Dante O. Benini risponde a Paolo G.L. Ferrara
di Dante O. Benini
- 25/6/2001
Caro Paolo,
purtroppo non credo che potrò, se non in casi eccezionali continuare questo dibattito epistolare con Te però credo di doverTi un paio di risposte lasciando poi che entrambi si faccia il proprio lavoro.
La Tua analisi su Amsterdam è priva di approfondimento ed è
la cosa che ho lamentato nelle Tue "opinioni" come le chiami
Tu, cosa che Ti ho scritto riguardo la superficialità: non si possono
dare "opinioni" quando scappa la pipì, prima si fa poi
ci si siede, si pensa, si approfondisce, si domanda, si entra nel tema
(programma) si analizza la soluzione scelta (cha ha vinto un concorso
internazionale e che è arrivata nei primi 15 del mondo del Quaternario
1990).
Questo permette una maggior serenità di giudizio. Tutto quanto
prima descritto era l'iter critico normale di Bruno Zevi che Tu e tutti
noi prendiamo a modello.
E non era facile sai sentirsi demolire un'opera da un critico che ti eri
scelto per sapere se dovevi o meno esistere professionalmente.
Ciò detto quando ci incontreremo Ti racconterò perché della Galleria voltata a Botte, perchè ad Amsterdam c'è un'Estate di 8 gg. ed ti ricercatori sarebbero passati attraverso un microclima, spaccando la monotonia di corridoi bui dell'allora più grosso centro di Biotecnologie d' Europa.
Perché non spendi una parola sul fatto che la struttura di accesso
che sostiene la volta è la più leggera che tu abbia mai
visto nel 1987?
(Normalmente a quell'epoca furoreggiavano le strutture spaziali che non lasciavano capire, dove cominciava la struttura e dove finalmente c'erano le trasparenze. La copertura è vetro o policarbonato? E i contenimenti energetici e la qualità della vita interna?
La facciata principale esiste solo perché c'è, un ingresso,
ma guarda le due quinte laterali, sono asimmetriche, ed il totem in cemento
armato che taglia la vetrata anche lui è traslato su piani verticali
creando vuoti e pieni di varie altezze per cercare di rompere gli equilibri.
In sintesi "il tema è la base, il risultato è un dettaglio, se tutte le valenze di un credo non sono rimosse ma vitalizzate dalle risorse che si hanno. Così giudicava Zevi, poi premiava o castigava.
Lo stesso dicasi per l'opera di Zacchiroli, per cortesia rivedila non
con i 10 comandamenti ma come un fatto di vita. Non ci sono codici o regole
assolute, Zevi le ha dettate in un ideale, tutti noi te compreso, cerchiamo
di percorrerle nel quotidiano dove l'ideale è utopia e lui ne era
fermamente consapevole tanto che non recensiva progetti ma solo realizzazioni.
Chi fa e qualcuno lo nota ha già accettato di mettersi in discussione,
bisogna tentare di avere la competenza per farlo, altrimenti umilmente
si chiede poi si condivide o meno, ma questo come tutto nella vita.
Quando dico che non credo di meritare tanta attenzione, non ti voglio
paragonare a Zevi o ad Antonino che reputo una delle menti critiche più
fresche, serene e competenti del panorama internazionale, ma voglio spingere
la Tua passione per il "capire" ad avere quella capacità
di analisi che Ti autorizzi a non vomitare luoghi comuni, ovvietà
accademiche faziose dalle quali il nostro "maestro" era fuggito,
ma ad immedesimarTi in una concreta realtà che va aldilà
dei sogni con la quale ci si confronta nel quotidiano con la propria onestà
intellettuale con il proprio studiare "la materia" perché
nulla sia lasciato al caso.
Il risultato poi....
A presto e sappi che comunque Tu e Antithesi siete indispensabilità
(anche per l'Architettura Cronache e Storia).
Dante O. Benini
Incontinenze?
controreplica di Paolo G.L. Ferrara
Ringrazio Dante Benini per avere replicato all'articolo inerente il nostro
incontro dell'8 giugno 2001.
Lo ringrazio perché ha compreso lo spirito e gli obiettivi di Antithesi.
Rileggendo la replica suddetta, alcune cose mi lasciano un po' spiazzato, iniziando dall'ammonimento sulla mancanza di approfondimenti della mia analisi dell'Eurocetus. A ben vedere la mia non voleva essere un'analisi o, men che meno, un'opinione: era solo curiosità del percorso progettuale di un architetto pluri pubblicato.
Curiosità: è peccato? Caro Dante, ho la netta sensazione
che ci sia stato un fraintendimento sul nostro incontro, che ti ha portato
a personalizzare la critica, ma posso tranquillamente affermare che il
mio non era un intervento che mirava a ciò.
Zacchiroli - da te difeso- e tu stesso siete sicuramente persone splendide
e professionisti seri, ma ciò non significa che io, e tutti coloro
che non concordano su alcune delle vostre opere architettoniche, si debba
passare per coloro i quali hanno - come tu dici- da "[
]vomitare
luoghi comuni, ovvietà accademiche e faziose [
]".
Ribadisco: si combattono le idee e non gli uomini ( Tu, Dante, sai che
era proprio Zevi a dirlo).
Antithesi combatte i codici e le regole assolute, dunque non credo che
sia attinente ciò che tu mi imputi, a maggior ragione se esamino
quanto dici al proposito : " Non ci sono codici o regole assolute,
Zevi le ha dettate in un ideale[
]".
Il problema sta proprio qui: se ti riferisci alle sette invarianti, Zevi
non ha dettato un bel niente. Mi sembra superfluo andare oltre il ribadire
che quando Zevi parla di anticlassico non lo fa con l'intenzione di creare
un codice parallelo a quello classico. Le "Sette invarianti"
vanno interpretate per quello che sono, cioè preciso riferimento
storico a ricerche plastico-spaziali, anche molto differenti tra di loro,
ed inverate da architetti con tematiche di studio diverse: per tutti Le
Corbusier e Wright, ed oggi, Gehry. E' l'unico modo per rispettarne il
valore ed il grande significato culturale che esse assumono in qualità
di elemento decodificatore dell'anticlassicismo. Esse servono a combattere
la codificazione di quei linguaggi che anticlassici sono per loro natura,
perché espressivi -in modi diversi- della sperimentazione spaziale.
Del resto, lo stesso Zevi parla chiaramente: "...Non ho inventato
questi principi. Come storico li ho ricavati scientificamente dalle esperienze
del Movimento Moderno. [...] Con stupore e tripudio, ho scoperto che gli
stessi principi si applicano a tutta l'architettura creativa del passato.
Tutti gli artisti veri ed originali sono 'moderni'; i loro messaggi sono
trasgressione alle regole".
Caro Dante, io non cambio minimamente l'idea positiva sull' uomo Benini
che mi sono fatto durante il nostro primo incontro, ma la curiosità
di capire anche l'architetto Benini deve ancora essere soddisfatta, fermo
restando che il mio capire non è verità assoluta, sia ben
chiaro.
Caro Dante, in un mondo dove molti cercano il consenso, io mi tiro fuori
dal coro ed accetto i tuoi ammonimenti. Non li condivido, ma li accetto
quale espressione del tuo pensiero, come giusto che sia tra persone che
stanno conoscendosi. Ma, in confidenza, credi veramente che tutto quello
che viene scritto su di te nelle pagine delle riviste sia approfondito
e non superficiale? I veri luoghi comuni sono quelli che molti scrivono
per compiacere il soggetto in causa, magari per poi criticarlo alle spalle.
Quantomeno, tra di noi, il rapporto è stato subito schietto e contraddittorio,
dunque il suo prosieguo non potrà avere alcuna finta compiacenza,
nessuna ipocrisia. Non sarà falso.
Consentimi una battuta: vero è che, ogni tanto, da bambino mi scappava
la pipì e, pur di continuare a giocare, la facevo nei pantaloni.
Ma non ho mai vomitato su nessuno. Quello lo facevo in bagno.
Con sincero affetto e sicuro che avrai modo di continuare in sede di una
tua realizzazione il nostro dialogo/contraddittorio, ti ringrazio dell'indispensabilità
che attribuisci ad Antithesi.
(Dante O. Benini
- 25/6/2001)
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