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Ci sono 5 commenti relativi a questo articolo

Commento 697 di Andrea Pacciani del 18/03/2004


Ineccepibile la diagnosi delle schifezze meneghine, deludenti le conclusioni.
Ci si vuole rendere conto che questi prodotto sono proprio il risultato del "rischiare ,riscoprire il piacere eccitante dell'azzardo" di architetti vanesi e autorefernziali?
E' una questione di metodo; o lasciamo a tutti i progettisti questa velleit e ci teniamo i risultati delle opere scadenti senza lamentarci, o cambiamo metodo.
Non mi stancher mai di dire che la storia dell'architettura ci insegna che questa viene realizzata per pochi edifici da grandi maestri e mentre la quasi totalit della citt progettata da epigoni di questi pi o meno distanti e capaci; ieri era cos, oggi cos, domani lo sar ancora; perci basta con questo falso moralismo di distinzione tra gli architetti bravi e quelli scarsi venduti al soldo delle imprese speculatrici.
"il godimento estetico non come eccezione ma come normalit" non appartiene alla cultura della modernit, come ci hanno insegnato dal futurismo in poi, semmai alla cutura tradizionale.
L'architettura moderna per questo piace e piacer solo agli architetti o ad un'elite in grado di apprezzarla, ma mai alla gente comune che si vuole identificare nei luoghi che abita. Il suo destino quello dell'arte moderna contemporanea chiusa a recinto in se stessa, incontaminabile dalla citt reale, non pi in grado di comunicare con l'esterno.

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Commento 698 di Vilma Torselli del 19/03/2004


"Milano una brutta e mal combinata citt ..... " , sono parole di Carlo Emilio Gadda , dalle quali prese spunto un famoso dibattito sullo stato della citt, tenutosi alla Triennale di Milano il 30 novembre 1993.
Sono passati pi di dieci anni e Milano ancora brutta, o addirittura pi brutta di allora.
Ci sar pure un motivo perch ci accada.
Sar segno che, dopotutto, ai milanesi va bene cos? Sar segno che, in fin dei conti, il concetto di bello o brutto applicato ad una citt cos labile e vago che ci che per uno brutto per un altro pu essere bello?
Forse sar che Milano una citt spiccia e bottegaia, la sede della borsa, della finanza, degli affari, e la circolazione dei soldi fa dimenticare la circolazione del traffico, e se non c niente di bello da veder non importa, c tanto di utile da fare.
Perch se Milano fosse bella, colta e raffinata non sarebbe Milano, sarebbe Firenze, e se grondasse storia e memorie sarebbe Roma, non Milano, e se avesse la pi bella piazza del mondo, e non piazzale Cadorna, che un nodo viabilistico che forse non ambisce ad essere nientaltro, sarebbe Siena.
Ma non ha dimenticato di essere stata la citt del Futurismo, nel 2005 avr nellattuale Arengario il pi completo Museo del 900 e del Futurismo (a firma di tale Italo Rota, vincitore di un concorso internazionale, di cui confesso di sapere poco) che con il Palazzo Reale potr costituire una straordinaria cittadella della cultura.
Stiamo a vedere, e poi, se del caso, continueremo (a cose fatte, purtroppo) a lamentarci.

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Commento 700 di Irma Cipriano del 21/03/2004


Non credo che rischiare, sperimentare, in sostanza creare il nuovo e il moderno possa essere solo esclusiva di architetti vanesi e autoreferenziali. Se cos lo erano molti geni dell'architettura. Il metodo non centra.. ma poi cosa vuol dire metodo? Il progettare secondo codici pi o meno classici? O bisogna cambiare metodo eliminando gli abusi e i comodi di architetti legati pi al soldo e alle "conoscenze di palazzo" che a creare qualcosa di valido?
Credo che questo basterebbe senza scomodare il futurismo, che non mi risulta abbia insegnato che la bellezza solo del passato. E' visione distorta e ingannevole. Purtroppo molto comune. E anche da questo si vede che invece Milano ha completamente dimenticato l'insegnamento futurista. Perch costruire musei alla memoria e cittadelle della cultura tempo sprecato e volont puramente conservatrice se non si fatti propri gli insegnamenti e i messaggi che questa ha voluto dare. E' sempre molto facile fare delle lapidi alla memoria, portarci per qualche giorno i fiori e poi non ricordarsene pi.
Dove stanno gli esempi che ci dicono che Milano ha interiorizzato gli insegnamenti delle avanguardie?

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Commento 701 di Alberto Scarzella Mazzocchi del 22/03/2004


Belli e\o brutti (milanesi) 2
Ironizzare su Vittoriano Vigano un gioco da fanciulli. Il taglio brutalista delle Sue opere lha portato ad arredare la mensa del Marchiondi con un selva di montanti delle acque nere che rallegravano, con il crepitio degli sciacquoni, il triste pasto dei reclusi, o , in mancanza di pennuti esotici da far svolazzare nella grande voliera, progettata per la rinata Triennale, a trasformare allanilina degli scipiti piccioni padani in coloratissimi parrocchetti brasiliani.
Pi impegnativo assumere il progetto del Parco Sempione a modello di un percorso che le amministrazioni comunali non devono assolutamente seguire; e quindi a perno del discorso che Maurizio De Caro ha affrontato con pertinenza di esempi.

E dal lontano 1954 che Vigan inizia ad elaborare proposte progettuali per la valorizzazione del Parco Sempione, concretizzate poi in otto lotti operativi. Gli elaborati restano per al chiuso dei cassetti dellAmministrazione comunale sino al 1979 per essere approvati solo nel 1981. Secondo le previsioni di progetto, dopo lo smantellamento delle recinzioni, dovevano essere unificati i comparti che comprendono il Castello, lArena, lArco della Pace e la Torre del Parco, risanate le piantumazioni malate, sfoltendole dove si erano ingigantite e ripiantumandole nelle zone strappate allasfalto e alla formula uno. Obiettivo, restituire il grande polmone verde di Milano al silenzio e alla sua monumentalit e ridare vita ad un vero parco come lo posseggono le grandi metropoli che amano il verde non solo a parole.
LAmministrazione comunale rumina per 30 anni il progetto poi, in 24 ore, decide di dare il via ai lavori senza preavvisare abitanti, commercianti e automobilisti che una bella mattina si sono visti chiudere una serie di strade mentre le ruspe davano lassalto ai chioschi di benzina. La protesta dei cittadini fu quindi repentina, quanto prevedibile.
Invece di porsi il problema di rivitalizzare larea attorno allarco della pace con bar, ristoranti, librerie e quantaltro potesse sostituirsi ai negozi di ricambio per auto, si d inizio ad un braccio di ferro tra assessorato e Ministero ai beni ambientali, tra soprintendenza regionale e statale, con lapprovazione di delibere che si annullano a vicenda generando repentine interruzioni dei lavori. Risultato, la citt si trova a gestire un opera incompiuta con evidenti segni di abbandono, resi ancor pi evidenti da una pessima esecuzione dei lavori. Ed il progetto del Parco Sempione viene inserito dufficio nellelenco delle grandi incompiute: Palazzo Reale, la Grande Brera, piazzale Dateo con il veto alla proposta di Magistretti, al recupero dei giardini del Piermarini ai Boschetti di via Marina, e a quello dei Navigli.
E noi invece di condannare il sistema delle lotte interne tra amministratori comunali regionali e statali, tra soprintendenze decentrate e dellassenza di un responsabile che impediscono il concretizzarsi delle opere, disperdiamo le nostre energie nel dare spazio alle critiche innescate dalla calligrafia dei lampioni che, a mio avviso, hanno invece il pregio di evocare, con un segno attuale, latmosfera ottocentesca in felice connubio formale.
Se critica va fatta al progetto, nellambito caratterizzato dai lampioni, riguarda la sistemazione del tratto che fiancheggia i binari del tram. Ma quanto da attribuirsi al progetto e quanto alle esigenze e ai vincoli dellAzienda tranviaria?
Chiediamoci semmai perch Milano, pur avendo tra i suoi cittadini un folto gruppo di designers che il mondo ci invidia, si ritrovi con unarredo urbano tra i pi dequalificati. Individuiamo i laccioli che ne impediscono il risveglio e insieme cerchiamo di scioglierli.

Tutti i commenti di Alberto Scarzella Mazzocchi

 

Commento 775 di Martino Buora del 15/09/2004


Concordo in pieno con il sopra scritto commento di Andrea Pacciani. Ha fatto centro. possibile che sia anche lui un architetto ma possegga, tuttavia, una tale rara lucidit?

firmato: un non addetto ai lavori. Di Milano e, come tutti gli uomini, amante del bello che fatica a rintracciare nell'architettura, specie abitativa, ma non solo, dagli anni 50 ad oggi.

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