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Commento 248 di enricogbotta del 26/12/2002


Paolo Ferrara scrive:
"Di contro, antiTHeSi s'imegna sin da ora a seguire da vicino la didattica del Master, chiedendo a tutti i docenti coinvolti di potere pubblicare gli estratti delle lezioni che terranno nel suo ambito, mettendole a disposizione di tutti."
Beh una proposta senz'altro provocatoria... ma non credo che sarebbe molto corretto nei confronti di quegli studenti che pagando renderebbero il master possibile (visto che da quello che dicono gli organizzatori nessuno ci guadagnerebbe niente da questa iniziativa).
Non sarebbe una cosa giusta insomma. Chi ritiene i contenuti del master di suo interesse e' giusto che si iscriva e paghi il dovuto, non ci vedrei nulla di sbagliato o deplorevole. anche riguardo alle borse di studio non sono per nulla integralista. La scelta di avere o meno borse di studio per "meritevoli" e' una scelta che spetta agli organizzatori e non e' dovuta in nessun caso.
"E se non sar possibile mettere on line le lezioni,[...] "
e ovviamente non sara' possibile, ci mancherebbe altro...
"Successivamente, sempre secondo la volont dei singoli, chiederemo ai tirocinanti presso i vari Studi Professionali, di relazionare i lettori di antiTHeSi sullo svolgimento del tirocinio, di darci le loro impressioni, e come e quanto ne saranno soddisfatti"
Questo mi sembra senz'altro un'idea interessante e spero che verra' realizzata.
Vorrei dire anche due parole sulla discussione sul digitale che antithesi sta promuovendo. L'architettura digitale, come la definizione indefinita (che finora solo Furio Barzon ha azzardato, gli va dato atto del suo coraggio) chiaramente dimostra, non esiste, e' solo uno slogan senza articolazione.
Diro' di piu', il digitale appartiene ad un paradigma vecchio. "Being digital" di Negroponte e' stato ampliamente responsabile di "depistaggi" sul digitale (certo non ad opera dell'autore ma da chi l'ha letto in modo superficiale o opportunistico).
Se ci limiatiamo a cio' che digitale veramente significa ci accorgiamo che esso descrive un sistema di rappresentazione astratta dell'informazione limitato all'alternaza di stati 0 e 1. I processi di computazione digitale (cioe' il modo in cui lavorano i processori attualmente presenti nei nostri computer) sono necessariamente lineari.
La computazione parallela (cioe' molto semplicemente il fatto che gli stati di 0 e 1 non si escludano a vicenda) e' praticamente il contario del digitale e forse postula un modo di pensare piu' interessante per gli architetti. Se ci si limita alle manifestazioni macroscopiche come internet, o le tecnologie svillupate per i software 3D o quant'altro Furio indica come stigma del pensiero digitale, beh si manca il bersaglio e si rischia di fare molta confusione.
L'ultima osservazione riguarda il ricorso all'idea di zeitgeist per dimostrare come "l'aggiornamento" dell'architettura al paradigma digitale (che ripeto, non esiste) sia assolutamente necessario e' una cosa che non regge. E per di piu' e' uno dei cavalli di battaglia storici del movimento moderno e di tutte le sue filiazioni che lo hanno seguito (tranne il PoMo), anche se nessuno via ha fatto ricorso in modo cosi' acritico come invece succede oggi.
Non regge perche' 1. bisognerebbe sapere quale sia "lo spirito del tempo" di un certo tempo; 2. bisogenrebbe che questa interpretazione fosse condivisa; 3. bisogenrebbe che fosse condivisa l'idea che esiste un scollamento tra l'architettura e "lo spirito del tempo" come esso e' stato interpretato; 4. bisogenrebbe che si fosse d'accordo che questo scollamento, se esiste, costituisca un problema; 5. Bisognerebbe che si fosse d'accordo sul fatto che colmare la distanza tra l'architettura e il suo tempo sia la soluzione ai problemi che si cerca di risolvere.
Visto che non sussiste nessuna delle condizioni sopraelencate non vedo come si possa avanzare la pretesa che rifarsi allo zeitgeist costitutisca una "scusa" sufficientemente forte per sostenere la necessita' di sostenere digitale...

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