Il mercato e l'ecologia
di Leandro A. Janni
- 5/2/2004
Forse non tutti si sono accorti che negli ultimi anni il mercato si subdolamente impadronito anche dellecologia. E che oggi, la tutela dellambiente, viene sempre pi percepita non come valore in s, ma come valore aggiunto del mercato.
In pochi anni la nostra scintillante societ mediatica, concepita e strutturata per formare consumatori e consenso, con unabile quanto rapida operazione culturale e politica, ha stravolto il passaggio importante e necessario dello sviluppo sostenibile. Lambiente, quindi, stato ridotto da valore fondamentale a semplice ed innocua patina, immagine consolatoria e seducente di cui servirsi per rafforzare i valori delleconomia di mercato. Emblematica, a tal riguardo, la recente campagna pubblicitaria delle Autostrade per lItalia quella con le carrozzelle blu e bianche che scorrono, silenziose e leggere, lungo le strade veloci e dasfalto del nostro Paese. Lambiente in cui viviamo non conta di per s, ma solo se e in quanto crea immediata occupazione, fa crescere i consumi e il mercato, aumenta l'ente supremo Pil.
Un esempio efficace di tutto questo viene dai rifiuti, dove ormai palesemente impera la scelta degli inceneritori (non senza ingegno comunicativo ribattezzati termovalorizzatori), capaci di produrre spesso solo sulla carta energia. Con gli inceneritori, limperativo categorico diventa consumare di pi e produrre pi rifiuti, dimenticando totalmente che, invece, il miglior rifiuto quello che non viene prodotto, e che se proprio non si pu evitare, occorre favorirne il riciclo e il riutilizzo come materia, lasciando lincenerimento come ultima scelta (vedi decreto Ronchi, del lontano 1997). In questo modo, da un lato si rimuovono i nodi fondamentali dello sviluppo, delle scelte produttive, degli stili di vita, e dallaltro si rientra perfettamente nelleconomia di mercato, nel consumismo pi ortodosso (e cieco).
Questa ecologia di mercato purtroppo ha influenzato e contagiato anche parte del mondo ambientalista. E cos, sempre pi spesso lambiente non un fine da perseguire, ma un mezzo per acquisire utili poltrone e inserirsi nel ricco, composito mercato contemporaneo.
Certamente oggi possibile dividere gli ambientalisti in due categorie: i fondamentalisti e i ragionevoli. I ragionevoli sono quelli che hanno adottato latteggiamento tattico di coniugare e contaminare lambiente con i valori economici dominanti (discretamente chiamati altre grandi questioni), con la conseguenza che la tutela dellambiente conta solo se sostenibile per il mercato, e non viceversa.
Nella suadente e scintillante societ mediatica, gli ambientalisti fondamentalisti pagano sempre un prezzo piuttosto alto per ci coraggiosamente, imprevedibilmente pensano e fanno.
(Leandro A. Janni
- 5/2/2004)
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