Public Art e Architettura
di Vilma Torselli
- 27/11/2004
Separate alla nascita, arte visiva e architettura sono gemelle per molti versi
identiche. Il loro seme comune progettare un pensiero visualizzato, anche se
la realizzazione si prevede in calcestruzzo, in mosaico o attraverso un poster.
(Angela Vettese)
Forse mai come oggi arte visiva ed architettura, due discipline che da sempre si
confrontano, si respingono e si attraggono, cercano di ricomporsi come le due
met di un discorso interrotto.
E ci che emerge anche dallultima biennale di Venezia, la nona edizione della
mostra di architettura questanno curata da Kurt Forster, in cui facilmente
rintracciabile una chiave di lettura artistica di alcuni progetti
architettonici presentati.
Tralasciando fenomeni come la Land art o la Earth art dove limprescindibile
rapporto fra arte e territorio costituisce il tema stesso e la teoria fondativa
dellopera, la scintilla da cui scaturisce questa rinnovata aspirazione
allosmosi sta probabilmente nel termine Public Art , coniato negli anni 60
per unarte promossa dalle pubbliche amministrazioni (based community projects)
con intenti di riqualificazione del territorio, di
riassetto urbanistico di aree degradate, di urban design, ripreso
con pi ampio significato negli anni 90 e centrato sul concetto di
site specific,contesto entro il quale l'opera darte viene collocata in stretto rapporto con
la specificit del luogo, secondo la pi rigorosa
pertinenza
dell'una rispetto all'altro.
Alla base della Public Art sta il concetto di arte come forma comunicativa (si parla anche di social art o community art),
specchio della molteplicit delle relazioni collettive, strumento di
incentivazione e mediazione della genesi di aggregazione comunitaria, in grado
di svolgere un ruolo attivo nelle dinamiche culturali e sociali del luogo in cui
si colloca, arte che di quel luogo deve preservare la specificit, la storia, la
memoria, il significato conferitogli dalla gente che lo frequenta, i contenuti
simbolici o psicologici: sotto questo punto di vista, la Public Art si
identifica come efficace mezzo per una riqualificazione non solo del territorio
ma anche della vita relazionale della collettivit che lo abita.
Obsoleto il concetto sancito dalla legge 717 del 1949, variata dalla legge 3 marzo
1960, n. 237 e successive modifiche ed integrazioni, comunemente nota
come legge del 2%, secondo la quale larte possa o debba servire sostanzialmente
ad abbellire e completare larchitettura, la Public Art incrocia la politica, la
sociologia, la filosofia, lurbanistica e segue linee sovrapponibili ai moderni
concetti di architettura pubblica o duso pubblico.
Si potrebbe obiettare che larte da sempre pubblica, che le sue origini e la sua storia
premoderna depongono a favore di una sua socialit (anche se legata o
determinata dal potere civile o religioso), scrive Alessandro Tempi, e si
potrebbe aggiungere che anche larchitettura da sempre pubblica, nel senso che
ogni opera, quandanche a destinazione strettamente privata, concorre a creare
un mondo di forme e di volumi, a definire o modificare un contesto
urbanistico-ambientale entro i quali tutta la comunit vive ed agisce.
Cos come artisti moderni tanto diversi quali Vito Acconci, Bruce Nauman, David
Tremlett, Claes Oldenburg o Mauro Staccioli ripropongono il discorso di unarte
non solo per lo spazio, ma nello spazio della vita umana, e quindi in chiave architettonica, parallelamente
architetti come Frank Gehry o Zaha Hadid sconfinano
disinvoltamente, senza porsi pretestuosi problemi di ambiti predefiniti e distinti e di rigide
divisioni disciplinari , tra scultura e architettura, contaminando, fondendo,
compenetrando i linguaggi nel nome di una comune sensibilit plastica che
produce forme (non importa se statue o architetture) nello spazio
delluomo.
La coincidenza tra cultura e vita, alla luce di unanalisi di carattere
filosofico-esistenziale sull'individuo in quanto componente della societ
moderna, uno dei temi pi urgenti della ricerca dellarte e soprattutto
dellarchitettura contemporanea, che andando alla scoperta dell'origine di una
sorta di creativit collettiva, di cui l'architetto o deve essere interprete o, se grande architetto,
anticipatore(Giovanni Michelucci), superando schemi mentali e codici
linguistici che distinguono tra cultura popolare e cultura ufficiale, diventa
luogo di incontro, confronto e dibattito, percorso a partecipazione culturale,
paradigma dellevolversi del tessuto sociale nella sua caotica multiformit.
La progettazione sullo spazio pubblico, sia esso destinato allarte o
allarchitettura, necessita di una reale interazione con i luoghi fisici, per
questa via che lartista di Public Art deve divenire anche architetto, e che
larchitetto deve rapportarsi con lartista di Public Art: per entrambi la
materia prima delloperare lo spazio reale, in entrambi i casi la parola
dordine urbanscape, il legame con il luogo geografico, con il contesto
sociale, con le interconnessioni storiche.
Dichiara Vito Acconci, noto per le sue grandiose installazioni ambientali: Mi
sono spinto verso l'architettura perch essa l'arte della vita quotidiana,
ognuno di noi ha una consapevolezza architettonica, pur inconscia, e anche se la
si conosce bene perch se n' oppressi, essa rimane tuttavia un'arte che si
apprende attraverso il vivere quotidiano.
Dopo le incertezze di una lunga parentesi concettuale che ha finito per condurla nel
vicolo cieco di incomprensibili sofismi intellettualistici, pare oggi che
larte aspiri a riappropriarsi della sua funzione, ad essere al servizio
delluomo, ad essere utile e comprensibile, a guidarlo in un processo di
estetizzazione del mondo e della vita, mentre larchitettura sembra aver
superato ogni rivendicazione di specificit culturale e disciplinare per
sognare, come larte visiva, una libert espressiva che le permetta di evadere
dai dogmi del funzionalismo.
Lambiente il terreno comune sul quale queste due tendenze convergenti possono
finalmente incontrasi, o scontrarsi, il territorio, lhabitat dellanimale uomo
che occupa la terra grazie alla mediazione dellarchitettura. Ma non sembri
esagerato dire che oggi, anche grazie alla Public Art, luomo sta scoprendo una
moderna cultura della socializzazione, e ricordiamoci di Ernst Gombrich quando
dice .Se fossero larte e gli artisti a definire ci che chiamiamo lo spirito
di unepoca?
(Vilma Torselli
- 27/11/2004)
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Commento 848 di Carlo Sarno del 04/12/2004
"...L'ideale di una architettura organica per una societ organica come generatrice di una nuova cultura , inevitabilmente, un fattore fondamentale per il mondo, in quanto effettivamente costruttivo...Se non sapremo volere una societ organica, non realizzeremo mai un'architettura organica...perch ogni architetto possa apprendere a esistere socialmente e a realizzare un'architettura organica noi dobbiamo inevitabilmente farci missionari...Sappiamo che il vero compito dell'architetto quello di interpretare la vita perch per la vita sono fatte le case, per viverci e viverci serenamente...non dobbiamo pi contentarci di essere spettatori della vita, ma dobbiamo approfondirla, dominarla, renderla organica...creare nuove forme di democrazia, e far s che questa non sia una societ invertita e generica, ma vita concreta, lavoro vivo dell'uomo...una societ che manchi di architettura organica non pu tenere il passo coi risultati della scienza, non pu utilizzarli, n mostrarli come usarli materialmente...Se la cultura in tutte le sue forme, e prima fra queste l'architettura, non muove dall'intimo di ognuno di noi e dal nostro pensiero credo che siamo alla fine della nostra grande civilt...quello che noi chiamiamo architettura organica non un semplice concetto estetico, n un culto n una moda, ma l'idea profonda di una nuova integrit della vita umana in cui arte e religione e scienza siano "uno". La Forma e la Funzione viste come Uno, questa la Democrazia...La democrazia un'espressione della dignit e del valore dell'individuo; questo ideale di democrazia essenzialmente il pensiero dell'uomo di Galilea, anch'egli umile architetto, di quegli architetti che allora si chiamavano carpentieri...ad una sincerit di vita, corrispnder una sincerit di forme e l'individualit sar intesa come nobile attributo di vita...". FRANK LLOYD WRIGHT (citazioni dai libri : Architettura Organica e Architettura e Democrazia).
Perch questa lunga citazione del pensiero di Wright?
E' molto semplice: pur auspicando una societ organica Wright non rinuncia al valore della persona , della creativit costruttiva individuale . Mi sembra che anche questo filone della Public Art si inserisca nei tentativi di omologazione e appiattimento della creativit umana , si opponga alla vera realizzazione di una societ organica . Si tenta di sostiture una "creativit collettiva" , astratta , impersonale (burocratica), ad una creativita organica integrata con la persona, la vita ed i suoi valori.
Concludo con una citazione di Bruno Zevi dal suo libro Verso un'Architettura Organica : "...l'architettura moderna ha alla base della sua ispirazione un fine sociale...l'uomo, nella variet della sua vita, nella pienezza della sua libert, nel suo progresso materiale, psicologico e spirituale il fine...il problema oggi, per tornare alle parole di Aalto, l'UMANIZZAZIONE DELL'ARCHITETTURA...".
Carlo Sarno
Tutti i commenti di Carlo Sarno
4/12/2004 - Vilma Torselli risponde a Carlo Sarno
Egregio Carlo Sarno,
con tutta l’ammirazione e la gratitudine che gli architetti di oggi debbono nutrire per Wright, non va dimenticato che le sue parole ci giungono da quasi un secolo fa, un secolo denso di avvenimenti come pochi altri, squarciato da due guerre mondiali ed attraversato da movimenti culturali di travolgente contestazione, dopo il quale Wrigth sarebbe l’unico ad aver mantenuto intatto il valore ed il significato delle sue teorie nel senso letterale in cui lei le propone, senza contare che oggi la società (americana) alla quale erano rivolte non è più la stessa e non è detto che le condivida ancora.
Non si può trascurare il fatto che, allora, Wright non ha dovuto confrontarsi con un fenomeno dei nostri giorni, forse dannoso, ma ineludibile, che va sotto il nome di globalizzazione, che fa inevitabilmente rima con omologazione e che ha finito per annacquare e togliere incisività ad ogni atteggiamento individualista: una cultura capace di “creatività costruttiva individuale” deve essere anche fortemente identitaria e quindi, oggi, anacronistica.
Personalmente credo nell’esistenza di una creatività collettiva, il fatto che poi sia un singolo, più o meno geniale, a captarla e a strutturarla in linguaggio è un altro discorso: Wright, che si batte per una cultura americana libera, consapevole delle sue radici e delle sue potenzialità autonome, Jackson Pollock che scinde con la violenza gestuale dell’action painting ogni legame di subordinazione con l’arte europea, sono probabilmente interpreti o anticipatori di istanze epocali.
E credo anche nella potenza dell’azione corale di una collettività di umili e sconosciuti che, rinunciando ad ogni rivendicazione individualistica nel nome di quella creatività collettiva, contribuiscono con la loro opera anonima a scrivere la storia dell’architettura, altrimenti non avremmo avuto, per esempio, le cattedrali gotiche (l’idea non è mia, è di William Morris).
E non finisco di stupirmi di come la storia ci metta davanti a straordinari risultati che superano largamente la somma dei singoli apporti di tanti antindividualisti senza nome (anche in questo caso l’idea non è mia, si tratta della teoria della gestalt).
Attraverso queste mie personali credenze riesco ad individuare il fine sociale dell’architettura moderna.
Commento 855 di Luigi Moffa del 19/12/2004
Larte da sempre privata nel senso che, potere civile o religioso a parte, suscita in persone diverse, diverse sensazioni. Mi riferisco ai gusti ed alle affinit che ognuno di noi nutre nei confronti di quella o quellaltra data opera. Perch larte in fondo altro non che un catalizzatore grazie al quale riusciamo ad elevare lanimo sino a vedere, quasi palpare, effusioni e sensazioni che nel quotidiano mondo delle tre dimensioni non sono nemmeno lontanamente concepibili.
Quel restare estasiati di fronte ad un opera e che sia di pittura, scultura, architettura o quantaltro ci viene spacciato oggi per arte, ma pur sempre con letichetta darte, non importa come una sorta di viaggio. Metafisico, ovviamente, e quindi senza tempo e senza spazio, senza una partenza e senza un arrivo, senza bagagli e senza compagni di viaggio. Una quarta dimensione in cui non esistono angoli di rotazione ne vettori direttori. In perfetta solitudine ci si addentra nei meandri dei propri piaceri, ci che locchio da solo non vede ma che la mente concepisce lo stesso. Una sola mente che si estranea, esclude tutto ci che fisicamente la circonda concentrando le energie unicamente su quel dato evento. Non credo che pi menti, tante stando a quante se ne augura la Torselli, compiono questo viaggio tutti stretti per mano. Non vi un treno che si ferma in stazioni che prestabilite a priori non possono essere. Non vi neanche una meta. Tutto funzione di variabili, fattori e circostanze diverse a seconda del singolo individuo.
A mio parere non pensabile di poter riqualificare territori degradati per mezzo dellattuale Public Art. Il risultato di tale atteggiamento visibile nelle migliaia di sculture senza senso che da un po di anni adornano le tanto attuali rotonde stradali. Spazi circolari racchiusi ed inutilizzabili che si crede di poter nobilitare inserendovi oggetti che lignoranza comune decanta come arte. Nello stesso tempo si da la caccia ai ragazzi che esprimono il loro essere in questo mondo ed il modo in cui lo avvertono, lo vivono, dipingendo con bombolette spray sui muri delle fatiscenti periferie.
Non si pu pensare alla Public Art come strumento di una moderna cultura della socializzazione. Oggi, ed in misura sempre maggiore con il passare del tempo, i nostri figli socializzano nel mondo virtuale di internet, in cui sentimenti virtuali si avvertono, drammaticamente, reali. Li dentro custodiscono corrispondenze quotidiane, amici ed amore. Stanno scomparendo i luoghi della socializzazione come in passato noi ci siamo abituati a viverli. In questo contesto la Public Art deve essere poca e di valore. Perch la confusione non fa altro che accentuare il disinteresse collettivo. E deve custodire una metafora, una storia da raccontare, un senso, cosi come hanno avuto un senso per tanti anni gli svettanti monumenti in ricordo dei caduti in guerra. Un numero esiguo in rapporto a quanti ne usufruivano. Un attestato di affetto che, nello stesso intento, accomunava comunit intere.
Se poi si vuole prescrivere la Public Art allobbligo di rapportarsi al contesto in modo da preservare la specificit, la storia, la memoria, il significato conferitogli dalla gente che lo frequenta si viene meno alla possibilit, che larte offre, di forte contaminazione tra culture diverse. Attualmente credo sia atteggiamento retrogrado relegare la Public Art al solo significato conferitogli dalla gente di un luogo. Mai come oggi tante culture cosi diverse tra loro sono entrate o stanno entrando in contatto. Ne viviamo gi una guerra: quella di religioni tra Oriente ed Occidente. A cambiare la stessa visione del mondo, e la Public Art, e larchitettura e tutto ci che si eleva nella sfera dellarte, devono darne giusta lettura.
Tutti i commenti di Luigi Moffa
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