Gehry, Oldenburg e l'archiscultura
di Vilma Torselli
- 27/1/2004
Pochi architetti
hanno avuto come Gehry lonore delle cronache, dellattualit e finanche del gossip
(per la storia c tempo), come si conviene ad un personaggio che si fa amare
o odiare, con il potere di scatenare tra i suoi estimatori e detrattori un tifo
da stadio che di quello stesso ha i toni vivaci, la passionalit e talvolta lineleganza.
Su Gehry stato detto tutto, di pi, di troppo e, paradossalmente, si potrebbe, di quel tutto, dire anche il contrario. Si detto del significato demiurgico del suo gesto creativo, che magicamente compone la scissione tra invenzione formale e complessit tecnologica senza che nulla presupponga qualcosa di vergognoso o passatista in unarchitettura a forte componente tecnologica che sembri unarchitettura a forte componente tecnologica, si detto della sua vocazione assemblativa e della sua poetica del riciclo senza reali motivazioni a favore del perch il cheapscape debba essere culturalmente superiore alluso di materiali nuovi ed appositi, si detto della sua propensione al recupero di contesti degradati senza che nulla motivi la mancata scelta di aree idonee identificate appositamente come pi rappresentative nel tessuto urbano. ed infine si chiamato tutto ci nuovo espressionismo.
Definizione impegnativa, che soddisfa le aspettative degli estimatori e sollecita i detrattori a revisionarla alla luce di quanto, nel personaggio, c di modaiolo, trandy, glamour, parole dissacranti per tanto genio, ma credo che il genio, stagionato enfant terribile elevato a spiazzante icona della modernit, non le sgradisca.
Gehry infatti, prima di tutto, artista, e come tale votato ad un esibizionismo egocentrico che lo porta a rispecchiarsi nelle sue opere con compiaciuto narcisismo. Colto e non sprovveduto, pesca nel repertorio del 900 tra i ready-made di Duchamp, gli scarti del Nouveau Ralisme, le rivisitazioni del New Dada, le surreali ovviet della Pop Art, il dinamismo lineare del Futurismo, lassemblage di Rauschenberg ed il suo ironico recupero celebrativo del rifiuto, senza dimenticarsi della tensione strutturale delle opere di Richard Serra, del monumentale minimalismo dei rottami ferrosi di Anthony Caro e della sua attenzione ai rapporti con lintorno, n, soprattutto di Claes Oldenburg, collega ed amico con il quale realizza il Chiat-Day-Mojo a Venice, nell 88 .
Il concetto di unarte in funzione sociale, unarte-architettura che saldi il rapporto tra individuo e collettivit, tra privato e pubblico, con riferimento costante all'intercomunicazione tra arte visiva e realizzazione architettonica, rintracciabile infatti nei large-scale projects di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, sculture monumentali in scala architettonica o architetture incongrue in chiave scultorea in dialogo serrato ed in rapporto esplicito col paesaggio urbano, per citare Germano Celant, convergenza di una costruzione, scultura ed evento, monumento o architettura (pare attribuibile ad Oldenburg la frase "un edificio si distingue da una statua solo perch all'interno ci sono i gabinetti.")
Il rapporto con la coppia Oldenburg- van Bruggen e con la loro idea di archiscultura si rivela, a mio avviso, determinante.
Da scultore, Gehry pone la ricerca plastica alla base del suo operare come architetto, con una costante attenzione allaspetto oggettuale dellarchitettura: le sue opere sono prima di tutto oggetti fortemente significativi liberati dalla tirannia delliconicit, forme amebiche modellate in formato gigantesco, secondo una macroscopica scala urbana, che dal sovradimensionamento acquisiscono autorevolezza e peculiarit. Il riscatto dalloggettualit intesa come immobilit e staticit avviene grazie al gesto inventivo dellactionarchitecture, che recupera lunica forma espressiva autenticamente americana, lespressionismo astratto dellaction painting, in grado di estrinsecare in modo dirompente le tensioni interne sia dellanima che della materia.
Per richiamare un esempio che ha fatto scalpore, ci accade nel Guggenheim Museum di Bilbao, dove il visitatore esposto ad una overdose emozionale al limite della sindrome stendhaliana, risucchiato in un vortice espressionista che contamina alla base le modalit dellesperienza estetica dellopera darte, alterata e snaturata nei suoi esiti espressivi da una struttura che prepotentemente la prevarica.
E come il Guggenheim, ogni realizzazione di Gehry un evento non solo architettonico,
ma soprattutto mediatico attorno al quale si coagulano consensi e dissensi, consolidando
la popolarit di uno dei pi discussi architetti moderni.
Che non pare preoccuparsene pi di tanto, pago dellaffermazione di quellirriducibile soggettivismo ontologico che percorre tutta la sua opera, prodotto di una individuale libert creativa che al tempo stesso la caratterizza nella sua precariet umana, consegnandola al tempo ed alla sua azione dissolutrice.
(Vilma Torselli
- 27/1/2004)
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Commento 10812 di Franco Galardi del 28/10/2011
Ricordo: all'esame di plastica ornamentale, facolt di architettura di Firenze, non seppero commentare un mio progetto, pur dandomi il massimo dei voti, spesso mi sono chiesto la motivazione del progetto, a cavallo tra scultura e architettura ed oggi riesco a definirlo ed a capirne il senso pi profondo con la parola, archiscultura. (credo che aprir un sito dedicato a queste mie opere e lo chiamer "arksculpture")
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