Le due facce di Roma - Massenzio vs Hani Rashid
di Vincenzo De Gennaro
- 29/11/2001
Per iniziativa sinergica di pi soggetti
tra cui inarch-lazio, Ordine e Acer, si sono tenuti in questi
giorni a Roma alcuni incontri sul tema del digitale. Sono stati
invitati a conferire alcuni tra i talenti pi interessanti della
giovane architettura internazionale. Luned 19 novembre abbiamo
avuto modo di ascoltare Stephen Perrella, il 20 Hani Rashid e il
26 Winka Dubbeldam.
Non da ultimo va segnalato lincontro-premiazione del
concorso Il Museo Virtuale promosso da
Newitalianblood e tenutosi sempre presso la sala dellAcer.
Tutte iniziative che si muovono nellambito di un ampio
programma di vivacizzazione che con lodevole sforzo si sta
portando avanti da due o tre anni e che auspica fare di Roma uno
dei poli del dibattito architettonico internazionale.
Sul merito non spetta a me tracciare, non ne sarei capace, utili
linee significative di quanto sta avvenendo in questa citt.
Mi sia consentito per esprimere un apprezzamento per le
bacchettate di Achille Bonito Oliva che in occasione del premio
son piovute addosso a quella che lui definisce una
brutta categoria: gli architetti. Perch occorre
felicitarsi finch esister qualcuno che abbia luce negli occhi
e voce per farlo. Fintantoch ne persisteranno le ragioni!
E, con il convegno su Zevi alle porte, il pensiero corre veloce a
chi di ragioni ne ha avute tante.
Ma a me tocca forse parlare di unaltra cosa parallela. Di
cose meno virtuali e di cui si ha meno notizia, cose rifuggite, e
che poi, alla fine, fanno il quotidiano. La realt.
Parallela perch avviene sempre a Roma, e nello stesso giorno in
cui, per udire Hani Rashid, noi, studenti-architetti, tappezziamo
le pareti e il pavimento con i nostri corpi. Tanto laffollamento.
Un convegno serioso, interdisciplinare, innovativo, dal titolo
La Basilica di Massenzio che, prendendo a spunto il
monumento tenta di fare il punto su metodi e applicazioni
concrete delle nuove tecnologie nella dialettica con le
preesistenze della citt reale.
Anche lambiente ne amplifica limportanza. Aula del
chiostro, facolt di Ingegneria.
C la Soprintendenza in folta squadra, c il
CISTeC, c lUniversit di Ancona, di Berlino, di
Bochum, c il mondo del lavoro specialistico. Ma non c
un solo studente romano di Architettura.
Eppure stato pubblicizzato anche da noi. Forse son cose che
non interessano noi altri, la nostra specie. Il
nostro forse un compito troppo alto e sublime per
occuparsi della vita di tutti i giorni, dei problemucci della
gente, della citt materiale. A noi spetta il museo, il centro
polifunzionale, la villa del miliardario. Al geometra la casetta
delloperaio, se non abusivo. Il resto allingegnere,
il tappabuchi, oltre che ortopedico dei nostri scalmanati
progetti.
Certo dallottocento cambiata molto questa figura! Guai
pensare ancora allo spirito della macchina da abitare! Oggi a noi
interessa solo la virtual house.
Forse sto esagerando nella polemica ma fa rabbia pensare al modo
con cui si approcciano giovani leve a questi nuovi strumenti,
capaci di potenzialit straordinarie ma che divengono fatalmente
fuorvianti se non se ne colgono i confini. Dolente ancora lo
scotto di avanguardie rimaste con un pugno di mosche. Quando la
storia si ripete e gli errori ritornano.
Intanto gli ingegneri trottano. Cavalcano le nuove tecnologie,
con una modestia che li porta sempre pi lontani, sempre pi
avanti. Sghignazzanti al pensiero di attendere al varco gli
architetti malati di virtuale.
Allora il momento di riflettere, di infondere quelle qualit
di cui, s, questa categoria pu esser garante.
Le nostre motivazioni epocali hanno necessit prioritaria di
ricercare nuove reali risposte progettuali.
Per non rimanere nel solito vacuo dire mi viene in mente intanto
qualche proposta, non so, per esempio:
Uscire dalla ristrettezza delle avanguardie digitali fossilizzate
nella pura ricerca della forma, affrontando i veri problemi di
una societ di massa e multietnica
- Elaborare una sorta di statuto polivalente atto a definire concetti base suscettibili di larga condivisione. Una matrice comune, un telaio di Leonardo in cui relazionare le molteplici diversit, espressioni del nuovo Zeitgeist
- Superare il dualismo progresso tecnologico- tradizione che ha caratterizzato tutto il moderno e contemporaneo attraverso gli strumenti dellinformatica che pu e deve essere impiegata in una direzione di compatibilit, di dialogo tra molteplicit e contraddizioni. Informatica che pu rendere possibile il dialogo tra la grande metropoli, la piccola comunit e lindividuo. Lo stesso contrasto tra nuovi materiali e tecnologie e vecchi metodi artigianali superabile con essa. Penso al caso di Sendai dove si torna allartigianato per realizzare un simbolo del supertecnologico, la mediateca.
- E il momento di ripensare alla casa rossa di Morris.
Linformatica oggi ci consente di controllare quella complessit che scaturisce dal dialogo, finora fallito, tra contesto-storia-tradizione e modernit.
Se non vogliamo che la sfida tra Massenzio e gli Hani Rashid sia persa in partenza occorre una fase di riflessione profonda di cui non solo Roma ha bisogno.
(Vincenzo De Gennaro - 29/11/2001)
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Commento 26 di Luigi Centola del 09/12/2001
mi complimento per l'acuto articolo di cui condivido in pieno i contenuti e le osservazioni.
Tutti i commenti di Luigi Centola
Commento 27 di Antonino Saggio del 10/12/2001
Leggo questo articolo lontano dalla scena romana di questo autunno e ne apprezzo la carica informativa unita a commenti personali ma anche da molti condivisibili.
un grazie alla testata e all'autore
Tutti i commenti di Antonino Saggio
Commento 100 di Giuseppe Vele del 25/04/2002
Hai perfettamente ragione.
Basta solo pensare che oggi ,un semplice "interruttore" pu frantumare i "sogni -fasulli " di milioni di persone.
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