9 commenti di Francesco Pietrella
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845
di Francesco Pietrella
del 29/11/2004
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Chiudere l'appello a favore del museo ARA PACIS di
di
Giannino Cusano
il muro e' sempre una presenza che inquieta.
il muro su un tessuto storico e a roma inquieta.
un muro su un tessuto storico accademico su un tessuto di italietta di architetti inquieta.
un muro su un tessuto di commenti opinionismi inquieta.
un muro su un sovrastrutturamento linguistico di un lontanissimo architetto americano che disegna sulla citta' inquieta.
un muro su un tessuto sociale di persone comuni che passano in autobus inquieta.
un muro che separa il pittoresco centro citta'..che trasalisce da gerusalemme alle murate regioni palestinesi e nel petto del leader che muore e si seppellisce con 3 sudari fa' inquietare.
un muro se filtrasse bene se non impalli le chiese ...se e' attrezzato e la gente ci mette le mani per prendere cose e funzione non inquieta...un muro che sia pieno di vita e di speranze non inquieta, un muro che connetta e riattivi significati perduti e li renda utili attuali e' pieno di simbolismo di fascino di utilita'...e' pieno di fede nel futuro ..
un muro che non significhi murare ci rende felici...
magari "un po'" piu' calibrato meno da americanata..non pensate?
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751
di Francesco Pietrella
del 02/07/2004
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Un diverso risveglio
di
Giovanni D'Ambrosio
Da mani da architetto a mani da fatica.
E'altrettanto difficile convincere il muratore di Palmarola ad effettuarmi dei tagli nei muri, cosicch la luce che arriva alle stanze gira al girar di sole e traspare nelle pareti essa sia come poesia del vero architettonico, ma anche risparmio energetico e come intimo rapporto tra costo di demolizione e ambigua sensualit di stanza, tra riflessi a girar di sole e come essi testimoniano il tempo di una luce passante, tra poesia da suggestione e realt di cantiere mia scultura in divenire di luce, se tutto ci fosse "sostenibile" lei appare architettura se tutto ci anche nelle mani del muratore di Palmarola e delle sue storie di faticati muri affaticati e murate storie, tra le sue mani che faticano nelle cinque del mattino e rigirano tra mazzole battenti e un boccale di birra allora esso il mio lavoro. E anche le asole sono solo buchi al battere di mazzola esse mi confondono e mi portano nell'estatico timbro di architettura del fare in divenire, esatasiatico ma funzionale gioco di tagli nel muro che testimonia il girar di sole, ne testimonia la presenza ne celebra il passaggio con le sue asole disassate. Una sequenza di feritoie che accostano i tempi domestici di stanze attigue, sussurrando i rumori di vita che si visualizzano. Ne accompagna con romantico silenzio il giro dombra che esalta il bianco dei volumi. E non c' suggestione ne pi sentimento non altrettanto effetto di luce riflessa di questo rincorrersi di vetri-mattone d'ambra e miele, che faticosamente riponiamo da mani di architetto a mani da fatica, da suggestione romantica a risparmiosa energia elettrica, da silenziosa conferenza al silenzio riaccostato ancora assieme nell'incantato fare.
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713
di francesco pietrella
del 08/04/2004
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La Fenice, com'era e dov'era
di
Luigi Prestinenza Puglisi
falsificazione o clonazione?
in questa epoca diviene difficile anche chiarire quando ci si trova dinnanzi a falsificazione o clonazione.....
e' chiaro che c'e' qualcosa di sbagliato nell'operazione Fenice...credo si tratti di una confusione generale da italietta piuttosto che interpretarla come la stratificazione di presenze architettoniche-restaurismi tipica del belpaese...
ascolto alla radio un pezzo di Andrea Bocelli e "l'uomo volante" di Marco Masini. sinceramente un po' di paranoia mi viene non riuscendo a distingure chi dei due e' un musicista pop o uno classico, se sia piu' moderno rivoluzionario Bocelli con la sua musica transdisciplinare o piu' classico standard Masini con un conformismo sanremese e stereotipato-marketing da cantautore maledetto...San Remo (festival della canzone italiana)..
se questa e' l'italia...mi augurerei vedere "l'uomo volante" a penzolare dai candelabri in similplastica della Fenice e Bocelli primeggiare di fronte a liceali del Leoncavallo a Sanremo con una canzone in stile melodramma italiano..
Eviteremo di non stupirci piu' di tanto di fronte alle falsita', alle clonazioni, alla fascia grigia attutita.
p.s.
la musica classica quella vera...quella di Muti di Pavarotti di Domingo quella intoccabile la lasciamo ai signorotti degli assessorati...inebetiti di inaugurazioni di posti prenotati in prima fila...li lasciamo a celebrarsi e a celebrare il senso estetico da borghesia da primasera impellicciata e li lasciamo annichiliti a godersi il catenaccio di se stessi, a girare lo sguardo tra la perfetissima interpretazion di un R. Muti e i candelabri in similplastica che sgocciolano similplastica dalla galleria..
poco piu' in la'....Bocelli incanta il Leoncavallo..
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628
di Francesco Pietrella
del 06/02/2004
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Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
ACUSTICA CONCHIGLIA
In questi giorni di gelo e neve che cade su Roma in quella maniera inusuale ma che mi allerta dubbi circa le inusuali alterazioni climatiche dei tempi correnti mi arriva agli occhi lultimo progetto di Oscar Niemeyer per Ravello. Con mio grande interesse constato e apro il mio cuore e la mente al prossimo insegnamento che questo grande maestro ci da alla sua veneranda eta.
La testimonianza di un poetica umana che si misura con la natura e ne diviene il sigillo dellesistenza, riscatta la storia e il brutto e compie liperbole linguistica consegnando lopera darte al luogo, alla gente, alla storia e ai benpensanti.
Il rapporto con il luogo e la genesi del progetto, e la trama di elementi che formalizzano in un volume splendido per la sua semplicita non da nuvola Fuksas troppo imitate o per proporzioni inumane da palazzone dittatoriale da abbattere con le bombe intelligenti.
A noi ci appare uno splendido piccolo gioiello al confine di una scultura architettonica che parla come dal Brasile allimmenso spazio naturale divenendone il sigillo, lambito controllato e commensurabile della realta stratigrafica che digrada nel mare, metafora di un ACUSTICA CONCHIGLIA protagonista ella si del territorio di Ravello e di cui e il futuribile-teatro-antico affacciato, presenza eco di spazi lontanissimi e immensi che parlano per frammento ai piccoli funzionari del comune, ai bigotti e professoroni dal cavillo imperioso che primeggiano per la polemica tralasciando guarda un po tutto il resto di abusivismo edilizio che tracima e tracima il belpaese. Come quando, da ragazzetto, visiti la Farnesina e sei colpito dagli sgarri di sgherri sugli affreschi raffaelleschi.
Lantisimmetria e lorientamento sono puntamenti che ci indicano chiaramente il rapporto con il luogo, la piazza a striscia ci riempie di ammirazione per la valorizzazione da una parte delle possibilita aggregative del contenitore dallaltra dellagora antisimmetrica come memoria e come innovativo innesto tra urbano e natura, tra citta storica e orografia costiera, tra la TEXTURE UMANA per frammenti DNA di memoria brasiliana ibridata alle dimensioni attutite e il mescolio di popolo locale a nuove integrazioni miraggi di MOSCHEE AMALFITANE sapori di cucina mediterranea portate dal vento al di la del mare. Ci viene indicato il rapporto tra il puntamento ai venti marini che insistono sul fronte costiero e la possibilita di una viabilita che cucia come una rete a strascico il territorio interno alla conchiglia-auditorium ibrida alla vita di mare e terra, tra spazi sconfinati sudamericani e minimo ambito urbano sud-italiano, tra silenziosa natura selvaggia da antropizzare e natura sociale provinciale da orientare culturalmente ad un futuro di diversita, architettonicamente da poter anche strutturare con
meno convivenza
piu convivialita.
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552
di Francesco Pietrella
del 15/12/2003
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No al catechismo conservatore
di
Mariopaolo Fadda
Rapaci dorati.
Alessandro Baricco ha ragione.
Da scrittore ci da' l'esatta visione del punto di crisi del tema del restauro, e nonostante la tristezza rapace mi ha fatto molto ridere. Sono sempre gli estranei a questo e a quello che ci danno una luce di verita' sulle cose che si fanno. Io domando:
dov'era, com'era
ma com'era quando era?
e sopratutto ...era com' era?
e' questo il problema...
esigenza di un segno architettonico che riscatti e dia nuova esistenza identificata ad un opera andata completamente distrutta e non dimenticarlo.
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506
di Francesco Pietrella
del 17/11/2003
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Design inerba
di
Gianni Marcarino
Mi sono interessato dell'argomento in questi giorni difficili in cui ho mio padre ricoverato in ospedale con urgenza. in effetti entrando in luoghi come gli ospedali per l'appunto mi domandavo tra me' e me' quale importanza etica puo' avere il mio mestiere in confronto per esempio ad un medico, un primario, un semplice infermiere, un carabiniere in Irak. Con sorpresa mi accorgo di quanto anche ammalati gravi "necessitino" di allegria, convivialita' e vitalita', condivisione di uno spazio abitabile "loro". Mi domando in quale modo e concretamente il "luogo" progettato possa essere necessario alle persone, e quanto sia impegnativo oaleatorio il ruolo di un designer-architetto nella societa'.
Ritornando al tema del tavolo-erba ho notato la presentazione nel sito e mi domando qual'e' la motivazione per pubblicare e fare dibattito culturale sulla presentazione voluta da voi di un lavoro presentato come novita' in copertina visto che l'idea e' gia ampiamente stata svolta da tanti e ancora tanti, fin dalle basilari scuole di design. Vi chiedo informazioni se questo lavoro presentato sia accreditato come "oggetto di design" da chi di dovere, un concorso, un ente, una pubblicazione, una produzione ind. Sinceramente ho trovato aleatorio il tam-tam tra gli utenti. Personalmente seguo altre linee di pensiero progettuale, ma ritengo che nel "design ludico" debba essere tale la forza espressiva di suggestione dei sensi percettivi tale da motivarne interesse. Ho notato che tale forza espressiva di coinvolgimento dei sensi e' alquanto assente, riducendo il tema progettuale alla citazione di relazioni tra elementi come la seduta e il materiale erba senza la sintesi stilistica e talentuosa necessaria o lo svolgimento di tale relazione in un progetto nuovo, fresco e sorprendentemente coinvolgente. Le relazioni vanno tutte bene .....ma mi devi affascinare molto di piu'. E' "necessario" e il design "necessita'" di novita' sorprendenti, di superamento evoluto dei concetti del design conformati da tempo, e' il nostro dovere di designer,di architetti, di operatori culturali, abbiamo il dovere di indirizzare al futuro prossimo condivisibile la societa', il mercato, il prodotto, l'attenzione estetica di un'umanita' che vive, che lavora, senza rimpastare vecchie idee oramai conformate. Io nel mio lavoro cerco di essere utile appunto ad un' umanita' seguendo principi primitivi e antichissimi e modernissimi perche' l'umanita' che comperi un tavolino-erba non sia impreparata alla vita, perche' non rida dell'erba in casa di una comitiva di amici perbenini figli di papa' annoiati, ma sorrida silenziosamente nel guardare una lampada polifunzonale ma economica,una lampada o un' oggeto "diverso" auspicio di un atteggiamento tollerante verso le diversita' del mondo, di quel senso estetico che evolve dal finto antico alla sensorialita'. Un'oggetto che accompagni l'uomo contemporaneo verso un'apertura culturale sana, il "segno" della contestualizzazione di un atteggiamento etico verso il modo auspicio del sorriso di una classe dirigente occidentale ben disposta alle integrazioni sociali, alle contaminazioni culturali, all'operoso impiego delle risorse produttive dell'industria. Proprio perche' tra gli uomini ci sono guerre, incomprensioni religiose e terrore, enormi muraglie di cemento e cultura tra popolo e popolo, dolore e fame, mancanza di risorse
primarie e inegluaglianze essenziali. non si ridacchia dell'erba a malo modo sparato sul proprio sito,o peggio facendo catenaccio di comitiva. Si sorrida ad un futuro condivisibile.
buon lavoro
Francesco Pietrella www.newitalianblood.com
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411
di Francesco Pietrella
del 20/09/2003
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Nuove categorie critiche
di
Mara Dolce
Se ci sono nuove categorie critiche e' anche perche' il linguaggio architettonico contemporaneo e' cambiato fortemente rispetto al passato. Un'opera come il Bilbao scardina tutta una serie di analisi di quelle, per esempio, che insegnano nei vari corsi di metodologia della prog. oppure analisi costruttiva e distributiva, e cio' e' un bene.
Pur tuttavia insieme ai miei piu' intimi amici e colleghi ci siamo da tempo resi conto di quanto un certo tipo di architettura contemporanea dopo un primo periodo di enfasi sia gia' passata di moda. Il fatto e' che viene fortemente imitata e fortemente male dalle nuove generazioni. E cio' e' male. Ci siamo resi conto che la strada segnata per esempio da mvrdv e dagli studi olandesi sia un atteggiamento progettuale molto sano ed "etico".....anche interpretativo di un mondo di appartenenza mittel-europeo. Noi come generazione nascente perseguiamo un'architettura dalle storture composte...assimilando alcuni concetti del decostruttivismo e sintetizzandoli al massimo. Nell'architettura industriale guardiamo con ammirazione a quelle realizzazioni che usano espedienti di design nella formalizzazione degli involcri edlizi. Mi riferisco ai progetti con uso seriale di elementi estranei alla consuetudine edilizia che conpongono le facciate .....concretizzano una scena di alto valore ideativo ed "etico" e accostano sempre piu' l'architettura al design. Per quanto riguarda quest'ultimo, il tema della "sensorialita'" mi sembra molto importante e indicativo, poiche' affronta gli aspetti primitivi dell'ambito umano attualizzandoli in un design antichissimo e mordenissimo allo stesso tempo.
un design...antichissimo e modernissimo!!
Francesco Pietrella
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410
di Francesco Pietrella
del 20/09/2003
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Master Digitale
di
Mara Dolce
Credo che le valutazioni di Mara Dolce siano pertinenti nei confronti del "sistema architettura-mondo accademico" e sono un grido in cui riconosco anche la mia di esperienza universitaria....mi piacerebbe molto conoscere il suo modo di fare architettura e/o critica al di la' delle questioni del mondo accademico.
Francesco Pietrella
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Commento 853 di Francesco Pietrella
del 18/12/2004
relativo all'articolo Eisenman Terragni
di Antonino Saggio
C'e' da dire
che un'architetto famoso decanti il famoso,
che il critico decanti il teorico,
che il teorico decanti lo stile,
che che il critico si accosta al periodo,
di eventi e tangenze,
se il mescolio e la contaminazione tra ruoli
sono un decantare,
credo sia anche utile
tentare e trascinarsi itinerare,
contaminarsi dai piu' settori diversi,
solo cosi' puoi dare vita e alito al proprio canto,
se c'e' da apparire al convegno di "nuova architettura"
esso e' per decantare..
non solo per focalizzare i soldi dei concorsi.
ora io non so' se il professore vale il teorico,
se e' un critico e l'altro architetto,
se uno si accosta e l'altro tira,
ma su questo decantare,
invito al prossimo convegno al c'e' da dire..
..c'e' da dire
tutto in girare
forse
meno convivenza
piu' convivialita'..