Scontro sull'eredit di Terragni
di Bruno Zevi
- 23/4/2004
Introduzione di Sandro Lazier
In occasione del centenario della nascita di Giuseppe Terragni, antiTHeSi pubblica l'editoriale di Bruno Zevi del n.153, del 1968, di "L'architettura, cronache e storia", interamente dedicato al 25anniversario della morte di Terragni. Si tratt infatti della prima, vera occasione per meditare sull'eredit dell'architetto comasco. Due ragioni ci sembrano essenziali.
La prima intende riproporre con forza la dimensione internazionale e l'ispirazione
universale degli esperimenti di Terragni, peraltro all'interno di una teoria
razionalista che non amava certamente coccolarsi nel particolarismo e nella
retorica del bel paese. Dice Zevi nell'editoriale che proponiamo per primo alla
lettura: "Sull'empito di quella disperata fiducia nell'orizzonte europeo
va misurato il tedio serpeggiante tra noi." Mai si sarebbe aspettato
che Paolo Portoghesi quarant'anni dopo negasse una cos squisita evidenza,
rovistando in quel che resta di un cadavere italiano, in cerca di una sempre
pi confusa italianit.
La seconda ragione un invito a tenere alta la tensione, come ha fatto Antonino Saggio nel suo intervento che riproponiamo, senza cadere
nella superficialit della celebrazione, nella volgarit e nel
pettegolezzo di cui pare diano prova le nostre stelle quando ammettono amori
e passioni terragnani, malgrado la puzza di fascista che per alcuni ancora accompagna
il personaggio.
Iniziamo con l'editoriale di Bruno Zevi.
Lidea di curare unoeuvre complte di Giuseppe Terragni nacque nel 1953
per iniziativa del fratello Attilio. Non era pensabile, in effetti, che la figura
emergente del razionalismo italiano, lunica di rilievo internazionale tra le
due guerre, restasse affidata a sporadici saggi, al libretto di Mario Lab pubblicato
nel 1947 ed ai capitoli di alcune storie dellarchitettura moderna. Perci ci
mettemmo subito al lavoro raccogliendo disegni, fotografie, lettere, testimonianze.
Limpresa tuttavia si arrest perch realizzarla apparve assai pi arduo del
previsto. Un rapido scandaglio tra le carte dello studio di Como consent di
rintracciare una sorprendente quantit di documenti inediti. Ma gli eventi bellici
avevano distrutto gli archivi di Pietro Lingeri e di Marcello Nizzoli; P.M.
Bardi era emigrato in Brasile, i vari partners e collaboratori, dal fedelissimo
Luigi Zuccoli a Piero Bottoni, da Figini e Pollini a Frette e DellAcqua, possedevano
un materiale scarso e incompleto. E poi, nel 1953, rivedere edifici gremiti
di simboli fascisti, rileggere testi e articoli inneggianti allepoca mussoliniana,
risultava quasi insopportabile; oggi invece soltanto fastidioso. Terzo motivo,
forse il pi valido: in una fase di critica al razionalismo, un volume su Terragni
sembrava pi doveroso che urgente.
Sono trascorsi cos altri quindici anni; e cade proprio in questo mese, il venticinquesimo
anniversario della scomparsa misteriosa, improvvisa di Terragni, che suscit
persino il sospetto, rivelatosi assurdo, di un suicidio. Riguardo allobiettivo
di unesegesi compiuta della sua opera, in un quarto di secolo nulla o quasi
si fatto. Per la cronaca, possiamo citare la mostra commemorativa inaugurata
da Le Corbusier nel luglio del 1949, lampia rassegna compilata per la rivista
inglese Architectural Design del marzo 1963, il premio conferito dallAccademia
di San Luca a Lingeri nel 1966, che implicava un riconoscimento, seppure tardivo
e indiretto, del contributo di Terragni. Si noti: la XXXIII Biennale di Venezia,
come non trascurammo di sottolineare nelleditoriale n.131, ordin unesposizione
sulgli Aspetti del primo astrattismo italiano, Milano-Como 1930-40 di cui
gli amici di Terragni, Mario Radice e Manlio Rho, furono protagonisti insieme
a Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Bruno Munari, Anastasio Soldati. Nel campo
architettonico, incomparabilmente pi incisivo, silenzio; a parte gli studi
su Cesare Cattaneo dei nn. 63-68 che hanno rievocato il breve itinerario del
solo autentico discepolo di Terragni, morto poche settimane dopo di lui. Tutto
qui. Per loeuvre complte occorreva dunque un rinnovato impegno, anzi uno scatto
determinato dallincontro tra i veterani della battaglia razionalista, Bardi,
Bottoni, Sartoris, Zuccoli, ed alcuni esponenti della generazione successiva,
dai nipoti Emilio e Carlo a Mario Di Salvo ed Enrico Mantero, decisi a rivendicarne
lattualit.
Il presente fascicolo anticipa frammenti di scritti, fotografie e disegni della
monografia che la Etas-Kompass si propone di pubblicare dopo un ulteriore scavo
filologico e critico da esperire in occasione del convegno indetto a Como per
il 14-15 settembre. Ma basta scorrerne le pagine per per valutare gli esiti
dellinchiesta: dalla tomba Mambretti alla riconfigurazione di Brera, dal contenitore
polifunzionale della Cortesella alla casa rionale per Roma, decine e decine
di idee ignorate e profetiche integrano i capolavori celebri accrescendo i parametri
e le dimensioni della personalit di Terragni. le memorie ne dilatano la gittata
civile e umana. Gino Chierici ricorda lintrepido intervento in difesa del nucleo
medievale assalito dagli speculatori fondiari: Una notte, squadre di fascisti
agli ordini del federale, con il compiaciuto consenso del Prefetto e del Questore,
cosparsero di petrolio ed appiccarono fuoco alle armature di legno erette a
puntello della casa Vietti per iniziarne il restauro. Contro il teppistico tentativo
si lev , magnifica di sdegno, la libera voce di Giuseppe Terragni tra lo stupefatto
sgomento stupore di coloro che avevano cercato di soffocarla. Augusto De
Benedetti depone nellambito degli affetti privati: ...fu per me particolarmente
caro quando anche in Italia si applicarono le leggi razziali. In quel periodo,
cercai di allontanarmi dalla compagnia del caff Rebecchi, centro comasco dei
movimenti moderni di architettura e pittura. Non volevo che la mia presenza
nuocesse agli amici, e specialmente alla loro arte gi definita demoplutogiudaicamassonica.
Fu proprio Terragni a dimostrarsi in quel triste periodo un vero e sincero amico,
sempre pronto a difendermi, a rincuorarmi e ad infondermi coraggio per superare
il terribile momento. Conservo sue cartoline inviatemi dal fronte russo, nelle
quali c sempre una frase dincoraggiamento per me. Episodio marginale,
senza dubbio; ma, in quei tempi, scrivere dal fronte russo ad un ebreo era gesto
di straordinaria generosit e di sicuro rischio.
Sotto il duplice profilo, creativo e psicologico, le risultanze dellindagine
sono certo impressionanti. Ma poi questo che vale? Si tratta di un riesame
obbiettivo, sereno, scevro di conseguenze polemiche? Tuttaltro. Forse, quindici
anni fa, il libro avrebbe potuto assumere carattere distaccato. Oggi, un discorso
su Terragni rappresenta un grido dallarme, unaccusa, un richiamo; comporta
un urto provocatorio, uno scontro. Rimeditare sul Razionalismo significa porsi
quesiti scottanti e angosciosi: larchitettura italiana ha segnato un progresso
rispetto alle posizioni acquisite, in un contesto drammatico e irto di ostacoli,
dallavanguardia degli anni trenta? durante lultimo quarto di secolo, la societ
affluente non ha stemperato gli animi e le energie, dilapidando un retaggio
sostanziale ed inducendo ad una catena di evasioni, dalle pseudo-poetiche dei
vernacoli spontanei al neo-liberty, dagli equivoci dellambientismo ai capricci
pop e alle fughe in avanti delle utopie? Curiosi, sintomatici, pungolanti, pertanto
sistematicamente registrati e commentati in questa rivista, tali fenomeni hanno
lasciato un vuoto pauroso sul terreno delle ideologie e dei valori; nel tipico
processo del consumo e del recupero, il loro nevrotico avvicendarsi spalanca
oramai la strada a pericolosi ritorni neoclassicisti e barocchi, alla ricostituzione
di immagini statiche, monumentali, chiuse, volumetricamente inespressive e spazialmente
mute, insomma al tradimento dellarchitettura moderna.
Ripensare Terragni implica una verifica, un bilancio della produzione italiana
dal 1943 in poi, ad ogni livello: giudizio sui contenuti e sui metodi; giudizio
sui maestri e sulle opere di eccezione; giudizio sul repertorio linguistico,
sulla sua consistenza e il suo potere comunicativo, la sua capacit di penetrare,
diffondersi, modificare la realt; giudizio infine sulla efficacia del dibattito
architettonico, sulla ricerca, la didattica, la scuola. La collera dei giovani
si spiega anche alla luce di questa suicida dissipazione di valori, dellappiattimento
delle coscienze, della mancanza di qualit, della perduta tensione nel credere
e nel trasmettere, dellindulgenza e nel dubbio che spesso comodo alibi per
declinare le responsabilit.
Qui non si propone una cerimonia automortificatrice e nemmeno una rivalutazione
meccanica dellesperienza razionalista. La crisi dei linguaggi di estrazione
cubista era inevitabile di fronte ai nuovi panorami del dopoguerra, al movimento
organico, al dirompente messaggio di Frank Lloyd Wright. Il problema non sta
in un revival di Terragni, ma in un confronto, in una spregiudicata riflessione
autocritica. Per cogliere limpulso di un rilancio, occorre riportarsi alle
lotte di quella minoranza che, intorno a Terragni, Persico e Pagano, seppe opporsi
alla retorica, alla corruzione, al commercialismo riscattando in extremis la
cultura italiana dal disfacimento totale. Sullempito di quella disperata fiducia
nellorizzonte europeo va misurato il tedio serpeggiante tra noi.
Tra cicloni di forze distruttive e nichiliste, minata dallindifferenza, sapre
ancora una scelta. Questo fascicolo pu servire semplicemente a titolo consolatorio.
Oppure, incitare ad una ripresa delle valenze non utilizzate dellarchitettura
di Terragni, cos densa di ipotesi e feconda di prolungamenti. Ai giovani, agli
studenti dovrebbe indicare come il movimento moderno, con la sua enorme carica
contestativa, non sia appannaggio e fregio dei padri e dei fratelli maggiori,
ma costituisca uneredit splendida e tremendamente pesante, tutta da reinvestire.
Editoriale estratto dal n153 di "L'architettura, cronache e storia",
del luglio 1968
(Bruno Zevi - 23/4/2004)
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Commento 723 di Carlo Sarno del 24/04/2004
Giuseppe Terragni era un poeta che affront il razionalismo e l'esigenza di modernit dell'Italia infrabellica con il suo geniale lirismo . Lo stesso Le Corbusier nel 1948 nel vedere una mostra sull'opera di Terragni dir che era stato un suo compagno di lotta per un'arte pura , un'arte tutta rivolta all'espressione dello spirito - quindi libera e democratica .
Giuseppe Terragni scrive dal fronte russo il 21 ottobre 1941 : " ... mi sembra di vederti chiedere le mie impressioni sulla guerra e le ripercussioni sull'animo di un artista ( come sinceramente credo di essere ) di una vita e di tante emozioni cos lontane dalla attivit spirituale alla quale l'artista chiamato ..." .
E' proprio qui il punto : "...attivit spirituale alla quale l'artista chiamato..." . E' proprio qui l'acme del suo contributo all'Architettura Italiana : dare uno spessore spirituale all'attivit di architetto , di creatore di spazi per una vita in cui l'uomo possa esprimere al meglio la sua personalit e verit di essere .
Non fossilizziamoci su giudizi storicistici e meramente di cronaca .
Giuseppe Terragni se seppe riscattare insieme a Persico e Pagano la cultura italiana architettonica dal disfacimento totale , opponendosi alla retorica , alla corruzione e al commercialismo , questo fu principalmente perch era un architetto geniale ed un grande artista che credeva nell'onest intellettuale e nella fede in un Dio di amore , unico riferimento sovrastorico per la costruzione di una civilt migliore .
Dice Bruno Zevi : "...La crisi dei linguaggi di estrazione cubista era inevitabile di fronte ai nuovi panorami del dopoguerra, al movimento organico, al dirompente messaggio di Frank Lloyd Wright. Il problema non sta in un revival di Terragni, ma in un confronto, in una spregiudicata riflessione autocritica...".
Questo significa che ci che importante dell'attivit di Giuseppe Terragni il suo messaggio di artista impegnato , che crede a dei valori , che sa che l'artista-architetto chiamato ad una insostiuibile e fondamentale attivit spirituale , baluardo della libert e originalit dell'uomo , costruttore di una civilt migliore per un vivere felice .
Carlo Sarno
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Commento 724 di Gaetano Manganello del 25/04/2004
Visitando le opere di Terragni a Como il 18 Aprile ho capito la grandezza di un artista architetto che, da pioniere, ha introdotto in Italia la vera architettura. I suoi edifici sono di una entusiasmante coerenza fin nei minimi dettagli, le sue soluzioni sono innovative dopo oltre settant'anni dalla realizzazione; la lezione di Terragni stata ripresa fuori dai confini italiani dagli architetti europei, gli architetti italiani, le facolt di architettura, invece, hanno a lungo disconosciuto la sua grande figura di artista . L'esempio di Terragni andr trasmesso ai giovani studenti di architettura, agli architetti che credono nell'architettura come sinonimo di passione civile, di impegno morale, di espressione artistica.
Tutti i commenti di Gaetano Manganello
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