto, privo di quel supporto retorico in grado di far passare
una scemenza improvvisata l per l come il frutto miracoloso di
riflessioni durate decenni, era fatale che si spingesse fino a Stalingrado senza
rifornimenti, tagliandosi le retrovie alle spalle o che, per rimanere In
the American Grain , si andasse a ficcare a Little Big Horn sotto le palle
di Cavallo Pazzo.
Un classico della disfatta per assenza di valutazione critica.
Non , dunque, che Koolhaas, Hadid e Un-Studio facciano stronzate meno
rilevanti di questa. E solo che loro, assai meno ingenui, sono in grado
di mascherare sempre una volta di pi il loro tragico pupazzo, di modo
che esso continui a recitare il sorriso dellattor giovane anche se i denti
se ne sono andati da un pezzo e le gengive neppure pi reggono la dentiera.
E lo fanno, da vecchie volpi, con un surplus di furbizia teatrale. Riescono a
rendere il ridicolo un po meno tale dando a vedere di farlo apposta (leggere,
a questo proposito, le pompose stupidaggini para-teoriche con cui Koolhaas &
C. infiorano i loro progettini).
Lamericano invece (che, neppure tanto a caso, proviene dai boschi e dalle
capanne di tronchi del Canada e che, a Los Angeles c solo approdato
in cerca di palme) stato fregato dalla sua stessa, residuale, autenticit.
Ancora fondamentalmente ruspante non fu sufficientemente salottiero da saper recitare
fino in fondo la sua parte di raffinato artistone genialoide che ne pensa una
pi del diavolo senza cadere a piombo nel ridicolo.
Forse, e paradossalmente, ci accaduto proprio perch Frank
Gehry ancora, in una misura che io non sono in grado di quantificare
(e nemmeno lui, sospetto) qualcosa che non era previsto che rimanesse: un architetto.
Cos s incartato, come si dice quando si gioca a scala a
quaranta, ed ha scoperto il suo gioco in modo addirittura imbarazzante, tanto
da provocare, ancora una volta, tenerezza e farmi venire il prurito umanitario
di salvarlo da se stesso. I suoi apologeti, infatti, non lo faranno: continueranno
a parlare di fiori e di fluido di genialit
fuori dagli schemi e di potenza creativa. In tal modo avremo
dieci, cento, mille di queste stronzate, il fantoccio di Gehry continuer
ad essere vivo e a lottare insieme a noi e diventer sempre di pi
una maschera da commedia dellarte con la tragica caratteristica di farsi
venire davvero la cirrosi epatica e il delirium tremens con quel vino inacidito
che gli altri personaggi della commedia faranno, invece, solo finta di bere.
Resta ad ogni modo il fatto che proprio lui, che sembrava il meno disponibile
a prendersi sul serio, s invece immobilizzato nella posa del trombone.
Non credo, se questo pu consolarti, che labbia fatto, come si dice
da noi, per male.
In ogni caso, i suoi tifosi possono star sicuri: questa topica non gli coster
nulla. Anzi, a conti fatti, il nostro amico finir per guadagnarci perch
oramai liperattuale, in tutte le sue manifestazioni, gioca sul velluto.
Come scrive Kung Sun, signore di Shang, e come tu stesso hai notato: I
chiacchieroni di professione la spuntano sempre, espongono i loro sofismi distorti
per le strade, mentre i vari gruppi che a loro fan capo diventano grandi folle,
e il popolo tutto, nel vedere che riescono ad accattivarsi re, duchi e uomini
eminenti, finisce per imitarli. E, se ci sempre stato
vero, oggi lo in proporzioni addirittura spettacolari.
La critica (quella che si autodefinisce cos) condiscender
abbassando il testone e, al massimo, parler di opera minore
e scarsamente rappresentativa, mentre, al contrario, si tratta a mio avviso di
unopera paradigmatica e altamente rappresentativa.
Con concisione involontariamente magistrale, essa rappresenta ed esaurisce tutte
la minutaglia del suo genere: com proprio dei capolavori.
Che poi il primo capolavoro del terzo millennio sia una stronzata non
un incidente, n dovrebbe sorprendere chi vive su questo pianeta e non
s ancora trasferito lass a Laputa, dove, come angioletti
colorati, svolazzano i critici darchitettura.
Ma vorrei precisare.
In termini assoluti, Paolo, la cosa di cui stiamo parlando vale, per capirci,
tanto quanto quellaltra stronzata del Meeting di Consagra a Gibellina che
tu conosci benissimo: cio meno di nulla. Ma tra questi due edifici c
una differenza enorme, e non solo per lepoca in cui sono state pensate
e costruite.
Il Meeting di Consagra una sciocchezza ineffettuale; i suoi danni sono
circostanziati e, tutto sommato, minimi. Sta l, questo tutto.
Non sintomo di nulla e non causa nulla. La sua relazione con la vocazione
teatrale di Gibellina , per cos dire, puntuale e assolutamente
circoscritta.
Non niente, insomma: solo patetica ferraglia in posa darte.
Perci chi vuole, in questo caso, pu tranquillamente divertirsi,
se gli aggrada, e tirar fuori dal cestino il manierismo, il neo-barocco, linformale,
il fluidificante e quello che cazzo gli passa per la testa; la cosa, tanto, resta
un giochino per compilatori di cataloghi e curatori di depliant per aste televisive
darte. Tutto qui.
Ma per Gehry le cose, capisci, non stanno cos.
Qui siamo di fronte ai sintomi terminali di una situazione epocale, non si tratta
della bizzarria di un imbrattatele. Una critica degna di questo nome avrebbe dovuto,
per la verit, accorgersene da almeno dieci anni. Non se n
accorta prima? Benissimo, ci non depone a favore della sua perspicacia,
per pu capitare. Mettiamoci una pietra sopra. Ma adesso? Fino
a quando dovremo continuare con i nostri Pritzker e con i nostri convegni sullipervirtuale,
con gli olandesi e gli alambicchi sui trampoli, con questa coglioneria grottesca
che ci ha piombati in unatmosfera da vernissage permanente, prima di capire
quale maledettissimo senso ha tutto questo vociferare da salotto affollato?
Fino a quando, caro Paolo?
E molto di pi e molto peggio di puro e semplice manierismo.
Va da s che io ho identificato, nella cosa di Gehry, un simbolo di particolare
nitidezza, ma non vorrei che si prendesse il mio scritto per un semplice sfogo
nei confronti di una brutta architettura. Non questo. E la continuazione
di un ragionamento che ormai provo a fare da anni. Da solo o in scarsissima compagnia.
E che, salute permettendo, continuer a fare. Anche se, quello che definirei
il mio stile, non mi aiuta ad essere preso sul serio e anche se,
vedi, io qui ormai mi sono rassegnato: continuo a vivere nella citt di
sempre, con laggiunta di qualche condizionatore, qualche megaschermo, qualche
insegna ad intermittenza, qualche videocitofono e tantissimi videocellulari con
cui parlare del nulla e trasmetterci sorrisi fasulli come i cretini.
Solo che le riviste darchitettura ci assicureranno vieppi che lo
stato dellarte, viceversa, consiste in nuvole intirizzite, tetraedri sguenciati,
solidi fluidi, virgole col ciuffo, serigrafie elettroniche che quando le tocchi
fanno buh! e aerostati pieni di flatulenze riciclate al ciclamino (assolutamente
ecosostenibili) che ogni tanto cambiano colore e ti comunicano, scritto e orale,
che sei un minchione.
Non so cos meglio, sinceramente: se la realt in cui ogni
giorno viviamo, oppure quel palcoscenico fluorescente che viene fuori da quelle
pagine. Ma tra luna e laltra cosa non credo che Wells o Kafka, Philip
Dick o Borges sarebbero mai riusciti ad immaginare un labirinto di stupidit
pi inestricabile.
Da una parte non succede niente che non sia gi successo milioni di volte,
mentre dallaltra schermi, fanfare e palcoscenici ti assicurano che nulla
pi come prima, che oramai ci spostiamo, teletrasportati in tempo
reale, da una stronzata allaltra e che arrivato il momento di
mettere allordine del giorno la questione dellimmortalit
gratuita per chiunque ne faccia richiesta, dimostrando senza possibilit
di dubbio di essere un coglione. Perch limmortalit va bene
ma non per i cacadubbi. Quelli crepino pure.
Vedi Paolo, io non so dirti molto sulla differenza tra storia dellarchitettura
e storia della spazialit, una distinzione che arrivo appena ad
intuire e che forse rimane troppo raffinata per le mie capacit. Mi pare
che il tempio di Segesta sia architettura, che il cimitero di Asplund sia architettura.
Mi pare, invece, che una banana marcia di proporzioni pantagrueliche abbandonata
su una triste piazzola e spacciata come fermata per autobus sia
solo cartellonistica dinfima categoria.
Ma so anche che questa banana marcia, nellepoca delliperattuale,
non innocua come sembra e che basterebbe guardare senza indifferenza,
con quella compassione senza cui non esiste poesia, la vecchia pensionata
che, spaurita, se ne sta seduta allombra di quel pezzo darte a sferruzzare
sperando che il tram arrivi al pi presto, per correre a denunciarla subito
come crimine contro lumanit. Non mi interessa altro.
Daltra parte vedo che se una gentile signora tutta firmata e impataccata
di medaglie arriva da non so pi quale nord, tiene un pistolotto di esasperante
banalit, la chiama Lecture e la intitola Total Fluidity
non c pi nessuno cui rimanga abbastanza cervello non fluido
da assumersi lincombenza burocratica di organizzare un comitato daccoglienza
che la prenda, come merita, a pernacchie.
Prendono appunti, invece.
Perch noi, porco qui e porco l, non dobbiamo mica essere provinciali!
Mai essere provinciali, cribbio!
Molto meglio calarsi le braghe. Cos ce le caliamo.
Basta guardarsi intorno e si capisce, senza neppure troppo sforzo, che larchitettura
defunta e ormai comincia a puzzare, per vai al convegno e li
senti sprizzare ottimismo da tutti i pori. Tanto per non essere provinciali invitiamo
uno il cui chef doeuvre consiste in un sottopassaggio, sul quale ha spennellato
una mano di vernice rossa rattrappita per poi fotografarlo con quattro scemi che
ci ballano davanti. Arriva con il suo ciuffo impomatato e ci racconta in inglese
che proprio cos che va fatto e che questa la soluzione
vera e giusta per i problemi della megalopoli. Noantri ci imbriachiamo, enumeriamo
le osterie cantando in coro e festeggiamo lultimo genio dellarchitettura,
fresco, fresco, appena uscito dal culo della gallina: tanto lei ne caca uno al
giorno e, quanto al vino, non c pericolo che si esaurisca perch
quello, state tranquilli, produzione propria.
E allora, mi dirai, perch continui a scrivere e a fare larchitetto?
Il fatto che ci che scrivo e faccio, caro Paolo, lo scrivo e
lo faccio, nonostante tutto (trotzdem, direbbe Adolf Loos)
solo perch (non so bene se aggiungere purtroppo)
devo. E non per un qualche insopprimibile impulso morale, per
carit, ma semplicemente perch non riesco a farne a meno. E
una pulsione che ha molto di fisico e, se anche nessuno mi leggesse (com
capitato per gran parte della mia vita e come capiter di nuovo) credimi,
scriverei (scriver) lo stesso. Deve trattarsi di una specie di vizio.
Per pur vero che questa volta ho scritto troppo a lungo e, sul
web, questo imperdonabile. Solo unultima cosa: ti ringrazio per
avermene dato loccasione e per avere, ancora una volta, mostrato con generosit
e rigore, quale differenza passa, nei fatti, tra il silenzio di gesso dei gazzettieri
dellarchitettura e chi sa che non c gioco critico se non
ci si mette in gioco.
Un carissimo abbraccio
Ugo
(Ugo Rosa
- 7/3/2007)
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Commento 1919 di Domenico Cogliandro del 07/03/2007
Che dire?
Per lo dico.
Ci voleva Ugo per scrivere queste cose? Zevi lo avrebbe fatto, uguale? Non lo so, certo che molti anni fa ero presente a Roma, Valle Giulia, in un'aula gremita di persone intente ad ascoltare Libeskind. Credo fosse il 1992. Il parterre era completo, e io mi ero appena laureato con una tesi che interpretava, progettando, il Modulor di LeCorbu. Al dunque, Libeskind chiacchierava delle sue cose (come fanno le dive a proposito della colf), sgranellava diapositive di oggetti in tuttte le posizioni, ma prevalentemente disegni con le sue idee come didascalie. Io non so se cresciuto ma, per come lo ricordo io, Zevi era molto pi alto di Libeskind. Insomma l'attore termina la pice, applause, e lui stesso chiede, con traduttrice al fianco, se ci fossero domande. Ed stato l che ho visto Zevi per la prima e unica volta della mia vita. Lo ha... lo ha...come dire... se lo mangiato tutto intero, sbottava, parlava facendo gesti larghi con le braccia, ed era quasi infuriato, ce l'aveva con quelle cose che Libeskind chiamava idee e lui diceva che non stavano di casa da nessuna parte, insomma: altro che domande, un uragano. Perch lo ricordo cos? Perch il 1992 corrisponde alla prima (e ultima?) edizione di "Sterzate architettoniche" che ho comprato ma non sono mai riuscito a leggere, e perch lo stesso anno fu uno dei membri della giuria del Premio della Fondazione Wolf che scelse, tra i premiati, il danese Utzon, l'inglese Lasdun e l'americaliforniano Gehry. Sono passati pi di 15 anni, mi pare sia arrivato il momento di spingere Ugo a scrivere il suo "Stronzate architettoniche". No?
Tutti i commenti di Domenico Cogliandro
Commento 2089 di pirazzoli del 11/03/2007
Perdonate lintromissione,
non conosco personalmente Ugo Rosa,
nel senso che non lho mai visto negli occhi n gli ho stretto la mano;
il suo scritto Pensiline lho avuto per caso,
questo Gehry, dunque me lha mandato lui,
per gentilezza sua.
Tutto quello che ho da dire,
che sono completamente daccordo con quel che Rosa
in entrambi i testi scrive,
nulla escluso.
Senza offesa,
trovo i suoi ragionamenti assai affini a quel che cerco di fare,
per come ci riesco nella presente condizione;
trovo la sua scrittura bella colta e piena,
per me incomparabile con quella dominante
nelle riviste di architettura italiane,
che del resto ho per caso smesso di leggere ormai da pi di dieci anni,
magari per mia intrinseca distanza dall' "iperattualit"
Dunque aggiungo una postilla sulla questione provincialismo,
perch quelli che prendono appunti
e sincantano al primo ragionamento sulla fluidit etc.
non sono solo architetti/ingegneri Ignoranti/FashionVictims
ma pure parecchi committenti,
cio politici a vario livello,
co-responsabili di quel singolare paesaggio
da ExBelPaese
che lItalia di oggi
sotto gli occhi di tutti.
Argomento a piacere:
chiss come mai pi volte mi capitato,
allEstero,
di pranzare con degli amministratori pubblici (cio politici)
anche di provincia,
assieme a colleghi architetti
e di constatare che,
ma giusto per esempio,
tutti conoscevano luoghi, nomi e lavori
di pi di un artista contemporaneo
tanto da poterne discutere con discernimento?
Un saluto!
Giacomo Pirazzoli
Tutti i commenti di pirazzoli
Commento 2092 di vulmaro zoffi del 11/03/2007
inizio dichiarando apertamente che amo l'architettura di frank owen gehry. vista l'aria che tira in campo accademico e antiaccademico (le due facce della stessa medaglia), confesso che per me dirlo come immagino sia per un omosessuale fare 'coming out''. sto comunque tentando di leggere i vari interventi su gehry partendo dall'ultimo di ugo rosa che trovo molto molto divertente e, proprio per la sua prosa colorita, lo ritengo un bellissimo omaggio all'euforico frank. (caspita per a pensarci - tanto per un minimo aggiornamento letterario - in quella cravatta pi che gli orizzonti di swift e melville ci vedrei l'oggi di lethem o d.f.wallace per non pronunciare proprio delillo o quella specie di pallone gehriano - a pensarci meglio belmondiano - che pynchon fa comparire in hampstead heath nella londra di gravity's raimbow). tuttavia, mai come nel caso di gehry le parole mi sembrano inadatte ad affrontare la sua architettura strampalata. a complicare il quadro generale - mi rifersico alle riviste, monografie, etc - si aggiunge la grossolanit di alcuni critici che con passione e dedizione e zelo e manciate di citazioni e aneddoti e ortogonalit spacciate per 'virtuosi' parallelismi e analogie, infarciscono i loro scritti sperando di far dimenticare a noi lettori, per ottundimento da saziet , la loro mancanza di sensibilit e di acume critico; e conchiudono giri di parole perfettamente circolari che includono il vuoto ed escludono ogni significato.
per tornare un attimo a gehry, questo fraintendimento interpretativo - che nasce inevitabilmente nel momento stesso in cui si comincia a scrivere delle sue creazioni - si manifesta, per altre vie, anche nelle librerie dove accade che il i pi ben curato e significativo volume sulla sua opera (non lavoro per la MITpress ma sto parlando di quel tomo contenente i suoi scarabocchi) risulta purtroppo essere anche quello fra i meno venduti. evidentemente si preferiscono gli scritti critici ben pi corposi inclusi nelle monografie. a quel punto sono molto meglio le foto di hisao suzuki.
comunque, per non aggiungere altre parole inutili a quelle che anch'io ho finito per scrivere, volevo semplicemente consigliarvi la visione di questo filmato (il link qui sotto) che - a mio avviso - la pi profonda, efficace e moderna lettura dell'architettura di frank owen gehry.
buona visione.
http://www.youtube.com/watch?v=MRuNT8eXU8k
Tutti i commenti di vulmaro zoffi
Commento 2123 di Brunetto DeBatt del 12/03/2007
Belinate!!!
il monumento a Karl Liebknecht e Rosa Luxemberg a Berlino di Mies (1926)
un conto
Un conto
Il Danteum di Terragni /Lingeri (1938)
Un conto
la mano aperta (52) o la torre dombre
di Le Curb
un conto
le pensiline di Moretti (1956)
un conto
le ricerche di Mangiarotti sulle tettoie
un conto
il Convento delle Suore domenicane di L.K. (1965/68)
(che servito a S.Holl per alcune soluzioni composizioni postume )
un conto
il cimitero Brion di Carletto (70/75)
un conto
il teatro del mondo
di Aldo R. (1979)
un conto
piazza Italia di C.M.
un conto
le contraddizioni di Venturi
un conto
le iconiche visioni degli Archigram o Archizoom
un conto
il lavoro teorico svolto da De Carlo x Spazio&Societ;
non si pu scambiare la democrazia progettuale
per una arroganza stilistica
democrazia &potere;
esplodono in
uno sconto = regalo senza ragione
X pesci e altri gigantismi
rapinati a Oldenburg
la pensilina avvinazzata una belinata !!!!!!!!!!!!
in fondo hanno ragione sia Rosa che Ferrara
Tutti i commenti di Brunetto DeBatt
Commento 2138 di maurizio zappal del 12/03/2007
SACRA/MENTE, i tempi cambiano. La citt degli uomini la "mente" ( la mentalit, le superstizioni, le oltranze, le debolezze, le stratificazioni) degli uomini. L acitt degli uomini ospita la "mente " che arreda i suoi luoghi rendendoli riconoscibili e sottaendo lo "spazio" alla sua assoluta autoreferenzialit, a quel vuoto inospitale persino a "Dio". La tolleranza del cambiamento "robba" per pochi e ahim lo stantio conosciuto molto pi confortevole e sicuro dell'azzardo. Mi pare che fosse di Immanuel Kant la definizione della mano come proiezione delle mente . Qui, qualcuno vuole ingabbiare la mente o la mano, non fa differenza e questo intollerabile. Il giuoco del "cruciverba" (tova le differenze!) mi pare basso (anche se simpatico) rispetto alle capacit di Gehry! e quanti Grassi, Passi, Purini...etc, abbiamo soppotato senza urlare!
Tutti i commenti di maurizio zappal
Commento 2235 di federico bernetti del 13/03/2007
..ehm...scusate tutti...........si ,mi sento di chiedere scusa perch probabilmente non sono all'altezza di coloro che abitualmente scrivono su queste pagine e prometto che l''ultima volta che cedo a questa mia tentazione. Sono uno studente di architettura e ho seguito tutta l'evoluzione del recente dibattito che si svolto ,passando dalle pagine di arch'it per arrivare a quelle di anthitesi,sull' ultima opera di Gehry.....trovo tutto ci semplicemente una boccata d'aria fresca, un modo realmente critico di porsi difronte all'architettura, estraneo a quella riverenza che invece tipica degli incontriconferenzeconvegni....Ci che pi mi ha spinto a scrivere il fatto di essere un lettore di Casabella ( diamine,sono uno studente,dovr pur leggere qualcosa!) ed essere rimasto colpito dalla presentazione di Del Co sull' Hotel Della Discordia.......tanto frastornato da esserne quasi convinto, cos scioccato dalla distanza tra il mio primo pensiero(.....no,un'altra volta Frank?!?....)e la raffinatissima pagina di critica del Direttore, da perdere di vista la realt dell'architettura, quella che non pu essere mascherata da una macchina fotografica.
Grazie, signor Rosa.....se passa per Roma le devo un caff, mi sembra il minimo.
Tutti i commenti di federico bernetti
Commento 4936 di Paolo Mancini del 12/04/2007
Tre hurr per ugo.
uno per il cuore.
perch ci vuole cuore a scrivere ancora di architettura per passione e non per mestiere.
uno per il contenuto.
perch si pu essere o meno d'accordo, ma almeno parla chiaro.
uno infine per il tono.
perch ci sono parti assolutamente tragiche ma dette in maniera che meriterebbero il palcoscenico di uno Zelig.
Tutti i commenti di Paolo Mancini
Commento 5304 di alma lopresti del 23/04/2007
..ciuffi impomatati
Gentilissimo Ugo Rosa,
non saranno in molti ad aver colto il suo sfogo sul "ciuffo impomatato", sull'"l'ultimo genio fresco fresco uscito dal culo della gallina", sulla banana marcia". Mi chiedo perch Lei scriva di Gehry e due volte rigurgita inacidito su un ragazzotto cino-olandese che se non altro i suoi "Nei" li infratta nelle ascelle della citt....cio io lo so perch ma vorrei fosse Lei, gentilmente a chiarire le circostanze, a chiarirci perch non ha andato a dirglielo in faccia a Catania al novello genio acclamato, sarebbe stato l con un'olandese , un'arci vescovo, l'onorevole separatista spoccioso e il nastro da tagliare alle Ciminiere? perch si prestato a fare una vergognosa intervista parallela dirimpetto a un signore-critico che strabuzza gli occhi da sembrare indemoniato a dire "stronzate", Lei inquilino del piano sopra all'istallazione del suo ciuffo impomatato tutta bizz-bizz, ragnetti elettronici e iperattualit ? perch non ha scritto uno dei suoi bei panflet su SiciliaOlanda, su SiciliaArchitettura, su un carrozzone messo su per arricchire qualche amico degli amici, per sprecare denaro pubblico in inutili libercoli-cataloghi di architettini sfigati, con tanto di foto, per compiacere mamme e zie nonne e pap.. "chediolibenedicessepoverifigli"...solo questo ha saputo scrivere lei?, perch mi delude cos?? quando avrebbe da essere quello che vuole apparire..perch colpisce di sponda? se vuole essere "omertoso" almeno non si presti a certe iniziative...i siciliaarchitettura li lasci ad altri, per tanti sui giovani conterranei e non, farebbe bene a stare contro sempre anzich lavarsi la coscienza con i "God bless the child"
Tutti i commenti di alma lopresti
23/4/2007 - Ugo Rosa risponde a alma lopresti
Gentilissima sig.ra Lopresti
devo confessarle, parafrasando la dedica che Laurence Sterne premise al primo libro del Tristram Shandy, che mai un povero diavolo, autore di una risposta, ha nutrito per essa meno speranze di quante ne nutra io per questa mia.
Intuisco infatti, dalle sue righe, la sua irritazione nei miei confronti e mi sembra corretto dare per scontato che sia anche perfettamente giustificata ma, le giuro, non riesco assolutamente a reperirne i motivi.
Mi trovo, perci, a dovermi orientare tra i botti come limpallinato nella notte e le chiedo dunque di perdonarmi se, nel buio, dovessi sottrarmi per errore a qualche sberla.
Suppongo, a lume di candela, di dovermi difendere dalle accuse seguenti:
1) non avere usato un tono abbastanza educato nel fare riferimento allopera di un giovanotto olandese piuttosto noto (sembra) ma che io, per la verit, non avevo neppure nominato.
2) avere partecipato, anche solo tramite unintervista pre-registrata (che lei giudica vergognosa senza per addurre le cause dellobbrobrio), ad una mostra darchitettura nella quale si sono (lei, evidentemente, cera) tagliati nastri con arcivescovi e onorevoli.
3) non esserci andato di persona.
4) avere scritto un pezzo intitolato God bless the child sul catalogo della mostra (si trattava, per la cronaca, di una selezione di opere di pi o meno giovani architetti Siciliani operata da una commissione selezionatrice di cui avevo, sbalorditivamente, fatto parte qualche mese prima.
5) non stare contro sempre e comunque: a prescindere, come diceva Tot.
Dal momento che, come le ho detto, le mie rimangono ipotesi preferirei risponderle, appunto, ipoteticamente. Lo far, come i vecchi rabbini, con cinque domande.
Riguardo al punto primo.
Per quanto possa sembrarle strano, il riferimento allolandese in questione era puramente casuale: la banana marcia e il sottopassaggio verniciato di rosso sono, in effetti, cose assai ridicole, ma sono solo le prime che mi sono venute in mente. Forse perch, proprio nelle giornate in cui ho scritto il pezzo m anche capitato di rilasciare lintervista. Ma oramai, del resto, solo questione di scelta. Basta aprire a caso qualsiasi rivista darchitettura e di materiale se ne trova a iosa: perch non sostituisce quel riferimento con qualcosaltro di suo gradimento?
Secondo punto.
Un amico mi ha chiesto di rilasciare unintervista che sarebbe stata proiettata alla mostra di cui lei parla. Me lha chiesto con cortesia ed io ho accettato. Una gentilissima amica venuta al mio studio e mi ha fatto delle domande a cui ho risposto volentieri. E possibilissimo che in questintervista (che non ho mai visto, non essendo andato, contrariamente a lei, alla mostra in questione) io faccia la figura dello stronzo. Anzi, per venirle incontro, le dir che la cosa pi facile del mondo: non sono un gran parlatore, non ho un bel faccino e non ho dimestichezza con le interviste. E allora? Cosa vuole che faccia? Devo farmi causa?
Terzo punto.
Appurato che nellintervista ho detto scemenze, sarebbe stato, dice lei, pi esilarante andarle a dire presenziando alla mostra. Per far cosa, mi perdoni: per stringere la mano allarcivescovo e allonorevole? per bussare sulla spalla del giovanotto olandese e dirgli che, in confidenza, non apprezzo la sua, diciamo cos, opera? oppure per contribuire, semplicemente, alla claque?
Quarto punto.
Capisco che le abbia dato molto fastidio che in quel catalogo io abbia scritto ci che mi pare e non ci che pare a lei, allora che ne dice: la prossima volta vuole per caso passarmi la velina?
Addebito, naturalmente, allassenza di luna ed alla mia debolissima vista limpressione che i punti 2 e 3 siano in contraddizione tra loro (a questa benedetta mostra ci dovevo andare oppure me ne dovevo tenere a distanza perfino in effigie?) e che anche il punto 1 e il punto 5 non mi combacino a perfezione ma resta, in ogni modo, il fatto che non le piace la mia faccia, non le piace quello che scrivo e non le piace neppure il poco che mi capitato di dire in quella benedetta intervista. Per piacerle, invece, io dovrei, suppongo, fare il pazzariello istituzionalizzato e andarmene in giro, rigorosamente in carne ed ossa, per mostre e convegni a togliermi le scarpe e sbatterle sul tavolino sfidando il servizio dordine.
E uninteressante visione delle cosemi permetta, allora, di concludere con la domanda relativa al quinto punto.
Dal momento che le sembra auspicabile e, anzi, assolutamente essenziale che qualcuno si trasformi al pi presto in questo spassoso personaggio, mi scusi: perch non se ne fa carico lei?
Commento 5852 di renzo marrucci del 19/12/2007
Trovo Ugo la Rosa simpatico e unp troppo virtuoso se mi concesso. Credo che se facessse ameno di tanti giri risulterebbe pi fresco e comprensibile...per carit si capisce...per stanca un p e alla lunga perde convinzione. Dico questo perch penso che il tipo di rivista che si legge cos ...ha bisogno di una certa freschezza , di pi spontaneit e senza ricorso a quella cultura architettese che serve solo ad incantare studenti e neofiti ma a incantarli per ostentazione e non a riflettere su contenuti che sono oggi l'unica cosa su cui occorre riflettere. Direi in sintesi: meno narcisismo pi contenuti. Traducete voi in inglese che fa tanto alla moda.... Come disegnar nuvolette alla finestra con le palle degli occhi spinte di traverso come a guardar lo spazio etereo.... Visivamente molto telegenico ....coglie quel senso vago di bellezza che pu essere di tutti e di nesuno ma ti lascia una buona spinta pubblicitaria....e la publicit oggi non l'anima del commercio, proprio la "vita". L'albergo di cui si parla tutto sommato divertente....poco serio ma colpisce per la sua dissacrante scansonata libert. Prende in giro tutti e credo che l'autore, sia un uomo di ottimo umore nella sua giornata...beato lui . Ma pensate a chi si prende sul serio in questo nostro contesto....come anche il grattacielo di Milano, quello che fa le linguacce alla citt....son proprio americani simpatici ma pi simpatici siamo noi .... che ci sriviamo sopra dal contesto degradto in cui ci muoviamo....e su cui in pochi riflettono. E meno male che l'autore si limita alla pensilina come se fosse un truciolo gettato ad arte su volumi utili...altrimenti sarebbe come a Bilbao un'attorcigliato sperimentalismo onirico che depotenzia lo spazio interno di spazialit. Ma che cosa volete....gentili signori? C' chi si masturba con incarichi professionali prestigiosi e chi con seriosit li propina e li im pone...ma pu essere considerato su un'altro piano di chi si delizia con il verbo? Lo chiedo a voi.... Se si usano le parole per dire nulla o egocentrarsi...(scusate il virtuosimo) si pu essere da meno .....di altri? Cos va il mondo.... dicono spesso.
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