Dedicato a Valle Giulia
di Laura Podda e Silvio Carta
- 8/3/2004
La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive. Viviamo in un tempo in cui i fiori tentano di vivere sui fiori, invece di nutrirsi di buona pioggia e di fertile limo nero. Perfino i fuochi artificiali, nonostante tutta la loro eleganza, nascono dalla chimica della terra.
Eppure, non so come, riusciamo a credere di poterci evolvere nutrendoci di fiori e di giochi pirotecnici, senza concludere il ciclo del ritorno alla realt. Conoscete la leggenda di Ercole e Anteo, il lottatore gigantesco, dalla forza incredibile, finch fosse rimasto coi piedi sulla terra? Ma quando Anteo fu tenuto da Ercole sospeso nel vuoto, senza radici, egli per facilmente. Se in questa leggenda non c un insegnamento per noi di questi tempi, in questa citt, oggi, allora vuol dire che sono del tutto pazzo.
(Da Fahrenheit 451, Ray Bradbury)
Da futuro giovane professionista chiedo aiuto.
Larchitettura in Italia piange la propria fantasia negata dalle complicazioni burocratiche, e si nasconde dietro i limiti di un sistema che certo, vero, non favorisce il sorgere di grandi strutture.
Guarda in sordina, ma con ammirazione e un po di velata gelosia, le potenzialit/possibilit dei colleghi olandesi e spagnoli, mentre tra i corridoi delle stesse universit la giovane et fa respirare il desiderio di partire altrove. Come se vivere in America significasse diventare Daniel Libeskind.
E nel frattempo si corre in edicola, ci si assicura un contratto a tempo indeterminato con lElecta, si mettono in subbuglio le biblioteche, e tutto questo perch la nostra libreria possa sfoggiare una quantit di riviste tale da poter difendere noi stessi e i nostri progetti.
Non perch manchino le idee, in esse, da parte mia, credo ancora; quella che manca la voglia di osare, di sognare, di pensare in grande, e per lo pi quando questo succede lo si giustifica dietro il nome di un grande architetto.
O di un grande maestro.
Il nostro bellissimo mestiere vede il privilegio di poter avvicinare limmaterialit, la purezza, lestrosit dellarte a quanto concreto e reale, senza dimenticare che larchitettura fatta per chi la vive, e come tale deve essere pensata, filtrata, ragionata.
Ben vengano a questo punto le riviste, i libri, i nobili professionisti e professori, di cui si deve far tesoro per elaborare una propria idea di architettura.
I libri possono essere battuti con la ragione.
Lopera di Le Corbusier stata grandiosa ed eclattante nel suo tempo perch era nuova. Tentare di ripeterla sarebbe un inutile spreco di energie, e non ci procurerebbe il favore e la stima di nessuno, perch le citazioni faranno parlare un progetto che non il nostro. E allora perch non lasciare spazio alla propria immaginazione, che, se non con pari maestria, vive almeno la sua modernit?
Rispondo, se mi possibile, con delle considerazioni che a tuttoggi mi stanno strette.
Forse perch sentire parlare, nella mia ignoranza, di concetti vuoti quelli che saranno futuri colleghi architetti mi ha spaventato. O forse, meglio ancora, perch inconsciamente sono in attesa di chiarimenti, nel tentativo di vedere del buono in ci che finora mi apparso un semplice esercizio di segni, colori, materiali. E non mi si dica ancora una volta che non si pu capire loperazione senza seguire il corso di un signor professore; se si parla di progetto architettonico questo si deve spiegare da s, e quando chi del mestiere non riesce a leggerlo significa che un progetto mal pensato, o mal rappresentato.
Altrimenti abbiate la coscienza di parlare di esperienza nuova e stimolante, e basta.
Questo, nella mia pur modesta facolt che non vanta i vostri nomi, mi stato insegnato sin dal primo anno di universit. Stiamo vivendo, vero, in unepoca in cui i concorsi li vince un progetto di grafica pi che di architettura, ma chiedo, a chi resta la passione, di privilegiare la buona architettura almeno nelle occasioni di confronto.
Non nascondiamoci dietro lemulazione di figure dalle quali si dovrebbe imparare con intelligenza.
Altrimenti questa sapienza si perde, larchitettura si ferma, le opere di MVRDV nella giovinezza dei protagonisti continueranno a lasciarci a bocca aperta.
E io, invece, vorrei essere competitiva.
Vasiliy Kandinsky morto. Lo sapevate?
Abbiamo avuto la sensazione di stare di fronte a puri esercizi conoscitivi, talvolta gnoseologici, comunque ad indagini che passano attraverso strade estetiche. Un discorso tanto intrigante quanto poco concreto. Le avanguardie, per prime, hanno introdotto una tipologia desercizio simile al fine di capire come il nostro cervello veda il mondo esterno. Si parte da unindagine a carattere fondamentalmente soggettiva per poi arrivare ad una griglia mentale capace di interpretare loggettivit.
Bellissimi, assolutamente affascinanti. Tali esercizi ci attraggono, anche se vecchi 80 anni, ma larchitettura, a mio modesto avviso, ben altra questione. Le persone, io per primo, hanno bisogno di vivere luoghi generati da concetti diversi da quelli annidati nella memoria di qualche artista. Capisco che il nostro mestiere sia fatto per buona componente da immaterialit, da paglia, da piume, ma non tutti siamo Fuksas. Non tutti ci possiamo permettere di pensare nuvole. Pertanto sarebbe meglio pensare al da dove si entra? come insegnano ancora (bene o male non importante ora) nelle nostre facolt. Si potrebbe giungere a vincolare il moto delle persone alle sole sensazioni, pi o meno assimilate, dal nostro ego-artista. Lasciamolo fare a chi ha meno responsabilit di noi. Cediamo questo gravoso onere a chi dellestetica ha fatto il suo mestiere. Noi andiamo oltre (almeno spero) i rettangoli e le strisce che portano alla conoscenza di noi stessi e del mondo fenomenologico. Progettare per chi va in tram dice Carlo Melograni. Penso che larchitettura debba far tendere al progresso sociale e mentale delle persone, altrimenti si parla di costruzioni. I colori e le forme sono uno dei tanti metodi possibili per arrivare ad un bagaglio di soluzioni e risultati utili per gestire le modificazioni dei suoli di Morris. Non lunico possibile, soprattutto se lo si fa assurgere ad un posto elitario nella cultura.
(Laura Podda e Silvio Carta
- 8/3/2004)
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Commento 686 di Domenico Cogliandro del 09/03/2004
Andrebbe smaltita la sbornia, per. Mi trovate d'accordo quasi su tutto, quello che dite ha senso e, di pi, ha un riscontro nelle altre facolt d'architettura in Italia e, se non mi venisse -mentre lo dico- un prurito al naso, anche in Europa. Mi sono sempre detto "alla lunga i palloncini si sgonfieranno", e per palloncini ho sempre inteso i virtuosismi bloboidali tridimensionali, e le idee di architettura (quelle che hanno a che fare con l'uso della luce, con la capacit di coprirsi la testa, con il ritrovarsi accanto ad un punto fermo) verranno fuori. Fatto sta che la scuola, la stessa scuola d'architettura, grazie ad un sistema pi da superenalotto che educativo, ha soppiantato automi agli studenti, e lo dico a ragion veduta. Tengo un corso di Industrial design a Reggio Calabria (lo tengo nel tentativo di continuare ad imparare), e uno studente del terzo anno mi ha confessato che nei tre anni precedenti nessun docente gli ha chiesto di disegnare "a mano libera" con una penna su un foglio di carta bianco. Se devo giudicare i disegni che ho voluto far fare agli individui che ho avuto davanti la settimana scorsa, devo dire che il panorama desolante. Le idee hanno bisogno di tempo, e questo significa che devono decantare, affiorare e ricadere, riposarsi e ritrovarsi attorno ad uno scarabocchio. Ho detto loro, anche, che la prova del nove per il buon architetto, per quello che riesce a raccontare bene le cose che ha in testa, sta nel riuscire a raccontare il progetto che in quel momento sta facendo sulle tovagliette in carta delle pizzerie di borgata. E' il luogo pi pericoloso in assoluto, l la capacit di comunicare un'idea deve valere pi della capacit di impaginare una tavola o di articolare (esplodendo, reimplodendo ed esplodendo ancora) il progetto come se fosse una scoria radioattiva. Quando, per una serie di circostanze che ancora non mi spiego, sono stato anch'io studente di architettura, certi professori non consentivano (ma allora un vizio!) che le idee fossero pi forti delle forme esteriori, e dunque alcuni Maestri andavano cercati nelle pieghe della Storia (e il trucco era di andarsi a ricostruire architetture e progetti di quelli che il Giedion citava per necessit di cronaca o che il Rykwert sfiorava appena). Provate a farvi spiegare da qualche docente le strategie di progetto di un Mollino, di un Michelucci, di uno Scarpa, per citare alcuni nomi noti, per non parlare di Ricci, Savioli o altri. Le idee, quelle pi "pericolose", appartengono alle pieghe della storia e pochi, tanto per stare nel tema della copertina di Antithesi, formuleranno una ipotesi cosciente e concreta di quello che ha significato, dopo le teorizzazioni del Modulor, la cappella di Ronchamp per generazioni di architetti. Di questi pochi, solo qualcuno avr compreso a fondo il senso di ci che realmente aveva intenzione di "scrivere" Le Corbusier. Ma, e questo un dato riscontrabile, il caso Ronchamp non un esempio da seguire, almeno teoreticamente, perch contiene in s contraddizioni e incongruenze (questo quel che viene detto), mentre dall'altra parte, pur negando l'esempio di riferimento, le architetture virtuali bloboidali fanno da padrone. Da una parte l'idea (travisata) e dall'altra le pure forme (trasandate). Ora, per sostenere che le idee, che da qualche parte stanno, valgono pi delle forme e, politicamente, che l'insegnamento dell'architettura deve passare anche attraverso il non classificabile per accogliere appieno l'eredit di teoreti come Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Pagano, Eugenio Battisti, per dirne alcuni, che hanno sempre sostenuto il primato dell'idea sulle cose, bisogner, in qualche modo (e anche, perch no, dalle singole identit) riscrivere la propria storia presente a partire dalla lettura delle cose, dalla critica alle cose, dalla riconfigurazione di cose che si ritengono perdute, o soltanto smarrite. Ritengo inutili le crociate contro ci che ognuno legge come mulini a vento (ognuno ha i suoi), forse pi saggio (e Antonino lo sa!) credere nelle proprie capacit intuitive ed ermeneutiche, e cercarsi la strada da percorrere; Quella strada, a lungo andare, porta esattamente dove voi volete arrivare.
Tutti i commenti di Domenico Cogliandro
Commento 690 di Carlo Sarno del 10/03/2004
Al futuro giovane professionista invio questo brano di Gio Ponti :
AMATE L'ARCHITETTURA
Amare larchitettura amare il proprio Paese
Amate l'architettura, la antica, la moderna
Amate l'architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato - ha inventato - con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita
Amatela per le illusioni di grazia, di leggerezza, di forza, di serenit, di movimento che ha tratto dalla grave pietra, dalle dure strutture
Amatela per il suo silenzio, dove sta la sua voce, il suo canto, segreto e potente
Amatela per l'immensa gloriosa millenaria fatica umana che essa testimonia con le sue cattedrali, i suoi palazzi e le sue citt, le sue case, le sue rovine
Amate l'architettura antica e moderna: esse han composto assieme quel teatro che non chiude mai, gigantesco, patetico e leggendario, nel quale noi ci moviamo, personaggi-spettatori vivi e naturali in una scena al vero , inventata ma vera: dove si avvicendano giorno e notte, sole e luna, sereno e nuvole, vento e pioggia, tempesta e neve: dove ci sono vita e morte, splendore e miseria, bont e delitto, pace e guerra, creazione e distruzione, saggezza e follia, giovent e vecchiaia: l'architettura crea lo scenario della Storia, al vero, parla tutti i linguaggi
Amate l'architettura antica e moderna; esse han creato attorno a noi, nello scenario che hanno composto, la simultaneit delle epoche: ci han creato Venezia e New York
Amate l'architettura perch siete italiani, o perch siete in Italia; essa non una vocazione dei soli italiani, ma una vocazione degli italiani: l'Italia l'han fatta met Iddio e met gli Architetti: Iddio ha fatto pianure, colli, acque e cieli, ma i profili di cupole facciate cuspidi e torri e case, di quei colli e di quei piani, contro quei cieli, le case sulle rive che fanno leggiadre le acque dei laghi e dei fiumi e dei golfi in scenari famosi, son cose create dagli Architetti: a Venezia poi, Dio ha fatto solo acque e cielo, e senza intenzioni, e gli Architetti han fatto tutto
(rispose l'autista parigino di Tony Bouilhet, quando gli chiesi come trovava l'Italia: trs architecturale : vox populi)
Amate l'architettura per le gioie e le pene alle quali le sue mura, sacre all'amore ed al dolore, hanno dato protezione, per tutto quello che hanno ascoltato (se i muri potessero parlare!) ed hanno conservato in segreto: amatela per la vita che s' svolta in essa, per le gioie, i drammi, le tragedie, le follie, le speranze (questa forma di follia), le preghiere, le disperazioni (questa forma di lucidit), i delitti stessi che rendono sacro - amoris et doloris sacrum: come scritto sulla chiesa della Passione a Milano - ogni muro: muri, pieni di storia, di fatica, di vita e di morte, di poesia, di follia, di ricchezza e di miseria
Amate l'architettura per gli incantesimi che ha creato attorno a noi, attorno alla nostra vita; pensate ancora a Venezia, pensate alle enormi cattedrali, ai monumenti sublimi
Anche quelli che furon palazzi privati, se sono belli, appartengono a tutti perch appartengono alla cultura; la loro bellezza privata fu per l'eccezione, sogno o follia che li origin , fu per una volta soltanto di un uomo solo o di una famiglia sola, ma poi una socialit ritardata quella della Storia, l'ha consegnata a noi tutti: il monumentale cio l'opera che funziona sul piano perpetuo e disinteressato dell'arte e della gloria umana, sociale, i monumenti sono sociali: tutti varchiamo tutte le soglie dei monumenti; il pi povero dei veneziani dice da padrone il mio San Marco
ed entra: i palazzi che furono dei potenti, oggi sono le pareti del suo Canal Grande - non nobis Domine, non nobis, scritto sul palazzo Vendramin Calergi - e Venezia non nemmeno soltanto sua, di tutti, della civilt
Amate gli architetti antichi, abbiate fra essi i vostri prediletti io il Palladio, il Borromini; voi scrivete qui i nomi dei vostri
Amate l'architettura moderna, dividetene gli ideali e gli sforzi, la volont di chiarezza, di ordine, di semplicit, d'onest, di umanit, di profezia, di civilt
Amate l'architettura moderna, comprendetene la tensione verso una essenzialit, la tensione verso un connubio di tecnica e di fantasia, comprendetene i movimenti di cultura, d'arte e sociali ai quali essa partecipa; comprendetene la passione
Amatela nei grandi maestri d'oggi, in Le Corbusier, in Mies van der Rohe, in Gropius, in Nervi, leggete i loro libri, conoscetene le opere
L'architettura contemporanea ha i suoi vegliardi, Wright, e Van de Velde; ha i suoi grandi iniziatori e profeti scomparsi Loos, Perret; ha i suoi genii, Gaudi, Wright, Niemayer: ha i suoi artisti : Aalto, Neutra: ha i suoi capolavori
Amatela, l'architettura moderna, nei suoi giovani architetti d'ogni paese, valorosi ed entusiasti; nel suo grembo, con questi giovani, il futuro, cio il mistero delle infaticabili creazioni e delle speranze umane
Amate gli architetti moderni - non ci sono altri architetti per voi - ma siate duramente esigenti con essi: il modo vero di amarli, di operare con loro e per loro: richiamateli sempre alla loro responsabilit, alla purezza che anim ed anima i loro movimenti: essi non debbono seguitare gli stili del passato (sarebbe pi facile), ma debbono seguitare la nobilt che gli stili del passato ci dimostrano nell'incanto delle opere pi pure ( il difficile); essi debbono salvare quel che il passato ha fatto, perch appartiene alla loro arte, ed il loro blasone nella storia; essi debbono operare nella misura di quello che il passato ci ha dato, procedere con pari valore per non esserne indegni e per essere degni con la pi pura dedizione di ci che il futuro si aspetta da loro
Amate le meravigliose materie dell'architettura moderna: cemento, metallo, ceramica, cristallo, materie plastiche
Amate i buoni architetti moderni, siate tifosi dell'uno o dell'altro: associate il vostro nome alle loro opere che resteranno anche col vostro nome; e amateli esigentemente, senza indulgenza; e fateli operare
Esigete da loro case felici e perfette per confortare la vostra vita, con una architettura civilissima bella serena luminosa sonante chiara colorata e pura
Esigete che onorino il vostro lavoro, con civilissimi edifici per la vostra attivit
Esigete da loro scuole e istituti bellissimi civili luminosi per i vostri figli
Esigete da loro teatri e cinematografi stupendi per la vostra cultura e il vostro diletto, per il vostro bisogno quotidiano di favola
Esigete da loro stadi magnifici per i vostri giochi
essi devono fare biblioteche perfette per le vostre letture, perfette pinacoteche per la pittura, musei pieni di vita per lo specchio del passato, auditori meravigliosi per la musica (come a Gteborg quello di Nils Einar Eriksson)
Chiese protettrici della preghiera, della speranza e dell'affanno degli uomini; con forme purissime
Esigete da loro ambienti solenni e severi per elevare i pensieri ed i gesti della politica, questo dramma
Esigete edifici perfetti per governare l'ordine della civilt, per il Buon Governo
Essi devono fare felici giardini, pieni di immaginazione, come Burle Marx, e di amorosa confidenza con la natura
Essi devono fare ville incantevoli per le vostre vacanze
Alberghi incantevoli per i vostri viaggi: aeroporti e stazioni perfetti per le vostre partenze, per i vostri embarquement pour....
Essi debbono fare ospizi civilissimi (umanissimi) per la vostra stanchezza ed et
cliniche perfette per la vostra guarigione, e per onorare le nascite
essi devono fare anche reclusori civilissimi, per quelli di noi che son sventurati)
(essi debbono fare anche nobili cimiteri e nobili tombe)
Esigete da loro citt felici e civilissime
Esigete da loro , sempre , una architettura piena di simpatia umana , piena di immaginazione ...
dal libro di Gio Ponti , Amate l'Architettura , Societ editrice Vitali e Ghianda , Genova , 1957 .
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