22 commenti di irma Cipriano
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825
di Irma Cipriano
del 08/11/2004
relativo all'articolo
Sette, mille, diecimila invarianti: alla IX Bienna
di
Paolo G.L. Ferrara
In risposta a Isabel Archer
Sarebbe grave se la Biennale fosse un po' pi seria di quello che .
Da una gestione che accomuna Rossi a Stirling e Eisenman a Ghery senza dare spiegazioni di senso e ,con le poche date, infilandoci anche errori di scrittura, cosa ci si possa aspettare non facile a dirsi. Non ricordo di aver visto mai una biennale coerente e ben strutturata, e soprattutto dotata di un minimo di spirito critico negli ultimi anni.
La biennale va presa per quello che , un resoconto di alcuni dei progetti pi " in vista" del tempo. Di buone architetture se ne vedono per fortuna.
La critica e la riflessione, purtroppo, toccano ai singoli individui che la visitano. Come sempre stato. Attendiamo il tempo di un direttore che cambi un po' l'istituzione. Ma credo che nell'attesa far in tempo a invecchiare.
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822
di Irma cipriano
del 04/11/2004
relativo all'articolo
Sette, mille, diecimila invarianti: alla IX Bienna
di
Paolo G.L. Ferrara
A Beniamino Rocca
Volevo ringraziarla per l'analisi che ha fatto sull'ultima biennale. Perch non solo fa capire quanto questa sia acritica sotto la guida di Foster ( ma anche gli altri direttori non sono stati da meno.. ). Ma perch ci fa anche comprendere che comunque, anche se circondati da inutili e ambigue installazioni, da alcune architetture francamente improponibili nel 2000 e da cattedratici che non aggiungono nulla alla disciplina, se non la rafforzata convizione che per loro l'unica cosa che importa esserci comunque e nonostante tutto, anche nel modo pi mediocre possibile ,l'Architettura pi forte. Perch i progetti migliori vengono sempre subito notati, e le schifezze comunque riconosciute come tali. E per fortuna alla fine sono la minoranza. Dalla biennale in s, non ci si dovrebbe mai aspettare molto, essendo diventata oramai un'istituzione falsa come i Telegatti, ma andandoci si ha nonostante tutto la sensazione che l'architettura, se non proprio scoppia di salute, almeno non poi cos malaticcia. L'Italia non fa una gran bella figura, questo vero, ma si sa che sono sempre i soliti che vengono chiamati, che coincidono poi coi mediocri ma famosi ( anche se ci si continua a chiedere perch.) Si costruiscono ancora architetture meravigliose. "Ho visto rendering di progetti e di cose in costruzione ancor pi stupefacenti di quelli realizzati, dunque, se davvero l'architettura esprime civilt, l'avvenire sar migliore. Per tutti, spero. "
Queste le Sue parole. Le condivido. E, come Lei, non posso che sperare anch'io.
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787
di Irma Cipriano
del 24/09/2004
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Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
A parte che il fare un paragone tra architettura moderna e nouvelle cuisine - e gi, si scrive cos - fa un po' ridere, mi pare che Lei abbia fatto di tutto un minestrone (per rimanere sulla cucina tradizionale, cos Lei pi contento).
Comunque il ritratto finale da Lei tracciato sostanzialmente questo: architettura moderna uguale fallimento, architettura tradizionale (vorrei da Lei una definizione di architettura tradizionale, per cortesia, l'ho cercata sul Pevsner-FLeming e non l'ho trovata!) uguale vittoria totale sul campo sempre vincente dell'uomo comune che vive, si sa, di ideali peggio di quelli del Mulino Bianco. ( ! )
Fino a quando continueremo a raccontare la favola che la gente vuole le case con le colonne e gli archi e magari il mattone a vista finto rovinato? Diciamo che la gente vuole questo perch architetti ignoranti e privi di inventiva l'unica cosa che san loro proporre. Che la gente voglia determinate cose, e che quindi il nuovo fallisce sempre, ci che dicono di solito i dittatori o i conservatori della peggior specie, che temono sempre l'arrivo di qualcuno pronto a togliere loro il pezzetto di potere che hanno ottenuto lisciando il pelo a chi di dovere.
Anche se poi fosse davvero cos, ha senso scusi continuare a costruire schifezze? Siccome la gente vuole Veline e Grande Fratello diamo loro solo ed esclusivamente Veline e Grande Fratello? E gli altri? Gli altri snob che non se li vogliono cibare ( ! ), si arrangino. La sera invece che guardare la tiv, se ne vadano in quei covi da carbonari che sono i ristoranti di cucina "destrutturata". E che ci si strozzino.
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784
di Irma Cipriano
del 22/09/2004
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Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Purtroppo anche coloro i quali decidono di muoversi dal proprio paese per approdare alla facolt di architettura scoprono prestissimo di avere di fronte un muro di cemento armato: costituito da docenti retrogradi; esami obbligatori inutili; esami che dovrebbero essere necessari e invece sono rilegati se va bene a opzionali, quando non sono del tutto assenti. Anche qui le curve non esistono, non funzionano, non servono. Anche qui estro e fantasia sono parolacce da ignoranti che non hanno capito che l'architettura serve, va usata, non deve essere un capriccio; dove si pensa ai numeri, cio alla massima cubatura sfruttabile, e non a cosa pu significare un progetto; dove lo studente stesso un numero, non ha personalit, e deve progettare in base a quello che vuole il docente ( o non lui il tuo commmittente??) Se l'ingegnere edile esce dalla sua facolt pieno di frustrazioni ed ideali inespressi o accartocciati, lo stesso per chi esce dalla "artistica" e "vera" facolt di architettura. Solo che l'inganno e la delusione sono stati ancora maggiori.
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783
di Irma Cipriano
del 22/09/2004
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
In risposta a Pacciani e Buora.
Si dice che tutti abitano e vivono le citt e le architetture. E che quindi, usufruendone, hanno diritto a parlarne. Vero e giusto. Come si ha diritto allora di parlare di gastronomia, di moda, di arte, di letteratura. Perch tutti, fino a prova contraria, mangiano, si vestono, leggono e hanno gli occhi per vedere. Certo , che se io non ho alcuna competenza in arte o in gastronomia, cerco di evitare di scriverne un articolo su un giornale. E' questione di saper capire i propri limiti e, quindi, di buon senso. Tra amici, ad esempio, capita spesso di parlare di cose di cui un po' si capisce, anche se non sono pane quotidiano, ma mai si avrebbe la presunzione di scrivere un'articolo su Bobbio sulla " Rivista di filosofia ". O di insegnare ad un grande chef come si cucina un piatto anche se a mala pena si sa fare un uovo in padella. Il diritto di critica sacrosanto, ma o viene accompagnato da conoscenze e competenze oppure da molta umilt e percezione dei propri limiti. Purtroppo la presunzione e la saccenza non sono amiche del buon senso. Che dovrebbe far anche capire quando da una discussione meglio ritirarsi.
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715
di Irma Cipriano
del 11/04/2004
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La Fenice, com'era e dov'era
di
Luigi Prestinenza Puglisi
In risposta a Luigi Prestinenza Puglisi.
Grazie per la risposta.
Trovo un po' avvilente le opzioni da Lei date, che riassumerei: far morire l'opera;darla in mano ad un contemporaneo che la rovini; restituire il moribondo ai propri cari e che se lo gestiscano loro fino al momento del declino. Vede, io credo non si debba arrivare n alla prima, n all'ultima ipotesi. Come, d'altra parte, sono convinta che non esistano foto, riproduzioni in Cad e sottrazioni da mandare in qualche museo che possano in nessun modo sostituire la visone di un'opera architettonica e il poterla vivere in prima persona. Quello che sarebbe necessario fare il poter permettere che questa continui a vivere fino a che sia possibile, con le opere di manutenzione necessarie e le pi varie. Ma che essa viva in maniera dignitosa, cio nel modo pi veritiero e vicino a quello che il suo essere, che non vuol dire per rifarne i pezzi come erano prima . Vuol dire riuscire ad interpretare un'opera nella nostra modernit. Purtroppo un'operazione che non sempre riesce, ma la scommessa che si pu e si deve fare. Se questa scommessa viene persa, si prende atto delle conseguenze. Che operazione da farsi in ogni cosa che facciamo, anche al di l dell'essere in campo architettonico. Niente mai uguale, nel mondo, a quello che stato al momento della sua nascita. Da quando una cosa viene creata ,in poi, sempre diversa. Perch non dovrebbe esserlo l'architettura?
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712
di Irma Cipriano
del 07/04/2004
relativo all'articolo
La Fenice, com'era e dov'era
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Risposta a Luigi Prestinenza Puglisi
La ringrazio per le chiarificazioni, molto puntuali e -appunto- di pi chiara lettura.
Non sono d'accordo con lei quando afferma che il plastico 1:1 del padiglione di Barcellona ad opera di Mies sia cosa ben congegnata. Non tanto dal punto di vista estetico e di mera produzione tecnica ( sar indubbiamente molto ben fatto a livello materiale ), quanto come concetto in s, perch diviene monumento alla memoria, cosa che non so se lo stesso Mies avrebbe voluto. Sono sempre stata convinta che quando si perdono delle architetture, in maniera pi o meno rimediabile, si debba riuscire ad accettare la cosa, a " rielaborare il lutto ". Se queste sono recuperabili, bene non lasciarle morire ( senza riprodurne per gli arti mancanti ). Ma se sono morte, inutile l'accanimento terapeutico.
Non capisco perch non si debba falsificare un centro storico ma una singola architettura si. Se il centro storico ha una sua vita ininterrotta ci pu valere anche per la singola architettura, se ad essa viene data una manutenzione continua e intelligente. Ci deve valere quindi sia per il singolo che per l'insieme. Dopo tutto non sono anche le singole architetture che fanno il centro storico? Anche una solo architettura falsificata pu fare presepe.
Per concludere, sono assolutamente d'accordo con l'immissione del moderno nell'antico -ovviamente senza falsit- producendo quindi architettura moderna e non antichit modernizzate. Per questo, riprodurre una qualche architettura, che sia la Fenice o il Padiglione di Mies, un atto, a mio avviso, di incoscienza. Secondo me, sfiora lo sberleffo. Forse non sar bella come il padiglione di Mies ( ma di certo pi della Fenice..! ), ma l'idea che mi possano imbalsamare mi f un po' orrore e mi sa di presa in giro. Un po' come il povero Lenin nella teca da lei citato.
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708
di Irma Cipriano
del 05/04/2004
relativo all'articolo
La Fenice, com'era e dov'era
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Io trovo sia paradossale mettere a confronto un plastico di una architettura con l'architettura "vera", quella che poi viene creata. L'architettura simulazione quando questa disegnata e modellata dall'uomo a livello teorico, quindi. Ma poi essa viene prodotta nella realt, e non pu essere solo momento conoscitivo, perch bisogna viverla, con onost e senza l'imbroglio di una copia. La scusa del momento conoscitivo vecchia come il mondo, e viene utilizzata spesso per nascondere la mistificazione che stata fatta nei confronti di un edificio e dell'uomo che ne il fruitore. Se si voleva far conoscere la Fenice per quello che stata, il comune di Venezia poteva mettersi d' accordo con la De Agostini e pubblicare un fascicolo con tanto di modellino da costruire tipo Hobby and Work.
Perch si debbano usare strumenti dell'inganno in questi termini? Perch dobbiamo continuare a ingannare ed essere ingannati? Non ne capisco sinceramente il vantaggio, sia pratico che teorico. Il restauro della Fenice stato quindi proprio in questi termini, tutto fuorch onesto.
Venezia si sarebbe arricchita con un nuovo teatro. Allora evitiamo di falsificare le carte dicendo che in molti casi il dov'era e com'era l'unica soluzione e che non si contro la riproduzione totale delle opere del passato! Cosa ci si vuole dire, che l'unico errore fatto nel teatro veneziano quello di essersi inventate alcune parti poich non si avevano fonti sufficienti? E' questa l'onest? Ed questo l'unico errore?
Per concludere vorrei far notare che mi pare in contraddizione dire che '" 'molte volte le architetture sono sbagliate e accettarle come erano e dove erano un errore', concetto discutibile e paradossale " e poco prima affermare " Il teatro veneziano Non era un granch e, se si fosse perduto, la nostra civilt non ne avrebbe risentito, quindi necessario, a monte, scegliere tra ci che va salvato e tramandato, e ci che non lo merita o comunque che rappresenterebbe una perdita ininfluente (Serve un giudizio cio una assunzione di responsabilit e un riconoscimento di valore).
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706
di Irma Cipriano
del 05/04/2004
relativo all'articolo
La Fenice, com'era e dov'era
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Leggendo larticolo di Luigi Prestinenza Puglisi si rimane, ad ogni riga che avanza, sempre pi stupiti. Da ci che scrive non si capisce veramente da che parte stia. Dalla parte di quelli che hanno compiuto il misfatto o da quella di "...noi poveri architetti a cui non resta che qualche amara considerazione"? Ma lui dice che non siamo contro la riproduzione di opere del passato, visto che vogliamo la simulazione come strumento conoscitivo, dandogli un significato "pi vero del vero". Ma quando mai un falso (cos come lo chiama anche lui) pi vero del vero? Non lo pu essere mai, una contraddizione in termini autentica (questa lo senzaltro, autentica...).
Il mistero pare svelato quando ammette che ci sono dei casi in cui non si pu fare altrimenti, senn va persa la conoscenza del passato. Io credo che la conoscenza del passato in verit non venga mai persa, anche se di un edificio non ne resta quasi pi niente. Cos dovrebbe essere grazie al lavoro dellarchitetto se affrontato con cognizione di causa.
Se per si afferma che il padiglione di Mies a Barcellona stato ricostruito con buoni risultati e poi si dice che ci in verit non avviene perch non viene sciolto lequivoco (probabilmente quello dellinterpretazione e della ricostruzione) allora cominciamo a nutrire seri dubbi sulla logicit delle affermazioni. Ci incasiniamo ancora di pi quando larchitetto ci dice che purtroppo in Italia di riproduzione del passato a fini didattici se ne fa sostanzialmente poca. Allora si rende complice di coloro che perpetuano il misfatto prima citato, cio linganno ai contemporanei e ai posteri. Se La riproduzione tale e quale diciamolo chiaramente- in certi casi lunica soluzione allora capiamo che avevamo fatto i conti giusti. Prestinenza Puglisi vuole il falso come monito educativo. Vuole il suo tanto vituperato Lenin imbalsamato e messo in teca di vetro (alla Fenice manca solo la teca...). Fantastico! Come non averci pensato prima? Il problema delle bugie che la Fenice ci racconta pu essere risolto avvertendo il visitatore o il passante che quello che sta vedendo un falso di pessimo gusto che abbiamo creato perch questi non si possa pascere nellignoranza pi completa! La soluzione sta tutta nel mettere una targa allingresso o nelle prossimit delledificio in questione dove viene spiegata per filo e per segno la malefatta compiuta. E noi che stiamo qui a discutere sul senso della storia, del vero, dellarchitettura che non deve mai essere imbroglio e mistificazione...! Non sapevamo che per insegnare a non commettere atti di violenza il metodo pi efficace fosse quello subito dal protagonista di Arancia Meccanica, costretto a guardare le pi indicibili torture! O almeno lo conoscevamo ma stupidamente lo ritenevamo inefficace e aberrante. Se Falsificare pu essere necessario come le signore (o i signori...) che si fanno il lifting da lui citati, pensiamo un po al perch debba essere necessario rendersi ridicoli in questo modo, senza accettare la realt. Ovvio che lidea del monumento che dura in eterno non ha senso ed puramente metaforica ma se cos , cade immediatamente il concetto del lifting e del falsificare che lui stesso ha prima espresso. Perch restauro e manutenzione non possono equivalere ad un lifting, non devono assolutamente. Se riduciamo il restauro architettonico ad un intervento di chirurgia plastica forse abbiamo sbagliato mestiere e dovevamo fare i medici.
Siamo forse un po delusi da queste posizioni, ma almeno abbiamo capito da che parte sta colui che scrive. Quando arriviamo verso la fine dellarticolo per, incappiamo in frasi quali Il dove era e il come era, spesso vuol dire solamente mettersi in mano a mummificatori dilettanti , [...] gli oggetti devono essere usati e non si vede perch debbano essere accettati come erano e dove erano e Ma la Serenissima non ama larchitettura contemporanea e in tempi diversi ha rifiutato di ospitare un buon progetto di Le Corbusier e un magnifico palazzo di Wright sul Canal Grande. Cosa si pu augurare ad una citt cos sprecona, che si ammanta di storia ma non ha saputo sfruttare due splendide occasioni che la storia le ha offerto? Nulla solo che non continui a farsi del male con le sue stesse mani, tra gli applausi dei conservatori che credono di stare nel mondo reale e invece stanno costruendosi, pervicacemente e da soli, il da loro tanto paventato mondo di Matrix.
Allora ci diciamo che neanche chi scrive ama larchitettura contemporanea se difende la Fenice e i "restauri educativi", e fa la posa esattamente con quelli che plaudono e vogliono vivere in una matrice.
Allora, ancora pi confusi di prima, lasciamo perdere e speriamo che i dubbi sollevati ci vengano al pi presto chiariti.
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700
di Irma Cipriano
del 21/03/2004
relativo all'articolo
Belli e/o brutti (milanesi)
di
Maurizio De Caro
Non credo che rischiare, sperimentare, in sostanza creare il nuovo e il moderno possa essere solo esclusiva di architetti vanesi e autoreferenziali. Se cos lo erano molti geni dell'architettura. Il metodo non centra.. ma poi cosa vuol dire metodo? Il progettare secondo codici pi o meno classici? O bisogna cambiare metodo eliminando gli abusi e i comodi di architetti legati pi al soldo e alle "conoscenze di palazzo" che a creare qualcosa di valido?
Credo che questo basterebbe senza scomodare il futurismo, che non mi risulta abbia insegnato che la bellezza solo del passato. E' visione distorta e ingannevole. Purtroppo molto comune. E anche da questo si vede che invece Milano ha completamente dimenticato l'insegnamento futurista. Perch costruire musei alla memoria e cittadelle della cultura tempo sprecato e volont puramente conservatrice se non si fatti propri gli insegnamenti e i messaggi che questa ha voluto dare. E' sempre molto facile fare delle lapidi alla memoria, portarci per qualche giorno i fiori e poi non ricordarsene pi.
Dove stanno gli esempi che ci dicono che Milano ha interiorizzato gli insegnamenti delle avanguardie?
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666
di Irma Cipriano
del 16/02/2004
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Tradimento e tradizione
di
Vilma Torselli
IN RISPOSTA A VILMA TORSELLI.
Innanzitutto vorrei chiarire che il discorso direttamente sfociato in un ambito prettamente linguistico e filosofico. Si parla dunque di Interpretazione e quindi di Ermeneutica. Credo che le cose stiano pi o meno cos. Se discutiamo di Traduzione penso per prima cosa che non si possa parlare assolutamente di Falso bens al massimo di Tradimento, cosa del tutto differente. Ma il tradimento insito in ogni cosa che facciamo allora, perch non potremo mai essere altro da noi stessi.
Lilluminismo aveva dichiarato che in claris non fit interpretatio, ovvero le cose sono normalmente comprensibili e latto di Interpretare avviene solo quando si di fronte a qualcosa di oscuro. Ma viene da s che oramai questInterpretazione oramai obsoleta nella nostra cultura. Di fatti Schleiermacher , partendo da un contesto prettamente antropologico e difficilmente non condivisibile, affermava che Gli altri sono essenzialmente un mistero per me, di modo che ogni loro espressione, non solo quella consegnata allo scritto, ma altres ogni comunicazione orale dotata di significato, pu essere fraintesa. Questo avviene tra persone di stessa lingua e, pi o meno, cultura. Figuriamoci quando si comunica e si produce pensiero tra lingue diverse e culture differenti!
Da questo, come dir poi Dilthey, viene che ogni comprendere sia interpretare.
Ma Interpretare significa per noi, oggi, intendere il senso e non di gi esprimerlo. Il linguaggio trascendentale, che piaccia o meno. Ci non vuol assolutamente significare che una parola, o meglio un sinonimo valga per un altro, anzi. Ma se teniamo conto della difficolt a Interpretarsi anche tra esseri che parlano la medesima lingua.! Il traduttore lunico mezzo che abbiamo per poter avvicinarci a ci che altro da noi e che non possiamo comprendere. Inoltre cosa non da poco se pensiamo che in moltissimi casi autore e traduttore lavorano insieme quando c da trasporre unopera in altra lingua. Ci ovviamente non avviene se lautore morto anni prima che avvenisse latto della traduzione. In questo caso vorrei citarLe uno scritto di Umberto Eco riguardo la Traduzione, scritto quando il suo editore aveva a lui proposto di tradurre il Montecristo di Dumas: .. Dumas non era forse autore che lavorava in collaborazione? E perch no, allora, in collaborazione con un proprio traduttore di cento anni dopo? Dumas non era forse un artigiano pronto a modificare il suo prodotto secondo le esigenze del mercato? E se il mercato gli chiedesse ora una storia pi asciutta, non sarebbe il primo ad utilizzare tagli, accorciature ellissi? Il traduttore pu snellire, aiutare il lettore a seguire pi velocemente le vicende, quando per istinto avverte che la lungaggine, il giro di parole, non hanno alcuna funzione n trattengono alcun profumo dal tempo. [] Non si tratta di guadagnare spazio, ma di rendere la lettura pi agile, di saltare di fatto quello che il lettore automaticamente salta con locchio. E in questo si aiutati non solo da ridondanze che il francese impone e litaliano evita, talora come regola e spesso come norma ( per esempio molti soggetti, e i possessivi), ma anche dal fatto che certe espressioni cerimoniali, consuete e nella lingua e negli usi della societ francese dellepoca devono sparire nellitaliano proprio per ragioni di fedelt allo spirito del testo. Tanto per fare un esempio, un ringraziamento in un dialogo tra due persone di bassa condizione suona in francese come merci monsieur, ma in italiano deve diventare un semplice grazie, perch un grazie, signore farebbe sospettare un rapporto di ossequienza che non nellintenzione dellautore n nelle connotazioni della lingua. Si potrebbe obbiettare che questo fenomeno si verifica in ogni traduzione italiana da qualsiasi testo francese: ma in un libro come questo dove i merci, monsieur si sprecano per le ragioni gi elencate, il risparmio conta ed incide sulla leggibilit. Io aggiungo: unoperazione del genere viene sempre fatta in narrativa, proprio per questioni di rispetto per la lingua ( anzi, per entrambe le lingue ) e di volont di significato che lautore ha voluto dare alla sua opera. E se ci accade per la letteratura e anche per le opere scritte in genere, accade ancora di pi per ci che concetto espresso in forma e colore, spazio e luce come pu essere per larchitettura e per larte in generale, visto che queste sono codici ancor meno codificati della scrittura. Se non si traducesse, o neanche ci si provasse, la maggior parte delle opere che oggi abbiamo non esisterebbero perch chi scrive impara anche da tutti gli autori che egli ha letto, di qualsiasi lingua fossero. Se non ci fosse la traduzione- per esempio se Joyce non avesse letto Svevo- magari non avrebbe scritto determinate cose. Noi oggi non potremmo leggere gli scritti di Wright o di Van Doesburg se non conoscessimo bene linglese o lolandese. Magari non sono del tutto fedeli, an
16/2/2004 - Vilma Torselli risponde a Irma Cipriano
E' vero, il discorso scivolato in ambito prettamente linguistico, come la sua scolastica trattazione ben evidenzia, e le confesso che a me personalmente non interessa pi di tanto. Oltretutto quello che intendevo esporre nel mio scritto (mi illudevo che si capisse), semplicemente il concetto che il trasporto acritico "trans loca et tempora" di linguaggi del passato un'operazione passiva che non pu che nuocere alla cultura in generale.
Ci che sostengo inoltre, e da cui non mi sposto, che la traduzione pu alterare talvolta in modo molto significativo il senso del testo, potendo tuttavia ognuno scegliere di correre il rischio di recepire concetti "non del tutto fedeli", pur di recepirli.
Dico per che bisogna essere coscienti della possibilit di mistificazione ed esercitare il dubbio, una delle prerogative che pi incisivamente distinguono l'uomo dagli animali.
Tutto qua.
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664
di Irma Cipriano
del 16/02/2004
relativo all'articolo
Tradimento e tradizione
di
Vilma Torselli
Sembra incredibile, ed io per prima me ne stupisco, ma per una volta sono totalmente daccordo con Di Baccio. Non posso difatti assolutamente accettare che si dica che la traduzione falsit.
Certo, un'opera tradotta non dar mai la stessa lettura dell'originale. Ma oltre alla linguistica in s ci sono anche i contenuti, parte assolutamente non da trascurare. E se un traduttore bravo e scrupoloso, credo che possa solo dare un ottimo contributo all'opera in questione. Se cos non fosse ci sarebbe del tutto preclusa ogni tipo di cultura che non corrisponde alla nostra. E questo sinceramente lo trovo aberrante. Non posso credere che qualcuno vorrebbe una situazione di questo genere. L'abilit dell'uomo sta anche nel riuscire a trasmettere agli altri idee, pensieri, forme, immagini che per forza di cose non ci appartengono e non possono appartenere a tutti, sia per questione di incomunicabilit linguistica e formale, o pi genericamente culturale. Se cos non fosse sguazzeremo nella nostra stagnante autocelebrazione .
16/2/2004 - Vilma Torselli risponde a Irma Cipriano
Ciò che, secondo le più recenti teorie della traduzione o traduttologia, che è una vera e propria scienza, non è possibile rispettare quando si attua una traduzione è il concetto di "equivalenza", che sembrerebbe di fondamentale importanza in un'operazione che Catford J. C. A. definisce "sostituzione di materiale testuale in una lingua [...] con materiale testuale equivalente in un'altra lingua ".
In estrema sintesi, è parere condiviso da molti studiosi del campo che decidere cos'è un equivalente è estremamente difficile, perché ci si scontra con il problema della mancata corrispondenza di categorie grammaticali (parti del discorso) tra lingue (specificatamente russo, francese e inglese), problema evidenziato dal classico esempio: My father as a doctor - Mon père était docteur - u menja Otec byl doktor .
Io so ben poco di questa scienza, e forse lei ne sa meno di me, ma è evidente che, comunque si voglia definire il termine "equivalente", l'inglese "a" non ha equivalenti, ed infatti nel testo russo non c'è equivalente traduttivo dell'articolo indeterminativo inglese. In casi come questo, che lei capisce essere estremamente frequenti, l'equivalenza può essere stabilita solo ad un rango più alto, ossia di gruppo .
"Sul piano scientifico, ciò dovrebbe indurre a creare un modello diverso, che non si basa sulla parola come unità traduttiva minima, ma su frammenti di testo maggiori. Questo, purtroppo, non avviene", sono parole di Bruno Osimo, docente di traduzione, che riprendono Catford quando dice: "Le voci della source language che occorrono spesso di solito hanno più di un equivalente nella target language nel corso di un testo lungo".
Concludo con altre parole di Osimo che mettono in evidenza quel tanto di arbitrario che sempre c'è in una traduzione e che, in misura minima o consistente, falsifica il significato originario del testo tradotto:"........ quando in una traduzione incontriamo la parola X, nel 60% dei casi la traduciamo con la parola Y. Sempre che non vari il tipo di testo. Sempre che non vari l'argomento. Sempre che non vari l'autore. Sempre che non vari l'epoca storica. Sempre che non vari il registro. Sempre che non vari la collocazione.....".
Insomma, nel passaggio da un prototesto ad un metatesto intervengono sempre delle variabili ineliminabili che non impediscono certo l'osmosi culturale, ma che ancora una volta ci invitano ad affrontare criticamente ciò che la storia, la tradizione e la traduzione ci tramandano.
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655
di Irma Cipriano
del 13/02/2004
relativo all'articolo
Italia Nostra: i perch del 'no' a Niemeyer
di
Italia Nostra
In risposta ad Andrea Pacciani
Veramente non capisco perch un architetto di novantaquattro anni non possa creare un'architettura di valore come quando ne aveva trenta o quaranta. Le potenzialit di un architetto non credo vadano di pari passo con l'andropausa. Dare a Niemeyer praticamente del rincoglionito svilisce la sua certa intelligenza, signor Pacciani. Alla faccia dell'arroganza. Oramai il fatto che Ravello sia un bellissimo posto diventato un handicap invece di essere una nota di merito. E' un paesaggio tristemente perfetto, intoccabile. E' quindi MORTO ?
S. Perch tutte le persone che continuano a ripetere che Ravello st bene cosi come lo vogliono sterile e insensibile agli eventi.
Se poi si pensa che cercare di capire come si deve costruire a dispetto delle metodologie per lasciare il posto a " Cosa ci mettiamo dentro, una bisca o un asilo? " lascia veramente un senso di incredulit. E le banalit " Tanto qualsiasi cosa ci si costruisca vive della luce riflessa del contesto in cui si trova che in questi posti enorme; " dovrebbero farci veramente riflettere, perch siamo arrivati al punto che l'architettura non un valore in pi, ma il rispecchiarsi amaro dell'impotenza di fronte al romanticismo della natura come perfezione.
La casa di Curzio Malaparte a Capri testimonia la malafede del suo pensiero, perch E' ESATTAMENTE LA STESSA COSA che si vuole fare a Ravello: inserire il meglio della capacit e dell'inventiva umana - sotto forma, in questo caso,di un'opera architettonica - in un luogo di grande potenzialit naturale. Non si capisce perch un bel posto non si meriti una bella architettura. Le invidie e le volont castranti contro i dati anagrafici di una persona e i suoi "gioiellini celebrativi del fortunato eletto a bearsi di cotanta bellezza circostante. " mortificano qualsiasi pensiero, come il voler evirare l'architettura riducendola sempre ad un mero risanamento delle aree cadute in disgrazia. L'architettura , cos come Lei la pensa, veramente disgraziata.
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605
di Irma Cipriano
del 25/01/2004
relativo all'articolo
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di
Irma Cipriano
In risposta a Paolo Marzano
Cosa voglia dire ragionare di riflesso questo me lo si dovrebbe proprio spiegare perch non lho capito. Forse uno ragiona di riflesso quando legge qualcosa che non lo convince e ne fa una critica...mahCercher sul vocabolario!
Quello che indubbio che non ho MAI dato dellincompetente a Dal Co e che il mio articolo era improntato su un certo modo di fare critica , e non ho MAI voluto dare lezioni a nessuno. E ben me ne guardo, soprattutto verso chi ha pi cultura ed esperienza di me.
Ma vedo che purtroppo o per fortuna? pochi hanno capito il senso delle mie parole, anche se mi sembrava di essere stata abbastanza chiara.
Certo che i miei occhi si incrociano quando leggo che non si pu fare una critica al modo di scrivere di qualcuno senza aver scritto prima come minimo unenciclopedia sul tema. Se come ripicca vuole che anche io scriva un articolo sullopera di Gehry, mettendo le mie metafore del cuore, cos che lei e altri come lei possano sottolinearle e criticarle per il gusto piccino di farlo.
Mi spiace ma questi giochi meschini mi irritano parecchio e preferisco divertirmi con altri .
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592
di Irma Cipriano
del 21/01/2004
relativo all'articolo
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di
Irma Cipriano
Risposta a Giovanni Damiani
Il dare agli altri degli ignoranti che non studiano lascia lo stesso tempo delle critiche accennate dell'architetto Dal Co. Il fatto che io sia una studentessa, e che quindi non abbia di certo le competenze del direttore di Casabella, non vuol dire che cio che lui dice sia oro colato e io dica scemate. Non si preoccupi signor Damiani, che lo studio c'.
Se vole che discutiamo DAVVERO sul mio articolo, non puo' dire che non abbia riconosciuto la cultura di chi ha scritto prima di me. Ci che io ho contestato il modo in cui le critiche su Gehry sono state affrontate. Le sue non spiegazioni non mi fanno di certo cambiare idea sul risultato che ha ottenuto Dal Co srivendo quell'articolo. Lo dico difatti chiaramente. Se come dice lei Casabella una rivista "facile facile" -e gi questo non le da giustizia, secondo me- dare in pasto al lettore le conclusioni che se ne tirano non per niente costruttivo e sensato.
Tutti sono onesti e tutti sono bravi finquanto non esprimono quello che pensano?
Il solito adagio di attaccare la gente dando loro degli ignoranti contro producente proprio per chi lo dice. Anche perch in maniera socratica so anch'io di esserlo e lo anche lei.
Passa subito dalla parte del torto e, a mio avviso ci rimanne, continuando su questa rotta e senza dare spiegazioni sensate. Se non avessi ammesso di essere una studentessa - in quest'articolo e anche in altri commenti su antiTheSi - scommetto qualche cosa che i suoi commenti sarrebbero stati completamente diversi. E ci non solo scorretto ma anche avvilente. Se lei da ragione a Dal Co- ed commovente la tenacia e la vis polemica con cui lo fa, sar mica suo zio? - ci dica il perch. Parliamo di cose concrete e non dei cocci delle noci. Altrimenti davvero inutile - come lei dice -anche solo cominciare a parlare, perch non ci si intender mai.
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569
di Irma Cipriano
del 30/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Le frasi strappalacrime e ad effetto ( anche se a me fanno l'effetto di un forte mal di pancia ) del tipo " Noi stiamo qui a parlare di cazzate - come la storia.. ( ! ) - mentre nel mondo ci sono bambini che muoiono di fame e di sete ed il terrorismo dilaga e saremo tutti dannati all'inferno perch siamo vili peccatori e al buco nell'ozono e agli esodi vacanzieri chi ci pensa ? " oltre a non andare pi di moda hanno stufato e sono assolutamente fuori luogo. Io credo che se si voglia intervenire su un Giornale di critica dell'architettura ( ed anche scritto in grande, come si f a non leggerlo? ) che parla tutto sommato di cose serie si debba fare i seri.
Se non si interessati agli argomenti, si pu anche fare a meno di intervenire. Non sta scritto da nessuna parte che si debba mangiare una minestra che non piace. Se uno poi malato di protagonismo e vuole a tutti i costi dire la sua anche se non ne capisce nulla e non in alcun modo interessato.. beh.. a questo punto ok il diritto ad esprimersi.. ma perch pubblicare certi commenti? E' poi anche questione di educazione e buon senso. Non entro in chiesa e mi metto a dire " Io sono atea e per me tutte le vostre parole sono vuote e prive di senso. Quindi piantatela e tornatevene tutti a casa " Al massimo cerco un confronto e di capire il punto di vista di un credente..Non si pu dire " E chi se ne frega ". Perch allora a me non frega niente di quest'opinione del tutto polemica e inconcludente. Critica dura s, ma costruttiva e sensata. Basta con le parole in libert. Non vi interessa quello che si dice qui? Ci sono tanti bei posti dove andare, altri siti da visitare. Fatelo. Non vi preoccupate. Non credo che molti sentiranno la mancanza dei vostri " ecchissenefrega " o di sentirvi citare i polli di Renzo ( mica male come argomento da portare avanti, no? Veramente ricco di opinioni e rimandi per cui si potrebbe discutere per mesi..! )
Non vi preoccupate per noi.. ce la caveremo .
P.S. : come si f a dire che l'argomento Fenice non riguarda il nuovo? Questo teatro non ha neanche un mese di vita..
Quando si dice la malafede..
Commento
560
di irma Cipriano
del 22/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Risposta a Pierluigi di Baccio.
Molto probabilmente si spiegato male. Nel senso che nell'articolo di risposta a me e Mariopaolo Fadda lei si contraddice pi volte. Lei dice di non essersi "assolutamente espresso sul merito della questione" ( ovvero il restauro della Fenice ) poich non era quello il suo scopo. " il mio scopo era quello di mettere in evidenza l'inadeguatezza dell'argomento principe usato da Fadda... " Mi scusi, ma come pu scindere le due cose? Lei fa una riflessione sulla visione della storia ma non vuole entrare nel merito di quella della Fenice? Allora perch commenta un articolo dove il punto focale e tutti i ragionamenti vertono su una cosa che a lei non riguarda? Non mi metto a parlare di un concetto ( giusto o sbagliato che sia ) se poi non voglio che si colleghi a quello principe. Senn equivale a voler parlare di salami quando altri stanno discutendo di calcio.. La visione della storia e la vicenda della Fenice sono inscindibili. Se lei non voleva parlare della Fenice non capisco dove voglia arrivare. La sua affermazione un non senso.
Non credo comunque, come dice lei, di essere masochista. E' masochismo pensare che la Fenice sia un falso storico? Ho gi spiegato cosa io intendo per falso storico sia a lei che a Pacciani. Allora o non ha finito di leggere il mio commento oppure non ha capito e dovrebbe rileggerlo.
Poi perch quella di ricostruire il teatro com'era e dov'era avrebbe tutta l'aria di essere una soluzione di puro buon senso? Come mai si rivela una follia in cantiere? Perch ci si mette un'infinit di tempo a rifare una ringhiera?? Io non credo che il tempo impiegato per fare una cosa sia indice di follia. Se ci metto 10 anni per fare un capolavoro sono un'idiota? Vedere nella Fenice una follia, perch ci si messo molto a fare determinate cose, e non vederla nell'aver creato un rewind del crollo ( ovvero analizzando la teoria e l'idea di base di tutto un processo ) come dire che il fascismo stato un'errore perch si facevano troppe parate di propaganda!!
" A questo punto ci che riesce a interessarmi non solo se sia giusto o meno, ma perch ci possa essere giusto o meno " Mi sembrava di averlo gi detto perch pu essere giusto o no. Lei non ha portato che teorie non fondate nel suo articolo- commento a Fadda.
" Il fatto capire come si possa scegliere oggi di riproporre una logica che non c' pi " Ma almeno un p di coerenza!! Prima non ha detto tutto il contrario? Ma poi, se si vuole rifare la Fenice esattamente come era come pensa di rifare pezzi che erano di fattura e di stile settecentesco?? Con il laser e la criptonite?? Se si deve rifare com'era prima ovvio che si usino le tecniche vecchie di trecento anni.
Anche la logica del rifare tutto com'era degna dell'ottocento e noi siamo nel duemila.
Tra laltro nel suo articolo afferma che non c' niente di male nel rifare Mies tale e quale!! Alla faccia della logica che non c' pi e che non il caso di riproporre! Siamo nel pieno della concezione ottocentesca di restauro, qui!! Ma quando si decide?Lei dice di non essersi schierato da nessuna parte. Ma come pu dirlo se per due pagine ha predicato il suo concetto di storia . Meno male che non si schierato senn ci trascinava in una pseudo-dotta discussione pure sterile ( perch si poggia sul vuoto del non voler arrivare a conclusioni e allo schierarsi come dice lei ) per almeno dieci volte tanto!
Tra l'altro lei non ha davvero letto bene il mio commento, perch io non ho detto che qui il concetto di storia non c'entra, anzi. Ho detto tutto il contrario. Quello che ho scritto che " la storia non ci insegna certo ad ingannare i posteri con le copie, n con l'attaccarsi alla capacit di saper vedere le cose da pi punti di vista insabbiando la verit " Forse ho cos tanto rispetto per la storia che non sopporto gli inganni e le mistificazioni spacciate per storicismo di quinta mano. Non p dirmi che ho lasciato da parte questo BASILARE concetto ( la storia e le sue verit ) perch sapebbe proprio in mala fede. Poi la verit sta davanti a chiunque sappia leggere. Lei scrive : " Se fino a cento anni fa non scandalizzava nessuno l'ipotesi di radere al suolo il centro antico(...) di una grande citt come Firenze per farlo risorgere a vita nuova, oggi nessuno oserebbe solo proporlo.. un motivo ci sar, no?" Ma santocielo, di Baccio proprio quello che accaduto e quello che vuole lei!! Lei ha detto che : "se la Galleria d'arte moderna di Berlino di Mies o la filarmonica di Shauron andassero distrutte io non saprebbe dire altro che ricostruiamole com'erano e dov'erano, perch abbiamo i progetti originali e i valori d'arti che tali edifici trasmettono." !!!! Lo dice lei dieci righe pi avanti! Lei aleggia in uno stato confusionario impressionante perch in una pagina afferma prima una cosa per poi smentirsi poco pi avanti!! Lei ha o no un suo pensiero coerente? in due suoi commenti che ho letto non sono ri
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556
di Irma Cipriano
del 20/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
A proposito del commento di di Baccio.
Il libro "la societ trasparente" di Giovanni Vattimo per sua sfortuna l'ho letto anche io e le conclusioni che egli ne ricava sono, a mio avviso, sbagliate e assolutamente fuorvianti rispetto a quelllo che Vattimo ci dice. In questo libro una delle linee conduttrici del discorso sono i mass media che caratterizzano la nostra era post moderna. Si, siamo post moderni perch con l'entrata prepotente nella nostra vita dei mass midia si fatto s che questa sia una societ, al contario di quello che si pu pensare, meno trasparente di prima, poich l'accumolo di informazione non ci d una realt pi complessa ma ci fa perdere in una serie di realt diverse molto spesso trattate in maniera banale. Questa soprattutto la linea di pensiero di Vattimo. Se lei non si fosse fermato a leggere la prima pagina... Siamo per anche post moderni perch ci siamo resi conto che l'ideale di moderno inteso come dal quattrocento in poi ci stava stretta. La storia non pu essere pi la storia dei potenti cos come del solo genio creatore. La storia anche dei popoli e delle mille sfaccettature dell'arte."... Non c' una storia unica, ci sono immagini del passato proposte da punti di vista diversi, ed illusorio pensare che ci sia un punto di vista supremo, comprensivo, capace di unificare tutti gli altri.."
Cosa centra questo con la Fenice??? La storia della Fenice non una storia unica, questo vero, ma giustifica il fatto di riportarla alla luce com'era e dov'era? La storia di certo non ci insegna ad ingannare i posteri con le copie, n con l'attaccarsi alla capacit di saper vedere le cose da pi punti di vista insabbiando la verit! Qui il saper vedere e leggere la storia come tanti punti di vista e tanti accadimenti diversi non centra nulla. La storia della Fenice quella che tutti conosciamo e non si pu cambiare. Se lei si vuole schierare dalla parte degli imbroglioni che pensano di consegnare alla storia un falso come se niente fosse accaduto si accomodi pure. Ma non scomodi Vattimo, per carit!!
Ritornando alla modernit, noi usiamo il termine moderno cos come lo usava la scolastica nel XIII secolo per indicare una nuova logica terministica (via moderna) rispetto a quella aristotelica (via antiqua ): usiamo quindi moderno (dal latino modo "adesso" ) nel senso di attuale, del nostro tempo.
Poi c' il modo manualistico di usare il termine moderno: scoperta dell'America in storia e la rivoluzione scientifica del Seicento in filosofia per terminare con la rivoluzione francese in storia e con Kant in filosofia. Tutto ci che viene dopo contemporaneo.
La terza via quella che preferisco usare io. Il moderno un modo di essere. Che non solo legato al progresso come lei vuole farci credere.
Il moderno saper leggere le cose nelle sue diverse verit senza per farsi abbagliare dall'errore di considerare le cose come immutevoli (come vuole chi ha rivoluto la fenice COM'ERA E DOV'ERA ) o rileggibili come tutto e il contrario di tutto. Certe cose non si possono cancellare o scavalcare. I fatti sono immutabili. Le opinioni cambiano. Ma le verit STORICHE, che le piaccia o no, non si possono falsificare. E non mi porti Vattimo come esempio, perch egli di certo non ama i falsi. Perch quando si parla di falso storico, se non lo avesse capito, si indica la menzogna tramandata nei secoli e fatta bere per vera anche ai contemporanei. Tutte cose che evidentemente piacciono a lei, ma non a Vattimo.
La Verit storica che qui esiste che il teatro non c' pi. Rifarlo identico (a che cosa poi? Alle mille realt che esso conteneva? impossibile, e questa il vostro errore pi grande!! ) vanifica il tutto nelle sue molteplici diversit che esso rappresentava.
Che non esiste una verit assoluta lo sanno (o almeno dovrebbero saperlo) tutte le persone dotate di un minimo di cervello. Non ci spacci la ricostruzione ex novo della fenice o di qualsiasi altro monumento completamente perduto come un inno alle molteplici verit e all'apertura mentale. Perch la carognata intellettuale pi grossa che si possa fare.
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554
di Irma Cipriano
del 19/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Ho appena finito di leggere il commento di Pacciani all'articolo di MarioPaolo Fadda sulla Fenice. E, sinceramente, mi pare che le sue obbiezioni facciano acqua da tutte le parti. Ma andiamo con ordine.
1. "Attaccarsi al concetto di falso storico debole". A parte l'errore di lessico, come si pu affermare che il concetto di falso storico non sia fondato, non sia un'obiezione plausibile? Cos', il falso storico non esiste?? E da quando? Il teatro la Fenice una copia, e come tale, se non fatta dalla stessa mano che ha creato l'originale, un FALSO.
Il teatro andato in fumo. Non esiste pi nulla di lui. Possibile che non siamo capaci di rielaborare il lutto?
2. "..Non pu esistere il falso storico in questa ricostruzione perch non c' un vero storico essendo un edificio in continua e lenta mutazione nel corso dei secoli e degli incendi;" . Ma quale continua e lenta mutazione? Io non vedo nessuna mutazione nel rifare una cosa assolutamente identica a un'altra che non c' pi! Dove st la mutazione, il rinnovo? E' forse nuovo perch fatto con materiali nuovi rispetto a quelli andati distrutti ( nuovo tra l'altro reso finto vecchio per emulare l'oggetto passato )? Caro Pacciani, l'architettura non si f scimmiottando se stessa. Un'opera non diventa architettura ricalcandola da un'altra.
3." La Fenice di oggi non altro che un nuovo episodio, fatto bene o male che sia, di questo divenire che non si voluto interrompere. "
Secondo lei, Pacciani, fare una cosa bene o male lo stesso? Come si pu affermare che un nuovo episodio fatto bene o male? Quindi anche se fosse fatto con i piedi, per lei l'importante che sia stato rifatto ? Lei lo comprerebbe un libro di un autore straniero tradotto male? Certo! Per dare comunque una pacca metaforica sulla spalla del traduttore che ci ha messo del suo!!! Ma si scherza??
Il divenire ,poi, si interrotto da solo, andandosene in cenere e fumo. Neanche la piet di una morte dignitosa gli abbiamo dato.
4. " Capisco che accettare che un edificio possa divenire nel tempo e con le generazioni come accaduto per tutta storia dell'architettura un paradosso per lei e rispetto alla modernit che intende l'architettura come episodio immutabile e uguale ad un'identit unica ed immutabile del momento dell'atto creativo, ma deve sforzarsi a capire questa amara realt. " Anche qui sorvoliamo sul periodo francamente contorto linquisticamente parlando.. Quando mai Fadda per quel poco che conosco ,tramite antithesi, del suo pensiero ha mai fatto intendere che la sua idea di modernit un qualcosa di statico, sterile, non passibile di cambiamento? Se cos fosse vorrebbe che tutti gli edifici antichi crollino su se stessi o vengano abbandonati al loro destino senza poterci mai mettere le mani. Non mi pare proprio che Fadda la pensi cos. Si legga LEI gli articoli che ha scritto ( " No al catechismo conservatore " e la lettera aperta a monsignor Sgarbi ) con mente elastica, occhi aperti e, aggiungo io, senza pregiudizi. Tra l'altro vi sono suoi commenti su entrambi gli articoli. Ha commentato senza leggerli?
5. " Le case col tempo cambiano, si deteriorano, si adattano alle nuove necessit di chi le abita, alle trovate tecnologiche, sia alle manutenzioni fai da te, che ai restauri filologici che inevitabilmente alterano lo stato materiale degli edifici e quando si progetta bisognerebbe pensare che inevitabilmente queste cose accadranno. "
Le manutenzioni fai da te??
Io domani vado a Milano, in centro, e il primo palazzo dell'ottocento che trovo e che mi sembra abbia bisogno di un p di manutenzione lo sistemo qua e l! Ma si rende conto di quello che scrive? Cosa direbbero i suoi illustri amici della Soprintendenza? Almeno una volta forse sarei daccordo con loro pensando che lei si ammattito.
6. " Se si riflette con obiettivit pi che un'identit materiale (che lasciamo ai feticisti), quella che conta l'identit dell'abitare nel suo complesso "
Qui tocchiamo la punta massima del bue che d del cornuto all'asino.
Feticista sar lei e tutti quelli che come lei vogliono avere ancora la fenice cos com'era nonostante l'incendio. Questo feticismo! E' questa assurda volont di voler riesumare i cadaveri!!
7. " Solo pochissima architettura moderna riuscita ad entrare nel divenire della cultura materiale delle persone; "
Allora l'avanguardia artistica da buttare perch la stragrande maggioranza delle persone non la apprezza. Cos come la grande poesia, le opere teatrali e musicali pi alte. Che ce ne facciamo di tutta questa roba se la casalinga di Voghera non riesce ad apprezzarla?
Se lei non capisce la grandezza della Modernit ( che sia architettonica, musicale , linguistica e via discorrendo ) forse non ha inteso cos' essere architetti. " La modernit trasformare la crisi in valore. " ( B. Zevi ) . Se lo ricordi. Io sono solo una studentessa ma credo che lei si sia dimenticato mol
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472
di Irma Cipriano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Cervellati killer degli stimoli rinnovatori
di
Paolo G.L. Ferrara
SIAMO DAVVERO NANI SULLE SPALLE DI GIGANTI?
LA NON-LOGICA DELL'ARCHITETTURA RETROGRADA.
Leggendo le dichiarazioni di Cervellati, che davvero non si smentisce mai, ci si chiede come sia possibile che ancora oggi si possano avere concezioni architettoniche pari, se non peggio, a quelle ottocentesche. Grazie comunque a chi la pensa cos, i nostri centri urbani crescono con nuove costruzioni brutte ed anacronistiche e molto spesso anche con restauri di dubbia ragion d'essere. Molti interventi poi rimangono incompiuti o non vengono mai affrontati grazie a Funzionari e a Soprintendenze che usano gli stessi criteri di Cervellati. In un articolo del Sole 24 Ore del 27 aprile di quest'anno, per esempio, si parla di come il Palazzo degli Anziani di Ancona rimanga da anni inutilizzato e condannato ad una lenta morte proprio per questioni di questo genere. Naturalmente Cervellati ha abbondantemente discusso sul caso. Uno dei due progetti di De Carlo per l'edificio proponeva un' "immateriale" facciata di vetro verso il mare ( immateriale tra virgolette in modo evidentemente dispregiativo ) che la Soprintendenza delle Marche "... ha fatto benissimo a bocciare" prima che " infastidisca la vista dei cittadini", come dice lo stesso urbanista. Il palazzo fonte poi di altre discussioni che sarebbero quasi divertenti se non fossero per vere e seriamente portate avanti. Difatti all'edificio mancano gli ascensori. All'interno non possono essere fatti poich ci sono le volte e queste verrebbero distrutte , fuori nemmeno perch senn si vedrebbero e- orrore!- il contempopraneo invaderebbe l'antico e cittadini ed esperti del rango di Cervellati ne rimarrebbero ovviamente "infastiditi". Cos non si va avanti e l'edificio condannato ad una triste inutilit.
Le idee di restauro e di architettura di questo tipo, che sembra grottesco stiano in bocca a persone che dovrebbero avere una certa competenza ma in realt sembrano quelle di una maestra elementare che insegna l'arte ai bambini, sono fondanti degli orribili restauri di moltissimi centri storici che ormai sono snaturati da veri e propri falsi o con degli edifici talmente leccati che fanno la medesima figura di quelle donne anziane troppo truccate al fine di sembrare pi giovani e avvenenti col solo risultato di diventare dei ridicoli mascheroni .
Purtroppo siccome il nostro paese ha la "sfortuna" di possedere un patrimonio artistico del tutto eccezionale , si pensa di poterlo salvaguardare fossilizazzandolo e non facendolo crescere e migliorare. Si dice che i moderni siano fortunati poich stanno come nani sulle spalle dei giganti grazie all'esperienza degli antichi. Purtroppo non soltanto non vediamo pi lontano, ma siamo anche pi miopi dei nostri predecessori, meno retrogradi e pi innovatori.
Commento
473
di Irma Cipriano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Che sia difficile mandare gi le sconfitte comprensibile, anche se si potrebbe fare con un p pi di eleganza. Quello che mi preme dire per che non credo che non ci sia, parlando di Ground Zero, un problema etico e morale di fondo. Anzi, il problema c' ed enorme. Quel posto ora la tomba di circa tremila persone ed secondo me incredibilmente immorale pensare di ricostruirci l dei nuovi grattaceli per uffici o peggio ancora per centri commerciali. Quel posto dovrebbe essere un simbolo della memoria, non del danaro. Non dovrebbe urlare << La ricca e potente America si rialza in piedi >> , ma evocare cordoglio e soprattutto rispetto per quel disastro. E non si tratta di falsi moralismi. Vorrei vedere cosa se ne penserebbe se in posti come San Sabba e le Fosse Ardeatine venisse costruito qualsiasi edificio. Sono monumenti della follia umana e tali devono rimanere. Anche Groun Zero uno di questi monumenti, e il fatto che il terreno della campagna romana o triestina non sia appetibile economicamente come quello di NY non giustifica la mancanza di tatto e rispetto per le vittime e le famiglie.
Ground Zero lo avrei lasciato quasi cos com'era , facendoci un parco magari, lasciando per l'impronta delle due torri con delle macerie sopra a ricordo. Non si pu pensare di speculare su una cosa del genere. Gli americani che si sono sentiti cos colpiti al cuore, come almeno sembra dai loro sempre presenti rimandi, non dovrebbero permettere la costruzione di alcunch. Anche del progetto pi bello ed originale di qualsiasi grande architetto. Non a mio avviso giustificabile dire << Il mondo crudele e quello del commercio edilizio ancora di pi, perci non dobbiamo fingere che potesse andare diversamente.>> Pensandola cos ogni scempio architettonico ed ogni mancanza di rispetto per la morte dovrebbe essere giustificato.
5/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Irma Cipriano
Come non essere d'accordo con Lei? Non c' modo, indubbio. Ovviamente, nel momento in cui c' per qualcuno che decide di ricostruire - e sulle cui decisioni non abbiamo alcun potere dissuasivo-, si annullano tutti i nostri giusti propositi morali e, non poco forzatamente, si deve passare a parlare di architettura, di cosa sorger, di cosa ci dir.
Se davvero Bush fosse un uomo con le palle quadrate, avrebbe comprato in rappresentanza degli Stati Uniti il sito Ground zero, e lo avrebbe lasciato, come Lei auspicava, "simbolo". Invece andato in Iraq, lo ha distrutto, e ci ricostruir. Ci saremo anche noi italiani, con il nostro prode Cavaliere a fare da condottiero ai suoi amici investitori. Proprio una cosa edificante...
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Commento 840 di Irma Cipriano
del 20/11/2004
relativo all'articolo Gli studenti universitari non conoscono la storia
di Paolo G.L. Ferrara
Non posso far altro che associarmi a quello che ha scritto Isabel Archer, a cui plaudo. Ho trovato estremamente irritante il discorso di Moffa sull'universit, sull'incapacit del 90% di coloro che la frequentano e sul del tutto presunto e infondato superomismo della docenza.
Gentile Luigi, io che -come Lei - l'universit la frequento da qualche anno, posso contare sulle dita di appena una mano i professori o gli assistenti che mi hanno lasciato qualcosa e che erano veramente preparati e capaci di trasmettere. E, sinceramente, penso sia una pessima media se contiamo che ho dato fin ora 27 esami.
Tre docenti su 27 inclusi assistenti vari..umm..cosa Le dice? Che l'universit scoppia di salute e che la schiacciante maggioranza di chi vi lavora sono, nella migliore delle ipotesi, persone capaci di fare il loro mestiere? Non credo. Per non parlare dei perversi meccanismi burocratici e del modo in cui imbrogliano nel vero senso della parola lo studente. Ora, credo e pretendo che, con quello che pago, l'universit mi dia qualcosa, altrimenti me ne stavo a casa mia e se proprio volevo fare l'architetto mi aprivo uno studio e buona sera. Ma credo che neanche la mente pi contorta possa arrivare a prendere per buona questa soluzione. Lei reputer pure la massa studentesca una mole di cretini patentati, ma il metodo che usa, se permette, abbastanza arbitrario. Le assicuro che ho visto gente che, per essere buona, non sapeva n leggere n scrivere laurearsi, e gente sicuramente pi in gamba ristagnare se non abbandonare del tutto gli studi da poter scrivere un trattato. Ma non per incapacit, ma perch nauseati letteralmente dal puzzo dei metodi dell'ateneo, da insegnanti incapaci e da corsi inutili e mortificanti. Se c' chi si tappa perennemente il naso e va avanti senza farsi mai mezza domanda, non vedo perch, chi l'anima da subalterno non ce l'ha, debba ritirarsi e lasciare il campo a chi ha tre strati di pelo sullo stomaco e butta gi qualsiasi schifezza.
Affermare che chi si sente in crisi nelle attuali facolt di architettura poco pi di un pirla, sintomo di arroganza e di presunzione delle pi bieche. Chi non si pone le domande " Ma cosa mi stanno insegnando? " ," E' logico quello che mi IMPONE di fare il docente? " e non cerca di verificare che molto spesso quello che ci dicono non logico e ha molte falle e non si accorge che la maggior parte dei discorsi e degli insegnamenti che ti fanno ogni giorno molto spesso non ha n senso ne basi culturali, probabilmente o troppo intelligente e superiore, oppure di domanda dovrebbe farsene veramente una sola: " Ho abbastanza spirito critico e personalit per non accettare come misera sbobba da caserma tutto quello che mi propinano qua dentro?"
Bella domanda che per chi si reputa un genio "a prescindere" e loda come luce divina dall'alto tutto quello che gli dice qualcuno basta stia dietro ad una cattreda, non si fa e non si far mai.