Lo zen e lo SHOPPING
di Francesca Pagnoncelli
- 10/5/2001
Rispondo volentieri al testo di Paolo Ferrara pubblicato
su antithesi che più che criticare il mio uscito qualche tempo
fa ne prende spunto per approfondire alcune tematiche da me solo accennate e per dire la sua sul connubio Prada-Koolhaas-Herzog & De Meuron.
Approfitterò dell'occasione per precisare le mie posizioni in merito e per rilanciare l'argomento.
Continuo a sperare che l'imprenditoria di oggi possa ritrovare le stesse motivazioni e gli stessi stimoli ad investire in cultura che hanno caratterizzato un gentiluomo come Adriano Olivetti. Continuo a sperare che, con le stesse finalità universalistiche e totalmente finalizzate allo sviluppo e alla sperimentazione delle idee, una committenza come quella che Prada ha offerto ai tanto biasimati architetti possa diffondersi e moltiplicarsi. Ma se così non fosse dove è il problema? Che importa quale scopo muova gli imprenditori a farsi belli con edifici firmati, ad accompagnarsi a personaggi illustri dell'architettura contemporanea? Cosa importa se Prada agisce perché ama l'architettura o se la usa "per gli eventuali scopi pubblicitari personali"? Ci si illude forse che dietro la buona architettura ci sia un buon architetto o un buon committente? Inutile e noioso citare esempi dei tempi che furono: l'architettura romana, rinascimentale, barocca, per non parlare di quella razionale, che razza di committenti avevano alle spalle? E per non andare tanto indietro negli anni chi si pone ora il problema della moralità di Mitterand davanti alla Grande Arche o alla Piramide del Louvre? Quello che conta è che si faccia architettura, che sia di qualità e che sia capace di piacere e di essere affascinante per tutti, per la tanto temuta maggioranza.
Parlando per eccessi quando anche la casalinga potrà votare da casa il suo edificio preferito, forse solo allora l'architettura sarà riuscita ad educare ai suoi significati. Quando il televoto stabilirà i vincitori dei premi e dei concorsi di architettura, come già succede per altre forme artistiche, forse solo allora ci sarà spazio per i giovani talenti e si potrà sperare nella correttezza e nella democraticità dei giudizi. L'architettura non è solo degli architetti, dei letterati, dei dotti. Fortunatamente il nome di Renzo Piano è conosciuto universalmente, fortunatamente, anche se lo dico con qualche riserva, l'architetto Fuksas è il protagonista
della pubblicità dell'ultima auto Renault. Chissà quanti
luminari della disciplina sono inorriditi nel vedere il demiurgo romano
rapito dalle sagome delle nuvole nel cielo tanto da doverle immortalare
sul vetro della sua nuova auto. Anche io sono rimasta bloccata da un po'
di latte alle ginocchia, ma, superato lo shock iniziale, ho capito che
tutto questo è un bene per l'architettura. Un bene perché
di architettura si parla, perché la si vede ovunque, nei videoclip,
nelle pubblicità televisive e non. L'architettura sta tornando
ad essere parte dell'immaginario collettivo e gli architetti possono solo
guadagnarci da questo ritrovato interesse per la madre di tutte le arti.
Spero che avremo qualcosa di grandioso da comunicare, che saremo capaci
di cogliere occasioni importanti come quella che Prada ha offerto a Koohlaas
e ad Herzog & De Meuron per esprimere il meglio di sé, il meglio
dei propri sogni, senza voler a tutti i costi educare ad un esoterismo
disciplinare che rischia di trasformare gli architetti in sacerdoti incompresi
e fanatici. Ben venga, quindi, una mostra ed un atteggiamento progettuale
al cui centro non ci sia solo e per forza l'architettura. La molteplicità,
la varietà, la dinamicità del nostro mondo non ci consente
di fossilizzarci entro i vecchi confini mentali e professionali. La capacità di reinventarsi continuamente e un certo atteggiamento camaleontico potranno usare le occasioni offerte da un'imprenditoria comunque lungimirante per dare vita e realizzare nuove utopie architettoniche.
(Francesca Pagnoncelli
- 10/5/2001)
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