29 commenti di Paolo Marzano
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891
di Paolo Marzano
del 18/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Larchitetto Paola DArpino nel commento 890, coglie laspetto che volevo dare ad unevoluzione formale, ad un linea darchitettura, intrapresa da alcuni progetti. S, vero il riferimento al mio scritto 'Luomo altrove' (trilogia dei miei appunti di rete intorno alluomo e alle sue nuove coordinate spaziali, nellurbano vivere contemporaneo), riesente di questo tipo dentusiasmo formale, cercando di riflettere e discutere sul perch di queste trovate in scatola. Come se, delle forme messe sottovetro, sublimassero questo loro valore formale solo astraendole dal contesto, grazie ad una teca trasparente o strutturalmente definita (vedi esempi che cito nel mio scritto + un altro esempio che ledificio per il PIRELLI HEADQUARTER, il progetto di Gregotti Associati International), ma astrarle dal contesto significa unaltra cosa, che tutti riconosciamo appartenente ad altri tempi e non solo quelli di Ledoux o Boulle, pi vicino a noi infatti, H. Wofflin spiega, ma ancora pi vicino lesauriente Impero dei segni di R. Barthes che richiama la descrizione della scatola preziosa, a volte magari, pi importante del contenuto. Certo difficile come ho sempre sostenuto, divincolare quella parte strutturante dellarchitettura che lo spazio e riuscire ad evidenziarlo. E la cosa pi difficile, ma leffetto pacco regalo oppure da deposito di zio Paperone sarebbe, evidentemente da evitare. Purtroppo qualunque corpo, potrebbe essere esaltato da questa pratica da supermercato, anche un carciofo o unautomobile o una scarpa. Quando, ricordo non tanto tempo fa, Fuksas and a parlare della sua nuvola alla trasmissione condotta dalla Dandini con Dario Vergassola, ma ancora prima partecipando alla pubblicit di una nota autovettura disegnando una nuvola su di un vetro con un pennarello, oppure sul TG 3, qualche giorno fa, quando parlando della sua mostra personale, ha descritto nuovamente il suo progetto della nuvola, dovrebbe darci, a livello percettivo, delle risposte pi precise riguardo linserimento di una forma cos metafisica posta in uno spazio di soglia, cos relazionante! Troppo semplice se tutto si risolvesse, nella distanza creata tra i muri della scatola e il corpo contenuto (illuminato N.B. nella stessa trasmissione s indicata, infatti, Dario Vergassola ironizz sulla possibile interpretazione della Nuvola con una lampada dellIKEA - questa la realt).
Il mio modesto parere rimane quello di non perdere occasioni quando si deve costruire o progettare un edificio di quella grandezza. Approfitto, come sempre per indicare a tale proposito (interventi architettonici che scadono nel facile surrealismo o nel banale fuoriscala) due piccoli ma potenti libriccini editi dallEinaudi: di H.Focillon, Vita delle forme, e del suo allievo George Kubler il saggio La forma del tempo, sempre Einaudi.
E molto semplice infatti che venga confuso largomento:
ARCHITETTURA E MEDIA con ARCHITETTURA MEDIA.
Paolo Marzano
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873
di Paolo Marzano
del 20/02/2005
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Oscar Niemeyer un indiscutibile maestro, un instancabile creatore di architetture che sfiorano il sublime, inteso nellaccezione che la storia dellarchitettura ha dato a questo termine. Immane il suo lavoro, conseguente ad una vigorosa ed evidente passione. Larchitetto Niemeyer, racconta il suo lavoro utilizzando i segni e trasformandoli poi, in immagini; crea ambiti variabili di ritrovata potenza espressiva. Genera senza sosta indelebili confluenze formali caratterizzate da una calcolata e fin troppo colta, differenza. A suo carico un percorso architettonico straordinario; imbastisce oggetti rari, formalmente appartenenti ad un mondo possibile ora plausibile. Traduce dalla stessa materia, unenergia scultorea sofisticata. C di pi, chiediamoci del rapporto delle sue opere con lo spazio, chiediamoci perch le sue forme cos libere e suadenti riescono a confrontarsi con esso senza contrapporvisi violentemente. Bene, la risposta nello studio e nella sua ricerca continua con matita e foglio, nei paesaggi della sua terra maturati ed ri-ri-elaborati, nella semplicit progettuale e costruttiva, dote comune ai grandi maestri dellarchitettura. Uno dei migliori architetti che sanno coniugare il contenitore funzionale, con unevidente partecipazione dello spazio alla struttura convincendola di una propria valenza scultorea. Oscar Niemeyer si cos avvicinato alla storia complessa dello spazio architettonico, alla sua pi recondita e difficilmente interpretabile essenza. Basta guardare le immagini dei numerosi progetti in cui ha proposto architetture ai bordi di crude curve di livello, di muraglie naturali a picco sul mare. Le sue opere nascono dallo spazio ed in esso si proiettano dilatandosi visivamente e diventandone parte integrante. Ora, molto presumibilmente, una sua opera far parte del paesaggio italiano, in particolare a Ravello dove, dopo una vivace quanto fruttuosa e stimolante discussione, che sottolinea lavanzato grado di civilt del nostro paese, verr costruito un auditorium. La locazione , guarda caso, in un posto esattamente come lo sono quelli in cui larchitetto, si dimostrato essere insuperabile. Plauso, quindi alle amministrazioni del posto, anche alle testate giornalisctiche che hanno contribuito di volta in volta a farci conoscere le vicissitudini degli accadimenti (come avevo sperato succedesse nei miei scritti risalenti allinizio della discussione). La componente pi importante rimane il fatto che il suo progetto ha in s tutta la sua storia e grazie ad esso comprenderemo maggiormente gli ambiti elettivi di un territorio, tenendo presente che uno spazio creato sempre e comunque uno spazio rivelato.
Rivelazioni dArchitettura http://www.costruzioni.net/Marzano.htm
di Paolo Marzano
http://www.fondazioneravello.it/oscar/progetto.html
http://www.larticolo.it/modules.php?name=News&file;=article&sid;=1054&mode;=ℴ=0&thold;=0
http://www.architettiroma.it/dettagli.asp?id=5000
http://www.niemeyer.org.br/
http://www.sintesieuropa.com/schede/oscar_niemeyer.htm
http://www.nextonline.it/archivio/11/07.htm
http://www.archphoto.it/IMAGES/Manzione/manzione1.htm
http://musibrasil.net/stt/vsl_stt.asp?ids=30
http://www.architettiroma.it/archweb/dettagli.asp?id=4947
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747
di Paolo Marzano
del 16/06/2004
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Un diverso risveglio
di
Giovanni D'Ambrosio
Non c da preoccuparsi, il ritorno dello zero architettonico.
Caro Giovanni D'Ambrosio, non nego che la sua riflessione concordi con quella di molti architetti e futuri-architetti con cui per motivi professionali giornalmente mi confronto. Ritengo necessaria la pratica da laboratorio digitale-informatica; quella per capirci, prettamente diretta all'uso di programmi di effetti speciali e rendering strepitosi o textures sofisticatissime, ma ritengo ugualmente necessario che questa pratica, sia attinente solo all'ambito della ricerca di uno studio d'architettura nell'atto di creare un proprio modo di progettare. Detto questo, mi accorgo, con i miei colleghi, del fisiologico disinteresse (anche il tuo suppongo) per le riviste che 'sovra-espongono' la realt o la falsificano come (hai detto tu) anche le belle donne dei calendari (aggiungo io) oltre alle savariate architetture dei concorsi. Vengono invece, guardate con attenzione, riviste che riportano sezioni, piante, particolari costruttivi per luso di nuovi materiali ed immagini di opere realizzate. E' solo un piccolo anzi piccolissimo equivoco della realt delle immagini che stiamo vivendo, l'architetto lo sa bene. L'architetto un interprete o forse un 'narratore' ed anche un 'traduttore' di significati reconditi imponderabili. Vedi W.Benjamin quando introduce ne 'il narratore' il racconto di Nikolaj Leskov, oppure nei suoi scritti di Angelus Novus nello scritto 'il compito del traduttore' . Ma secondo me, dovremmo recuperare e rivisitare concetti che Bruno Zevi decifr nellarchitettura dellespressionismo catalano di Domenique Montaner quando usando diversi schemi e proporzioni costruttive, stilemi ed fraseggi scultorei sovrapposti, dichiar lo ZERO architettonico.
Ecco limponderabilit di paesaggi e dei significati nuovi.
Ritengo quindi le nuvole in gabbia i bloboidi invasori (solo di riviste patinate), le eruzioni standardizzate di titanio, le strutture metafisiche nella nebbia della campagna bolognese, larchitettura rivestita a fasce neo-neo-rinascimentali e la nuova generazione di subdole mutazioni genetiche fotografiche, solo un piccolo ma picclissimo travaglio che ci avvicina ad un nuovo ZERO architettonico. Grazie ai suoi sacerdoti cos volenterosi di moltiplicare instancabilmente le stesse opere con gli stessi materiali per affermare poi cosa?
Ogni progetto, diceva Frank Lloyd deve avere unidentit..(continuate voi).
Largo, quindi, alle tante voci alle diverse strategie di mercato informatico, tanto chi comprende l'architettura sa quando una rivista sta dando il meglio di s e quando non stimola pi i neuroni dellosservatore.
Oggi pi che mai cos semplice!
Aggiungo che sono d'accordo con la sua premessa, non c' niente di peggio che il sabato mattina inoltrarsi in visioni ed immagini incapaci di far emozionare o sensibilizza o addirittura 'pensare'. Appena si verifica l'angoscia data dall'evidente "irreale cultura dellimmagine", bene, il momento di scegliere tra quella rivista ed altre (tantissime).
Paolo Marzano
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650
di Paolo marzano
del 12/02/2004
relativo all'articolo
Italia Nostra: i perch del 'no' a Niemeyer
di
Italia Nostra
Continuando le notizie dallincontro organizzato dallIN/ARCH
"La costruzione del paesaggio L'auditorium di Niemeyer a Ravello",
ricevo delle informazioni, secondo me, importanti;
la sala era gremita allinverosimile. Platea piena, corridoi laterali e spazi attigui anche.
La lettura del documento di Italia Nostra, ( assente al confronto ! ) ha aperto i lavori.
- Il rappresentante di Lega Ambiente si dichiarato pienamente daccordo con il progetto.
- Il rappresentante del WWF ha annunziato che, oltre alla richiesta di sospensiva, il WWF ritira anche quella di giudizio sul merito.
- Gravagnuolo e il Sovrintendente hanno tessuto le lodi del progetto.
Spero che in futuro gli ambientalisti ritrovino un loro punto comune, per affrontare una stagione piena di nuove possibili collocazioni architettoniche (vedi concorsi vinti e interventi dei grandi nomi, nellarea campana, per esempio l'opera di David Chipperfield o Zaha Hadid oppure di Oriol Bohigas e Albert Puigdomenech, Tobia Scarpa a Salerno), di sfruittare cos questo laboratorio sperimentale dove larchitettura incontra lambiente di cui ne essenza e alloa stesso tempo continuit. Lultima cosa da fare in questi casi rinchiudersi in sospetti di presunta invasione architettonica.
Mentre consigliabile, secondo me, osservare con attenzione gli errori del passato, perch si possano, da questi, riabilitarsi discussioni per un arricchimento della collettivit su tematiche legislative e quindi dintervento, secondo me, vitali. Occorrono organi di controllo dellambiente che mostrino una dinamica dapproccio al territorio, che guardino alla totalit degli aspetti e disciplinino caso per caso indagando capillarmente le opinioni e le scelte. Dimostrando, in questo modo, una de-strutturazione che si adegui ad ogni evento stabilendone scientifiche coordinate di trasformazione, sulla base di una visione organica di un luogo in trasformazione. Si rinnovino, praticamente i monolitici principi ambientalisti che tutti riconosciamo perfettibili. Queste scelte, saranno sicuramente utili per la stessa essenza dellarchitettura che, se studiata e analizzata, con la giusta cultura, conferma la sua attivit nellesaltare la relazione tra luomo e lo spazio (ambiente).
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642
di Paolo Marzano
del 09/02/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Questo il punto sul caso audirorium a Ravello di Oscar Niemeyer
La frase da scolpire sulla roccia esattamente quella citata da Andrea Pinna : "... La legalit dell'operazione credo e spero verr chiarita dal TAR ma, indipendentemente dalla sua legalit, qui, in generale, ambiguo l'atteggiamento di sostenitori e detrattori... Questi ultimi sostengono tesi poco condivisibili, riguardo il definire "sconvolgente" l'impatto ambientale della struttura... definire questa tesi "eccessiva" un eufemismo... loro per almeno si pongono il problema della legalit... con un accanimento anche un p sospetto, nel senso che in tante altre occasioni pi pressanti e -sensibili, non li si vede, e questo fa pensare che usino Niemeyer come "nome" per attirare l'attenzione cavalcando la polemica..."
E' il sunto, di una strategia vecchia come il mondo, per essere 'riconosciuti ed individuati' socialmente, bisogna scagliarsi contro un grande nemico. Quanto pi grande il nemico pi varr la vittoria su di esso e l'importanza sociale e il 'potere'. Sempre per questo motivo, sempre lui. Povera architettura, povero Comune di Ravello!
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607
di Paolo Marzano
del 26/01/2004
relativo all'articolo
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di
Irma Cipriano
Lasciamo cadere il discorso perch noto che il dialogo dopo due interventi arriva, non so' perch, ai giudizi sommari fino alle offese facili come se fosse una tecnica strategica per imporre condizioni costumi e modi d'uso terminologico che non lasciano alternativa, la rete fa' questo effetto, evidenzia a livello comportamentale un alterazione veloce dei colloqui che entrano facilmente in conflitto.
Mi sembra veramente un atteggiamento facile facile e molto comune; troppo comune...mah!
Comunque, l'argomento iniziale erano le opere di Gehry ?
Bene cara lei, forse non mi sono spiegato (per il linguaggio della rete invece suonerebbe: 'non ha capito') che questi, un grande architetto, ma con le sue colate di titanio non pu rivestire il mondo intero, come la sua Gehry tecnologia prevede, vero ci ha insegnato la libert espressiva che si pu raggiungere con quella tecnica (scultorea, tutto dire!), ma fino a quando durer come metodologia d'intervento? Non Le dico cosa diceva Wright a proposito perch Lei lo sa' gi, sul fatto che ogni luogo pretende un'architettura diversa perch esistono relazioni diverse nello spazio e nel luogo in questione; altrimenti, detto in poche parole, l'architetto a cosa serve . Non crede?
A parte le battute, pendo che lo spazio architettonico sia un'altra cosa; magari un pochino pi complessa e stimolante, d'altronde tanti altri grandi dell'architettura si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo mostrandoci opere di qualit estrema. Ora tocca a Ghery , lo stiamo aspettando siamo curiosissimi di vedere le sue lineee che assumono un profilo diverso o uno scatto nuovo.
tutto qui!
26/1/2004 - Sandro Lazier risponde a Paolo Marzano
Accomunare Gehry solo alle colate di titanio mi sembra un po' troppo riduttivo. Mi sembra una lettura piatta, poco plastica, che non coglie la sostanza ma si ferma alla forma.
Ma per chiarire il messaggio ottimamente ha fatto Vilma Torselli nel suo articolo Gehry, Oldenburg e l'archiscultura al quale rimando.
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604
di Paolo Marzano
del 25/01/2004
relativo all'articolo
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di
Irma Cipriano
Benissimo sono pienamente d'accordo con Lei, era una delle risposte prevedibili come la mia definizione di 'METAFORA', ma c' una differenza Dal Co ha scritto l'articolo su Casabella e tuti lo abbiamo letto (anche grazie a Lei che ci ha interessato), ora, per sulla stessa opera scriva qualcosa Lei , perch si possa leggere tutti appuntare, le metafore che non riusciamo proprio a vedere 'conness' con le deverse interpretazioni.
Questo vuol dire essere sul piano di chiunque e criticare anche propositivamente. senza difendere nessuno, di critica infertile ne siamo pieni, soprattutto in rete.
Dica la sua, ci dia una forma di 'controparte' senza parlare di 'interiora' , di 'putrefazione' ecc... si esponga. Non ragioni di riflesso, inizi una sua ridiscussione dell'articolo e la staremo a leggere, accogliendo certamente i suoi, sicuramente utili, punti di vista
Come fa Dal Co, d'altronde questo fa la differenza tra la ricerca di un storico e il 'normale' colloquio universitario. Non riconoscendo questo, allora non esistono pi regole, leggi, norme di comportamneto linguistico, lezioni, esempi, ecc....ecc...ecc...
Attendiamo una sua dimostrazione di come vanno analizzate ed evidenziate le caratteristiche di queste 'eccezionali' espressioni architettoniche vere e proprie opere d'arte, o almeno ci dia un riferimento bibliografico o nome di autori rispetto ai quali usare una forma di filtro critico e i termini per osservarle.
al prossimo 'ricco' suo intervento.
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601
di paolo marzano
del 24/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Considerazione ad Italia Nostra di Paolo Marzano, per il dibattito in corso sulla costruzione dellauditorium a Ravello.
aspettando il 1 Aprile
Visto che ci sar una pausa dattesa fino all 1 Aprile, giorno della decisione del TAR di Salerno, sulla possibilita di realizzazione dellauditorium a Ravello, vorrei che ad Italia Nostra arrivasse questa mia considerazione sul dibattito in corso.
A Ravello, non entro nel discorso di particolaristici interessi politici che pi delle volte rallentano e sprecano energie debilitando gli entusiasmi e la voglia di fare, mi chiedo se possibile che non sia chiara la logica confluenza di un indotto culturale nel vero senso della parola.
Possiamo osservare questo particolare fenomeno come su un vetrino di un microscopio in un laboratorio che analizza lintima struttura, quando sinterviene sulla materia paesaggistico-artistico-storico-natuale. Essa, infatti, rappresenta ricchezza che non manca certamente, sul tavolo della ricerca italiana per lo sviluppo del nostro paese. Componenti determinanti facenti parte, ora di una coltura delementali particelle che con impercettibili ameboidi movimenti, elaborano nuove interconnessioni. Generano sinapsi interstizialmente capaci, con il tempo, di far emergere un tessuto sensibile, una probabile nuova metodologia dapproccio alla difesa di questi stessi ambienti; magari isolando eventuali punti deboli oppure comprovando generatori di energia propulsiva per quanto riguarda flussi turistici e forze imprenditoriali locali. La natura pu essere benissimo vincolata, quindi salvata e strappata ad artigli cementizi, anche fondendola ad uno dei suoi pricipali derivati, luomo.
Guarda caso luomo per vivere con i sui simili crea comunit, le comunit hanno bisogno di relazioni comunicative supportate, questo importante, da fattori emozionali che stimolano conoscenza, sviluppando dinamiche indirizzate al miglioramento della qualit di vita. La natura da difendere quindi formata anche dall uomo urbano. Questo essenziale; appena lindividuo si confronta con atteggiamento conoscitivo, allambiente in cui vive, crea delle relazionalit in uno spazio che appartiene gi alla collettivit, per cui ha bisogno di essere interpretato nella maniera pi aperta e flessibile.
Ora, quando in questo caso, tutte queste cose, confluiscono in un luogo geografico ben determinato (pensiamo al miglioramento ed alla reale riqualificazione che lintervento darebbe a gran parte della costa su cui sorger lauditorium, nel rispetto delle regole) allora non ci si pu preoccupare se si tratta di una costruzione di cemento o pietra a vista. Esso apporta un salto qualitativo legato indissolubilmente ad una cultura dinamica (la natura rientra come recettore sensibilmente in attesa di continuit con altri vettori pluridirezionali) gi verificata da anni. Spero non si tiri fuori, in ultimo, largomento bello/brutto che come si sa, scomparso come concetto al salto del secolo 800/ 900; come genialmente dice Woody Allen.
Dalle mie ricerche sulle mutazioni dei luoghi collettivi derivate dalla trasformazione tecnologica, penso che se osservata da vicino, quest intera area produrr fenomeni che diventeranno dei precedenti, per soluzioni strategiche future dintervento sullargomento ambientale. Pozione difficile e complessa da ottenere in quanto le percentuali di sostanze componenti sono difficili da dosare per ogni luogo deputato ad evidenziare le sue caratteristiche, ma il risultato certamente sar inequivocabilmente positivo se per, sar adottato il principio del laboratorio sperimentale, capace di trasformazioni appena una caratteristica ambientale evidenzia nuove e impreviste, ma utili ipotesi di sviluppo. Recepire, maturare, sviluppare. Questo, ricordate, richiamer lattenzione di fervide menti pronte a considerare le vittorie e sottolineare le immancabili disattenzioni progettuali (parlo di tutta larea), per cui consiglio di prestare attenzione soprattutto ai collegamenti per cos salvaguardare, per esempio; la viabilit e di dotarla delle sue diverse destinazioni duso perch tutti possano accedere, ed in qualunque modo ad una migliore qualit di vita che lopera sicuramente produrr. Lauditorim nasce come cntro di confluenza culturale per cui sar di tutti. Un ultimo consiglio che ho tratto dallinsegnamento dei maestri dellarchitettura lasciati tra le righe dei tanti testi delle loro esperienze raccontate;
nei casi in cui si costruisce unopera per la collettivit:
sono entusiasmanti e stimolanti le pubblicazioni dei progetti che si realizzeranno per la riqualificazione di tutta larea, ma oltrech raccoglierle in testi o monografie che gireranno per il mondo, sarebbe auspicabile che venissero presentate in mostre ed esposizioni periodiche locali itineranti, con lo scopo di illustrare alla popolazione come si svolgeranno i lavori prima durante e dopo il progetto o i progetti. Un modo
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600
di Paolo marzano
del 24/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Buone nuove per Ravello, pi vicino l'auditorium
Si allunga lattesa per lauditorium di Niemeyer a Ravello, rimandata la decisione al 1 Aprile, passo in avanti a favore della realizzazione del progetto, per lultima decisione del TAR di Salerno.
Stralci degli articoli di
Giovanni Marino
da La Repubblica del 23.01.04
e di Gaetano de Stefano
da La Citt di Salerno del 23.01.04
E successo che i proprietari del terreno, che l vorrebbero invece farci dei garage, originariamente erano contro il progetto, faceva parte di questo schieramento anche il Wwf ma, in extremis ci ha ripensato rinunciando all'agone giudiziario. Contro Italia Nostra e privati, uno schieramento composto dal Comune di Ravello, dalla Regione Campania, dalla Comunit montana, che ritengono "legittimo" la costruzione dell'auditorium, compreso a loro dire dal Put alla voce "centri sociali e culturali"
"Quanto stabilito dal Tar ci vede concordi, la soluzione adottata consente infatti all'amministrazione di non interrompere le procedure per il finanziamento". Ma pure l'avvocato per Italia Nostra, d un giudizio favorevole su quanto accaduto ieri: "Siamo soddisfatti della decisione assunta perch le ragioni di diritto esposte con il ricorso non potranno che trovare adeguata valorizzazione nelludienza di merito".
Lo slancio culturale che darebbe un intervento di questo genere in quella zona, dovrebbe far meditare molti, prima di azzerare ogni speranza di rivalutazione, ambientale e storico-paesaggistica che, se gestita con responsabilit, apporterebbe ricchezza non solo economica ma incentiverebbe iniziative sociali e imprese collettive in un luogo certamente 'elettivo' in attesa da tempo di risorgere storicamente esprimendo le sue colte meraviglie.
Per maggiori notizie al link:
www.architettiroma.it/archweb/dettagli.asp?id=4969
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599
di Paolo Marzano
del 23/01/2004
relativo all'articolo
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di
Irma Cipriano
Gehry o della titanica inno-ovazione fisionomica
Nota a margine sullarticolo di I.Cipriano a proposito di F.Dal Co su Casabella 717/718
Devo osservare l'esistenza nel mondo dellarchitettura di una categoria di persone vicine ad essa che, per spiegare i complessi fenomeni a cui costantemente soggetta, usa, per meglio comprenderla, delle METAFORE.
La metafora una sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito ad una trasposizione simbolica di immagini; es. le spighe ondeggiano, il mare mugola, il re del deserto eccDal greco metaphora cio trasferimento.
Da Oli De Voto, Dizionario di lingua italiana.
Perch questo? Perch ho un terribile sospetto che molti osservatori dellarchitettura non si sono resi conto che dopo le descrizioni fisiche e materiali dellarchitettura esistono una serie di caratteristiche sensazionali che per essere descritte non hanno una possibile terminologia comune e allora si ha bisogno di trasporre i significati . Uno degli impegni di chi scrive d'architettura, quindi quello di avere una mente cos creativa da farsi avvolgere da questo mare magno di trasposizioni con lunico scopo di creare degli ambiti di significato per cui a diverse persone arrivano diverse immagini. Poi a seconda dellesperienza vissuta da ognuno esse, tentano di svelare possibili visioni di una generale poetica (perch proprio questo, alla fine, il significato). Chiaramente, chiunque si accinge a raccontare larchitettura, avr una sua logica metodologia e si rifar alla trasposizione che pi gli aggrada. Per la maggior parte dei casi, sar compreso, questo lo posso testimoniare. Per una parte, invece non sar compreso, questo chiaro, ma c una parte che non ci st con quelle trasposizioni METAFORICHE usate, e allude sovente allerrore dello scrittore. Mi spiace perch gran parte della letteratura critica architettonica si rif a questo tipo di linguaggio dinamico e piacevolmente seguito, anche uno dei maestri della critica storico-architettonica contemporanea (Bruno Zevi), era uno di questi scrittori. Audace nelle metafore con cui, da esemplare prestidigitatore dialettico, accompagnava il lettore a descrivere, per esempio, langoscioso disegnatore Palladio, per il passionale Michelangelo nei disegni delle fortificazioni, a sovvertire lequilibrio delle masse quasi anatomiche dei grafici-graffi di Mendelshon nei sui schizzi darchitettura fino allestrema visione degli interni intrauterinidi Gaud. Ho! Quale vocabolo! E s, funziona proprio cos. Le sensazioni, non si evocano e non si trasmettono solo parlando di masse, volumi, piani, rette, punti oppure di intonaco, interasse, pendenza di scarichi ecc questa unaltra storia, di uguale importanza, certo, ma larchitettura pretende la loro contemporanea presenza per potersi svelare.
Gi da un mio scritto in tempi non sospetti, dal titolo lestetica dellespansione (parafrasando linsuperabile saggio di Paul Virilio lEstetica della sparizione, ora, su Costruzioni.net), ma ancora prima ( la maggior parte dei miei scritti sono su architettare.it) analizzavo alcune opere di Gehry, Eisenman (che al contrario si legge n-amnesiE, dice il Tafuri) Libeskind, Hadid, notando levidente evoluzione formale degli ultii quindici anni. Ma, mentre in Hadid Eisenmann e Libeskind la ricerca continuava a trasformare la materia architettonica in esperimenti esaltanti per critici e studenti, in Gehry era arrivata ad unimpasse.
La nascita della Gehrytecnologia aveva congelato i termini di uno stimolante discorso innovativo e trasformava in una colata solita-solida di titanio, eventi spaziali di cui adesso bisogna specificare solo la destinazione duso allesterno, perch limmagine generale soffre della sua solitaria differenza. Finivo lo scritto, col dire che si attendeva ormai da un po, un tentativo di evoluzione non tecnologica (perch con le due opere che Francesco Dal Co analizza, Gehry ha stabilito una libert assoluta dellapproccio architettonico, allo spazio), ma formale del capacissimo architetto. Lo scritto di dal Co abbastanza chiaro, come spero premettendo ci che ho scritto, sia per i pi. Per coloro che non si convincono si questo, posso aggiungere che solo una questione di temini da aggiornare senza significati nascosti o accuse di scarsa cultura, ognuno di noi ha una libreria in casa con una strada bibliografica propria e solo che rispetto a quella, magari non coincidono delle trasposizioni terminologiche metafore, ma non essendoci quelle, mancherebbero anche gli objet a reation poetique, o i listelli e le fasce di legno di Alvar Aalto (che secondo me hanno generato i nastri di Hadid, nel Centro di Arti Contemporanee a Roma, vedi lo scritto lambito variabile), non ci sarebbero le sculture di Boccioni di cui conosciamo le sensibili assonanze con larchitettura scultorea di Ghery, eccAllora come funzionano questi impulsi di esperienze vissute cos funziona il
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598
di paolo marzano
del 23/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
a Isabel Archer, benvenuto auditorium!
Va bene cos,
spero che costruiscano l'auditorium di Oscar Niemeyer a Ravello,
il luogo ci guadagner e anche tante altre iniziative culturali previste ed in attesa di realizzarsi. I grandi discorsi legati a come vanno le cose in Italia dal punto di vista concorsuale, lasciamole perdere ormai sono vortici terminologici e trappole per cui si perde solo tempo a discuterne.
(una soluzione auspicabile, ma non un discorso da fare continuamente!!!)
In rete, o si arriva ad una conclusione dopo pochi interventi o verifichiamo quello di cui parla Ferri nei suoi testi; il rischio e solo quello di parlare, parlare parlare senza sforzarsi di cogliere ed definire eventuali 'ipotesi' risolutive, QUESTO, NON MERITANO I LETTORI!
A parte l'ironia che avevo usato nell'elencarle i miei scritti, con riferimenti a banalissime prospettive dal basso (tipo deposito di zio Paperone) che non approvo assolutamente e capisco che per mio, errore non sono state compese, Le chiedo: per due volte ha definito alcune mie descrizioni come panegirici, ma Lei, da quale baule ottocentesco con finti pidini a zampa di leone e mordentato color noce, ha tirato fuori questa frase:
"..Ravello bella cos, lasciamola in pace e cerchiamo solo di difenderla dagli abusi ( sia chiaro non considero lauditorium un abuso) e di lasciarla crescere da sola, come ha sempre fatto, in una dimensione appartata e spontanea..."
Dopo queste parole, penso che la discussione per me, possa finire qui, tanto tra un p sapremo cosa si far o non si far a Ravello.
Buona continuazione e buona trattazione di problemi italiani concorsuali, di baronato, di ricercatori mal pagati, di studenti fuori corso e di laureati americani ed europei a 23- 24 anni, di amministrazioni indolenti imprenditoria sfacciata di superfetazioni spungiformi e periferie labirintiche, di nuova interttivit e costruzione di nuovi Zen, di tetti inclinati nel Salento e di grandi pareti vetrate al nord, di terziario avanzato congestionante e di centri storici invasi da sportelli bancomat , ecc....
(tutti spunti interessanti, ma decontestualizzati, non vogliono dire nulla!
una tecnica politica, banale, per 'oscurare' l'interlocutore)
Penso seriamente che non sia il luogo adatto per discutere di questo. Spero vivamente che nascano dei siti con questo scopo. Altrimenti non si potr pi parlare di nulla in quanto rovesciare negativit e azzerare desideri e buoni propositi con fumose e pretestuose teorie irrealizzabili, da semplice e abusato sport italiano.
Alla prossima disavventura architettonica!
(incredibile! Stessa situazione di tanto tempo f, del progetto di Wright a Venezia!)
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596
di Paolo Marzano
del 22/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Osservazioni pro - Niemeyer a Ravello, discutere un po realizzare.
Note a margine di Paolo Marzano per Isabel Ascher
Ravello, come sicuramente, Lei avr visto e mirabilmente indagato dalla storia recente, ha avuto ed ha delle particolari caratteristiche elettive naturali tali da generare numerose altre RELAZIONI (vedi principi base dellarchitetura moderna, anzi contemporanea, anzi direi quotidiana). Queste relazioni hanno a che fare con una relazionalit identificabile per differenza. La differenza, come ho gi citato in un mio scritto ( luomo Altrove) , la prossima parola che affonder i suoi artigli percettivi in questo secolo determinado unesaltazione della differenza programmata dallevoluzione genetica umana come contaminazione differenziata secondo ordini casuali, a questo punto, necessari per la sua esistenza.
Qui non si parla di fenomeno da baraccone, ma di una probabilissima deformazione cognitiva che esiste dietro la parola INTERAZIONE e specialmente quando si unisce ad unaltra parola alla quale penso, si sia appassionatamente vicini, architettura.
In un altro scritto (Interazione reale o alterazione virtuale? vedi parametro.it) coglievo un aspetto particolare di questa parola.
Linterazione, mi chidevo, pu territorializzare, unendo indissolubilmente luomo ad un luogo fisico o pu astrarre metafisicamente la percezione da un ambito spaziale (architettonico) adducendo a luoghi altri e contribuendo ad una certa distrazione dal reale. Dal ragionamento (anche lungo) si arrivava a dare una risposta infatti la seconda ipotesi era quella possibile.
Purtroppo si ricade sempre nel dire o consigliare allinterlocutore di leggere di pi, ma lascio cadere questi attributi terminologici ad altri individui e in altri luoghi che penso siano lontani sia da Lei che da me e continuo.
Per il caso della Farnsworth House era successo che, gi larchitettura aveva raggiunto un equilibrio tale in quel luogo che si poteva fare solo filologia pratica tra cui esaltarne gli aspetti perch diventasse un sito oltrech fisico anche con un valore altamente didattico per chi vuole imparare o meglio vivere questo spazio, ma solo l in quel luogo e in nessun altro. Poi, chiaro che super-analizzando lopera, in quel caso, si poteva percepire uno stato di occupazione virtuale che poteva essere interpretato come un vero e proprio interagire con lo spazio per v i r t u a l e di quella architettura. Abbiamo avuto ragione, ha vinto il valore didattico che lopera poteva ancora comunicare, se ne sono accorti e guadagneranno di pi tutti. Bene!
Pi che sognatore sono un appassionato della letteratura storico-descrittiva zeviana e se lei avesse letto..ALT! (vede come facile consigliare di leggere? Si sempre dalla parte del giusto propositivo, ma non va bene per loffesa che reca alla presupposta inabilit psicologica dellinterlocutore, quando invece tutti noi abbiamo una strada almeno storico-libresca da difendere, magari da ridiscutere, ma da difendere.) torno al discorso. Le descrizioni zeviane degli scitti su Michelangelo le osservazioni particolari dei disegni di Mendelsohn o larchitettura di Gaud per me sono insuperabili, a questi aggiunga una visione crepuscolare stimolante della critica del saggista Paul Virilio, senza per dimenticare larchitettura vitale nella descrizione delle piccole cose di ogni giorno di Roland Barthes e lassordante teoria del quotidiano trasformarsi di Walter Benjamin. Sono scritti che hanno un denominatore comune un linguaggio che racconta come luomo ha bisogno di numerose metafore per comprendere equilibrando e stimolando la mente per vedere cose che non esistono, avendo aiuto da impulsi codificati di episodi vissuti. E quello che faccio quando scrivo di architettura (vedi la soglia in dissolvenza e Spazioalle riflessioni, su architettare.it, parlo dellinterazione usata come elemento architettonico, parlando di supporti riflettenti o trasparenti in spazi particolari, anche urbani, elencando tecniche e pratiche di partizione interne con pareti contenenti cristalli liquidi a trasparenza controllata (Nouvel insegna), dando unidea di stravolgimento del semplice interno domestico, senza parlare di domotica), comunicando, come, dove e con quali mezzi arrivare alla soluzione definita, questa la differenza tra uninterattivit che comprende tutto o niente oppure quella verificabile immaginando ambienti descrivendoli o addirittura realizzandoli.
Per gli acquari con le nuvole dentro e i mouse giganteschi, in Luomo Altrove ho elencato dove e in quali progetti, evidente una resa incondizionata purtroppo di alcuni architetti ad un trucco surreale (aumentando le dimensioni) di esperimenti che farebbero rivoltare Escher nella tomba. Soluzioni architettoniche che in Italia sono passate per meravigliose (solo ben pubblicizzate, altro pericolo) e che non hanno niente, ma proprio niente di interessante, se
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588
di Paolo Marzano
del 20/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
A favore dell'auditorium di Ravello, uno spunto di riflessione per Isabel Archer
Interattivit a Ravello? Benissimo, ma non in questi termini.
La mia formazione architettonica contempla una piccola, ma importante, parte riferita alla fantascienza degli anni settanta e rimango perplesso quando delle verit tecnologiche allora profetizzate ora risultano realizzarsi .
Chi non un ambientalista? Chi non difenderebbe e difende la natura? Nessuno vorrebbe che sparisse sotto colate di cemento e struture pilastate o a gradoni ?
Nessuno, ma queste sono banalit.
Allora il passo dopo : usiamo larchitettura interattiva, cosa? chi? dove? quando? Gi, s quella s, eccome, anzi la soluzione!"
Vediamo la situazione un p pi da vicino. Ho scritto e raccontato tanto su questargomento che per avere una sicurezza o controllo su di esso, pendo che ci vorr ancora un p tempo, di questo sono certo. Non bastano concorsi dove vengono premiati rendering e sovrapposizioni di scritte che gi i Futuristi, guardando le riviste, erano abbbastanza avanti. Al massimo ora, stiamo sicuramente preparando le basi per individualit che, con strumenti nuovi, inizieranno a parlare di architettura interattiva.
Ma osserviamo: mentre le nostre citt (centri storici mummificati, o meglio, plastificati incelofanati e avvolti da quellaura finta-vecchia che fa tanto in) sono sepolte e annerite da gas inquinanti derivati dalla combustione di carburanti scaricati direttamente nel nostro corpo, mai fin troppo controllati, ci accorgiamo che i regolamenti nei locali chiusi, per quanto riguarda il fumo da sigaretta, sono diventati rigidissimi.
Stride il confronto, e Italia Nostra?
Luomo vive nella sua incompiutezza.
Le isole per le campane della raccolta differenziata che occupano spazio aumentano il loro numero perch aumentano le tipologie di materiali che consumiamo ogni ora, ed in modo esponenziale. Andrebbe indetto un concorso darchitettura per risolvere il problema spazzatura non come oggetto a s, ma come sistema di relazione con LUOMO URBANO.
Stride ancora il confronto con la citt, e Italia Nostra?
Luomo vive della sua incompiutezza
Oltre le campane per la raccolta dei rifiuti differenziati esistono degli alieni accato a noi nel nostro vivere lurbano; esili, con la testa grossa alti a dismisura e purtroppo tanti, proprio l dove si realizza lessenza della congestione cittadina, la segnaletica. Sempre tanta, sempre troppa e si moltiplica giornalmente, lo chiamano inquinamento visivo. Dovrebbe rientrarae in un sistema di strategia progettuale per cercare di inserire, davvero, linterattivit in questo campo. Secondo me, sarebbe risolutiva.
Stride ancora il confronto con lumano osservare, o come dicono i saggi, percepire la citt, e Italia Nostra ?
Luomo vive sulla sua incompiutezza.
Facciamo un discorso pi ampio.
La sonda Spirit che non trova lacqua su Marte, limportante comunque che sia arrivata, genera tanti sogni e tante speranze. Il mondo virtuale al quale abbiamo sempre pensato per tanto tempo ora, a nostra disposizione, un intero pianeta da esplorare. Affinate le tecnologie sar territorio di conquista.
Ma luomo incompiuto e spero tanto che non venga in mente a qualcuno (non improbabile) di trasferire scorie nucleari e rifiuti tossici sul sito marziano tanto lo spazio c ed tanto. E allora cosa faremo se non ci siamo occupati di prendere delle posizioni convincenti in campo terrestre (cittadino) chi ci soddisfano? Accetteremo tutto tanto poi si risolver in futuro? Avremo nascosto unaltra volta le bucce delle caramelle sotto il tappeto.
Sar lURBANO, il tema dominante di questo nuovo millennio, inserito per in un altro genere di relazioni, oltrech mediali di matrice organica come un corpo vivente in cui linterazione dovr costituire un vero e proprio sistema nervoso sensibile e attento. Anche larchitetto sapr che oltre a progettare unabitazione deve trattare con altre relazionalit di quellabitazione vista come tassello insostituibile di un maglia relazionale vivente. Questo determinerebbe edifici e quartieri pi vivibili. Purtroppo la mancata considerazione di certe componenti sociali ha fatto diventare lURBANO, o un vero e proprio fortino super controllato o super degradato, isolato in periferie sociali percettive pi che fisiche.
Stride ancora il confronto, lURBANO una NATURA da salvare. E un concetto complesso che per non esula dal non tenerne conto, e Italia Nostra ?
Luomo vive nella sua incompiutezza e quando, come a Ravello, si creano delle confluenze dinteressi, non soltato economici, ma accompagnati da una certa qualit dintervento architettonico che plasmer unendole nello stesso luogo, forme artistiche quali musica, spettacolo, architettura, bellezze naturalistiche e storico-paesaggistiche appartenenti ad un naturale sistema connettivo-collettivo i
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586
di Paolo Marzano
del 17/01/2004
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
A favore del progetto per l' Auditorium a Ravello di Oscar Niemeyer
Questo caso diverso, racconta non di un'architettura generata per richiamare l'attenzione, ma di un'architettura che completa un quadro generale d'esigenze umane. Qui non si 'decentra', non si 'decongestiona' non si 'restaura mummificando' non si 'decora scimmiottando', qui si creer l'architettura per il suo primo scopo. Realizzare un desiderio che da tempo esiste ed ha bisogno di concretizzarsi in un 'ambito variabile' un architettura prodotta, questa la cosa fondamentale, da una volont collettiva. Il produrre architettura come continuazione materica di funzioni umane derivate direttamente da pratiche artistiche. Quale migliore luogo d'intervento dove l'architettura stessa chiama per un architetto?
E allora quale migliore possibilit se non quella di realizzare il progetto che Oscar Niemeyer ha preparato per Ravello?
Se la preparazione del Parsifal, predispose Richard Wagner, nel suo viaggio in Italia, a riconoscere tra le bellezze paesaggistiche, ed in particolare quelle di villa Rufolo, il giardino magico di Klingsor, allora possiamo avere una leggera percezione di un luogo dove diventa logico far nascere interessi culturali. Infatti, da cinquant'anni a Ravello si celebra un Festival dedicato a Wagner. La presenza per buona parte dell'anno, di musicisti artisti intellettuali, ha generato pratiche 'indotte' di rispetto e osservazione attenta dell'ambiente circostante che ha acquisito un valore aggiunto di notevole spessore sociale. E' in atto a Ravello una verifica pratica di come un ambiente storico pu coinvolgere 'le arti' fino a trasformare elementi naturali in energie 'sensazionali' e 'relazionali' che esaltano l'ambiente paesaggistico senza il quale, chiaro, non sarebbe sucesso un bel niente.
La natura ha preparato uno scenario che l'uomo pu e deve comprendere, rispettare ma a maggior ragione, da questo possibile far nascere altre forme di attenzione per elementi che con la natura si compenetrano o ne sono la diretta continuazione, vedi la musica, l'arte, la ricerca di nuove forme d'espressione artistica e non ultima l'architettura. A chi ha qualche dubbio sull'inserimento dell'auditorium vada a indagare nella storia dell'architetto Oscar Niemeyer. Una vita colma di tante e tali realizzazioni di ricercata qualit e di lotta contro la megalomania dittatoriale sui popoli, da uscire indenne da qualunque ipotesi di accusa di 'rovinare' un paesaggio con le sue idee.
Quando parliamo di un grande architetto qual' Oscar Niemeyer, dobbiamo fare riferimento alla nostra onest intellettuale e stabilire cosa intendiamo in quel momento quando usiamo il temine 'opera d'arte'. Una volta stabilita una definizione, la useremo per capire la vita intensa e sempre d'alto livello del maestro. Una delle caratteristiche essenziali della sua vita, ci accorgeremo, riguarda proprio la ricerca dell'opera d'arte (mai architetto fu pi indicato, quindi, per Ravello). Certo, quando si tratta di progetti di opere pubbliche molto difficile creare un'opera d'arte, ma il maestro ha guardato soprattutto alle nuove esigenze che il corpo costruito, genera nella confluenza delle funzioni, delle forme e della materia del suo stesso ambito (il luogo), rispettando cos la continuazione dello spazio creato, con l'ambiente. L'architettura infatti deve sempre azzardare creando spazialmente eventi nuovi rispetto ad una trama 'funzionale' data, deve cercare secondo Niemeyier :" la bellezza, che la preoccupazione di un artista e lo scopo di qualsiasi opera d'arte. [] Una volta Le Corbusier mi disse che io avevo negli occhi le montagne di Rio. E' vero. Ma non solamente le montagne di Rio".
Notiamo come la sua architettura plasticamente si evolve in forme antigravitazionali moltiplicando sbalzi e sperimentando nuove gestualit materiche che, definire moderne, determinerebbe una regressione al senso qualitativo dell'opera di un'intera vita. Il suo approccio progettuale, di fronte al foglio. Testimonia il lavoro dell'architetto fatto di ricerca estenuante e continua capace di assorbire, maturare e mettere in pratica quei segni che derivano da una colta gestione emozionale delle forme e dello spazio 'attivo' che possono generare. Ecco perch il mestro 'evoca' pi che schizzi (numerosi), dei 'grafici' d'architettura, in cui le linee denotano poetiche assimilate, testimoniano la seriet della pratica costruttrice conseguente e la responsabilit di 'corpi architettonici' che occuperanno un spazio 'ritrovato' per la vita dell'uomo. Non un'architettura simbolica, ma una pratica che affranca lo spirito, sollecita la percezione stimola la mente che si lascia andare, seguendo profili alla scoperta linee sinuose organico-materiche. Il passo seguente gi spazio.
Dalle interviste al maestro chiara la sua dinamica d'intervento che lo vede ritornare pi volte agli schizz
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550
di Paolo Marzano
del 15/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Da Isabel Archer e da Gianluigi d'Angelo giunge la notizia che riguarda il caso della Farnsworth House, molto bene. Come dai commenti che ho distribuito per la rete e che molti siti di architettura 'sensibili' hanno percepito, ho cercato di stimolare una discussione che spero abbia toccato la comunit virtuale (architettonica), non perch io abbia previsto esattamente la conclusione, praticamente sostenevo il possibile interesse pubblico e soprattutto didattico che poteva assumere la destinazione d'uso della casa in questione, ma perch ha prevalso l'unica soluzione possibile (per l'interesse dell'architettura, chiaro!), 'filantropicamente' come dicevo nel primo commento, David Bahlman, presidente del LPCI e Richard Moe, presidente del National Trust si sono attivati nella maniera pi opportuna. In primavera ci ritroveremo magari a visitarla per osservare le trasformazioni che hanno permesso di creare un luogo 'mitico'.
Come al solito per una serie di coincidenze strane:[] ma al destino non mai mancato il senso dellironia citazione calzante del futuristico Virgilio (Morfeus) dal film Matrix, quando evidenzia al novello Dante (Neo) le meraviglie nascoste nell'illusoria 'apparente' realt, mentre si avvicendava questa discussione sulle maggiori riviste d'architettura on-line contemporaneamente a Firenze una mostra sul maestro dava l'idea di questi oggetti. E' evidente anche grazie a questa mostra, una cultura dei materiali del maestro, che fanno leggere pi facilmente 'lo spazio'. Osservando attentamente s'intuisce come, nelle loro direttrici segniche, questi oggetti, rinnovano la sapiente iniquivocabile forza direzionale, nervi tesi come fughe sollecitate che confluiscono in profili unici, quasi dei gesti grafici interpretanti le possibilit del 'materiale' costitutivo. E' il frutto della tecnologia unita alla cretivit sempre attiva verso nuovi e diversi modi d'espressione; questo io chiamo modernit e questi oggetti presenti ora a Firenze e nella Farnsworth House, lo testimoniano.
Appare chiaro che sono queste linee progettuali, questi riflessi ricercati, questi esili profili, questi vuoti formali studiati e attivati da una colta sperimentazione, che possono determinare ambiti 'variabili', capaci di generare luoghi altamente significanti come la Farnsworth House. Tra le foglie degli alberi, dalle tante foto delle tante immagini che sono andate in rete ricercate dalla comunit, in questo periodo, rimane attivamente realizzata (e a quanto pare rimmarr per lungo tempo) 'la casa' di Mies nel suo breve intorno dai primi gradini, alla piastra-pavimento ancora pi leggero e fluttuante tra le piante e sollevato rispetto al terreno, carica di stimoli dai quali, credetemi, si possono iniziare discorsi architettonici importanti e soprattutto diversi.
Ci che mi sembrato interessante che la comunit virtuale della rete abbia 'reagito' intellettualmente, nessuna voce dalle 'cattedre', ma il gioco perverso della storia architettonica, generata sempre l dove si sperimenta e non se ne parla! Comunque ci siamo, grazie ai sostenitori attivi e sensibilmente pronti ad indagare per apportare in rete quella qualit comunicativa che altri media inesorabilmente stanno facendo tramontare.
Paolo Marzano
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542
di Paolo Marzano
del 10/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Si, in effetti ha ragione Domenico Cogliandro, perch no?
Il 12 dicembre in fondo il 12 dicembre, vero e basta
........per...... almeno il proprio nome con un messaggio muto....perch questo indicherebbe una presenza, un'impressione in corso, una visione virtuale in formazione, un'immagine rinvenuta da particolari ricordati o studiati su manualistiche rivisitazioni, una foto di una costruzione tra gli alberi....in un bosco..... il bianco della struttura.....il vetro....la pilastratura...il pavimento che scivola e galleggia in un luogo diverso...una rarefazione architettonica che invita a riflettere... addirittura a pensare....uno spazio ridotto ma con un' unica caratteristica: essere libero.
Grazie dei vostri pensieri per lo spazio di questa casa, pensarlo un p viverlo !
Non importa, basta questo!
Paolo Marzano
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540
di Paolo Marzano
del 04/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
La comunit virtuale che segue questo caso risponda decisa e dia un parere riguardo la vendita della Farnsworth House di Mies van der Rohe, il 12 dicembre 2003 da SOTHEBY'S a New York, la strada aperta alle idee. Cerchiamo di affilare i termini di questo nuovo tipo di comunicazione ed esploriamo in rete, nuove idee di confronto e di discussione, forse mancava proprio questo, chiaro, l'episodio che fa scattare una 'scintilla emozionale'. Siccome tutti gli appassionati di architettura hanno provato emozione guardando la ricerca e l'opera che ha condotto nella vita, Mies van der Rohe, ora verifichiamo questo episodio, come un attacco alla nostra sensibiliti 'personale'.
Sapete perch? Grazie a questo caso che riguarda l'opera architettonica di un grande maestro della storia dell'architettura, possiamo stabilire fin da adesso, delle ipotesi che in futuro serviranno ad indagare i casi di 'mala gestione architettonica', elencando in rete, a seconda dei casi, i possibili errori commessi, magari sollecitando docenti o tecnici o appassionati e conducendoli a 'parlare' in rete discutendo con la comunit di possibili ipotesi risolutive evidenziandone pregi, difetti e possibilit evolutive.
Cercheremo, grazie a questo caso, di creare 'un precedente' rispetto al quale muoverci. Io personalmente mi sono attivato (vedi commenti) per rintracciare in rete quante pi notizie possibili e descrivendo l'opera secondo canoni puramente spaziali e relazionali, notando i commenti di altri che hanno indicato immagini e analisi ancora pi attente e dettagliate. Bene. Nasce quindi una ricerca ed una documentazione che con l'aiuto di un' INTELLIGENZA COLLETTIVA sta portando a termine un'indagine eccellente! Una collettivit che si muove individualmente, ma che elabora 'aggiornando' comunemente i termini e il materiale, oggi presente in rete.
E' una prova di civilt evoluta, dove chi ha da ridire, a sua volta determina proposte, nuovi punti di vista e crea ambiti per nuove idee.
Quale il finale?
Ve lo spiego. Avendo trovato tutto questo materiale e avendolo fatto leggere a tutti (almeno ai compartecipanti, che spero siano molti), come se avessimo condotto un 'rilievo' virtuale documentato dettagliatamente della Farnsworth House.
E sapete a cosa porta questo?
Ad una sua conoscenza diretta e quindi ad una sua 'OCCUPAZIONE VIRTUALE' . Il consenso il primo metro di giudizio e se basato su regole democratiche, dove tutti hanno la possibilit di partecipare, allora pu valere la pena di collaborare con un parere, immaginando per esempio la destinazione d'uso o il sito dove potrebbe collocarsi l'opera in questione .
Secondo me proprio questo il caso!
La collaborazione aperta per uno scopo; la partecipazione vale se esiste un fine capace di mutare per una sua forma pi 'colta' o comunque, migliore. Far sentire la propria voce per l'architettura moderna penso che sia un buon motivo; non vi pare? Nel prossimo caso di 'mala gestione architettonica' occuperemo virtualmente qualsiasi architettura e trarremo da essa energia propulsiva per una nuova terminologia, di confronto, di discussione elaborando, a questo punto, intellettualmente una strategia che ci porti alla 'scelta' ; capace di far sognare, desiderare e realizzare.
Paolo Marzano
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534
di Paolo Marzano
del 30/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
A difesa dello spazio di discussione su 'Antithesi', per la Farnsworth House, un'osservazione a Howard Roark
Ben vengano le discussioni, ben vengano i confronti anche pi accesi e le parole pi ardite. (non volgari, bene chiarirlo). Si ha bisogno di confronti, dialettiche diverse che s'incontarno testimoniando i diversi livelli di comunicazione esistenti. Questo affila i termini e prepara il linguaggio critico a scandagliare spazi per la parola, tematiche delle pi svariate e discussioni passionali sempre nuove (ricordiamo come la 'colta' rappresentanza della dotta casta di Semiologia, tacci di superficialit e di qualunquismo le 'osservazioni' affrontate da Roland Barthes nei suoi scritti, quando a loro dire, la materia non doveva essere usata per portare " la semiologia in cucina"), risultato? E' sotto gli occhi e nei testi di tutti.
Per, ritengo che sia fin troppo facile recuperare dalla storia dell'architettura esempi che 'appoggino' le nostre cause ed elencarli per commentare! E' la mossa pi prevedibile e scontata, scomparsa al salto del 800/900, penso che siano altri i termini, anche per una certa onest intellettuale nell'interloquire. Posso farLe degli esempi per cui la Farnsworth House risulterebbe una costruzione qualunque senza importanza, ma preferisco farLe mille altri esempi perch essa venga salvata e non messa, come dice Lei 'sottovetro'. Ancora una volta per cercare di 'non' capire l'architettura la si confronta con gli abitanti che vi ci abitano o inquilini che possono anche non sapere delle vicissitudini della linea costruttiva e della ricerca che c' dietro (mi ricorda certe interviste in tv, con domande studiate solo per avvalorare solo la scelta di una parte decisionale, anni settanta americani).
Bh, sono tanti gli esempi come questo nella storia dell'architettura.
Poi, si ancora, rinominato Bruno Zevi per dare un giudizio 'colto' sull'opera in esame. In pi si definiscono i commenti che si stanno pian piano susseguendo e si susseguiranno fino al 12 dicembre, " appelli tra il tragico e l'infantile". Bene, Le dico subito che di falsi profeti che viaggiano in un'aura zeviana ne stiamo vedendo ben troppi. Non si verificato mai, che lui (prof.Zevi), abbia nominato un suo successore n l'abbia fatto mai intuire, diversamente da come ha concluso il suo intervento al Manifesto di Modena. La lezione del maestro prof. Zevi sempre lontana dalle conclusioni conformistiche e dai silenzi pseudo-intellettualistici comunque e dovunque sempre scollegati dalla realt architettonica. Sono tanti gli esempi come tanti ne farebbe chiunque avesse letto un po d'architettura, e poi, Lei si chiesto, 'per esempio', cosa avrebbe detto Zevi dopo aver visto che il 'geniale' Frank Gehry ( al momento della scomparsa del prof. lo stato veramente) con Bilbao, dopo aver fatto diventare di 'maniera' lo spazio architettonico? Un' impasse architettonica! Zevi declamava che con l'architettura di Gehry si era raggiunta una probabile libert progettuale, bene! E' vero, ma certo non possiamo inondare di fogli di titanio qualunque spazio avvertendo della destinazione d'uso! Quindi la pura libert architettonica che diventa un suo limite progettuale! Allora, iniziamo a non chiederci nulla a nome di Zevi, ed a non avere paraocchi 'storici'; gi con questo saremmo un po pi vicini al maestro. La Farnsworth House un passo della sperimentazione e quindi accettiamola e difendiamola per il 'passaggio' costruttivo che rappresenta. La sperimentazione credo sia, e spero che rimanga, un argomento ancora aperto essendo punta d'iceberg della ricerca, lo studio e l'aggiornamento continuo. Poi, se a qualcuno non interessa l'argomento meglio lasciare ad altri l'impegno di proporre alternative o cercare di costruire qualcosa comunque di parlarne. Se proprio non deve funzionare l'idea, allora sar stata una ragionevole e stimolante discussione per affilare (ripeto) gli strumenti per un prossimo eventuale caso di 'mala gestione architettonica'.
Non nel proporre idee che vale "il meno il pi", quella, un'altra storia.
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526
di Paolo Marzano
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Casa Farnsworth, un'architettura 'valutata', altre notizie per saperne di pi.
Il 12 dicembre 2003 prevista la vendita all'asta di uno dei capolavori del maestro tedesco Ludwig Mies van der Rohe. No, non si tratta di una frase ad effetto che nasconde chiss quale trovata pubblicitaria, siamo proprio di fronte ad una vera e propria vendita al maggior offerente di un'architettura.
L'elegante struttura che testimonia una ricerca ricca di spunti e novit per quanto riguarda lo studio di possibilit espressive architettoniche, verr 'valutata', venduta, acquistata o comunque spostata in un altro sito. Un'architettura che nasce dal luogo per il quale stata concepita, capace di esaltarne l'essenza naturale contribuendo ad una sua naturale estensione. Un'architettura che non s'impone ma afferma la leggerezza e la continuit, unendole all'ineffabile rarefazione, ora stata tristemente 'valutata'. Casa Farnsworth era stata commissionata e acquistata da Edith Farnsworth nel 1951 per 75.000 dollari. Quando la casa fu messa in vendita da Edith Farnsworth nel 1971 fu fortunatamente acquistata da un ammiratore di Mies, che nonostante risiedesse a Londra, restaur l'abitazione e si preccup di arredarla con mobili disegnati dallo stesso architetto. Cre un luogo dove, evidente, come dallo spazio possano nascere direttrici strutturali che dal particolare della sedia o dalla leggera linea del tavolino, possono proiettarsi per trasmettere segni di rinnovata realt, che inondano il vuoto creando innumerevoli relazioni derivate da una sperimentazione che noi possiamo definire certamente come architettura. E' uno degli esempi pi eclatanti di come lo spazio pu, in alcuni casi, dopo uno studiato e attento dosaggio di componenti progettuali, diventare esso stesso, struttura. La Farnsworth House situata sulla riva destra del fiume Fox (Illinois), a sud di Plano, circa 75 km ad ovest di Chicago. La grandezza del terreno originariamente acquistato dal dott. Edith Farnsworth era di 3.8 ettari. La casa adagiata fra gruppi di alberi ed orientata con l'asse maggiore sulla linea est-ovest. E' storicamente importante perch stata l'ultima casa tra i lavori del maestro Mies, costruita dopo la sua immigrazione negli USA. Storicamente quindi, pu essere considerata la sintesi forse, di un periodo che ha tramutato ancora di pi la materia costruttiva in un evidente 'meno', dando vita alla fusione di acciaio e vetro come componenti fondamentali di una rarefazione dominante e determinante che davvero arriva senza difficolt al 'pi'. Esempio di estrema semplicit, chiarezza, quindi alla ricerca della probabile interazione con l'ambiente esterno. Considerata la casa moderna pi bella del mondo, insieme alla famosa 'Casa sulla Cascata' di Frank Lloyd Wright. Lex governatore dello Stato dellIllinois, dove si trova la casa, avrebbe voluto acquistarla per trasformarla in museo e per questo aveva chiesto uno stanziamento. La sua proposta per stata bocciata e il futuro della Farnsworth House ora unincognita. Ricordiamo che l'attuale proprietario, Lord Palumbo, della "casa di vetro", l'aveva offerta nel 2001 allo stato dell'Illinois per una cifra pari a 7 milioni di Dollari, prezzo rivelatosi troppo esoso per le casse pubbliche. Pertanto Lord Palumbo (proprietario anche di una villa di Frank Lloyd Wright, una di Le Corbusier) si rivolto alla casa d'aste Sotheby's, la quale ha fissato la data della vendita al 12 dicembre 2003, stimandone il valore, compresi gli arredi, per una cifra tra i 4,5 e i 6 milioni di Dollari. Nell'epoca di una preponderante manifesta virtualit architettonica, occorre allora stabilire strumenti e nuove ipotesi d'intervento per creare le condizioni per la difesa di queste architetture dalle quali tanto ancora si pu e si deve imparare. Cerchiamo di inserirle in circuiti didattici per convalidarne i nuovi percorsi comunicativi e inoltrarsi cos, nello studio di quel complesso elemento che lo spazio architettonico progettato.
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508
di Paolo marzano
del 19/11/2003
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Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Chi ha architetture per intendere
di Paolo Marzano
Colgo lo scritto di Guidu Antonietti su Antithesi e su Channelbeta riguardo la vendita della Farnsworth House di Mies van der Rohe, il 12 dicembre 2003 da SOTHEBY'S a New York.
Il 1946 la data di quest'intuizione che ha fatto balzare in avanti la ricerca architettonica, consegnata poi nel 1951 al Dr.Farnsworth. Nelle vicinanze delle rive del Fox River a Plano a est di Chicago negli Stati Uniti.
Esempio di leggerezza strutturale capace di contribuire alla ricerca architettonica pi di tante parole e di mille esempi, dando una visione reale, di quell'elemento che ancora oggi si fa fatica a spigare: lo spazio. Pensiamo a come potrebbe diventare se venisse ridefinita come meta (magari spostandola in un altro sito come il Padiglione di Barcellona del '29) per diventare una 'sosta architettonica', inserita in un circuito mondiale di una 'pomenade architectural'. Ogni studente potrebbe vederla, osservarla, contemplarla per assorbirne la confluenza energetica di cui intrisa. Nel mare di esempi ormai considerati 'minimali', ritengo sbagliato destituire dalla sua enorme capacit progettuale, la Farnsworth House. Essa nello stesso tempo l'evoluzione cristallizzata di un luogo, un' opera aperta che didatticamente pu convalidare nuovi percorsi e inoltrarsi nello studio dello spazio progettato. Qualche fondazione illuminata, per la salvaguardia dei capolavori o qualche gruppo finanziario si renda filantropicamente conto del valore storico soprattutto culturale e sociale di questo capolavoro dell'architettura. Sono d'accordo sulla scelta di aROOTS nel farla diventare un sito virtuale, ma ritengo la virtualit 'un ambito' mutante che scivola e fluttua tra idee concrete e lavora per realizzarle. Se invece di un oggetto rimane l'immagine virtuale e non si riusciti a far niente per l'oggetto reale che contenitore e contenuto, dello spazio (inteso come relazione), allora c' ancora tanto da lavorare, per non vivere tristi e povere 'simulazioni di annunciate assenze'.
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469
di Paolo Marzano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Il concetto chiaro come chiaro l'entusiasmo di Fadda, per c' una piccola osservazione che vorrei fare. Eccellente l'articolo 'giornalistico', ma personalmente ritengo che poche opere nella vita di un architetto possano portare a riflessioni esperienze dibattiti. La ricerca architettonica salva, plauso al 'Maestro Gehry' arrivato per, secondo me, all'apice di una visione globale con il 'manifesto della libert architettonica' con Bilbao. Lo abbiamo visto, compreso, ammesso tutti, il resto per diventa una 'ripetizione dell'identico'. Non potrebbe il mondo sopportare pi di un'opera di questa fattura e carica 'sensazionale', ora aspettiamo un'evoluzione della sua pratica architettonica. Una nuova libert da riconoscere e da esaltare. Lo hanno fatti in tanti e non vedo perch Gehry non lo dovrebbe fare. Che superi la soglia della ripetizione scultorea boccioniana in titanio, inoltrandosi in altri ambiti nuovi, ne ha tutte le potenzialit ma non vedo perch trasformare la libert architettonica in tecnica industrializzabile o in spazio libero 'codificato' secondo la sua 'Gehrytecnologia', un grande architetto anche senza i cloni 'TITANICI' ; per che vada avanti!
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467
di Paolo Marzano
del 04/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Io proporrei, per tutti gli interessati, invece, di analizzare tutti insieme la stessa opera architettonica. Attenzione, potrebbe essere anche un'istallazione realizzata in qualche esposizione. Oggi che si parla tanto di 'intelligenza collettiva', di 'gruppi interattivi' sarebbe un esperimento da fare per poter capire e forse meglio interpretare come, dove e quando inizia a realizzarsi uno spazio architettonico; nei territori virtuali o su di un foglio di carta casuale o visivamente percependo segni ancora non identificati che si presentano a volte nella nostra realt. Comprenderemmo sensibilit, esperienze diverse e soprattutto introdurremmo una volont nuova, basata su un'architettura sempre diversa, percettivamente riprogettabile quindi 'interattiva' ma, imponderabilmente, condivisa.
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455
di Paolo Marzano
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identic
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Tempo fa in uno scritto dal titolo 'L' Uomo Altrove', analizzavo proprio questo argomento che P.Eisenman sottolinea, sono pienamente in linea con lui. Vedete, incastrando forme anatomico-organiche o zoomorfiche di qualunque profilo e carica digitale; una testa di cavallo o un pesce dei fogli al vento o della lamiera accartocciata, evidentemente una strada da percorrere, insomma la libert formale raggiunta pu distribuire qualunque piega e concavit, ma il rischio di trasformare quest'enorme possibilit in un'impasse progettuale!
O titanio o teflon o qualsiasi altro materiale va bene come esperienza tecnologica, da evitare la produzione in serie di forme casuali a cui appiccicare il nome a seconda della destinazione d'uso del momento.
Sappiamo gi da tanto, tanto tempo che una forma libera pu contenere un solido geometrico oppure quest'ultimo contenere la prima, sappiamo che i due volumi possono incastrarsi e allora realizzano 'interferenze' o NURBS o anelli di Mobius come le volete definire, bene studiamone le caratteristiche spaziali e azzardiamone le possibili intelaiature rimanendo attenti alla forma generale altrimenti finiremmo per creare acquari giganteschi o bottiglie con i velieri all'interno o gabbie per imprigionare le nuvole (forme costrette). Certo la tecnologia sollecitata dalla grande scala d'intervento, ma la forma ormai 'industrialmente' acquistabile! Incredibile,
(sapevamo che andava a finire cos, la 'gehrytechnologies' insegna).
Oppure, i contenitori tanto in uso negli ultimi tempi, costituiti da una maglia strutturale 'grigliata' capace di amplificare visivamente la forma per contrasto rispetto ad un fondo omogeneo, mostra una forma illusoriamente libera per 'contenuta'. E' un approccio veramente povero! Rimane una condizione abbastanza frustrante, basare la passionale intenzionalit architettonica solo stabilendo la scala degli omini di riferimento magari ben distribuiti attorno all'aura di un poco probabile 'sublime informatico'. Tutto questo lo conosciamo gi lo abbiamo studiato, digerito, ripercorso e ritrattato ma capace, sotto altre spoglie di ri- ri- ripresentarsi.
Sappiamo dunque quanto sia 'popolare' tra alcuni degli osannati maestri contemporanei, la tendenza a caratterizzare la trovata architettonica attribuendole del valore aggiunto di perfezione digitale, tale forma "[] carica l'immagine globale di valori autoreferenziali", vedi F.Purini, Il disegno digitale , Quaderni LAR, 3, 1998 pp.19-33.
Bisogna riferirsi ad esempi pratici per analizzare e tentare di interpretare alcuni elementi che si presentano con il nostro 'quotidiano' architettonico in preda a sconvolgimenti mediali e trasformazioni comunicative. Questo ci aiuta ad oltrepassare pian piano la linea invisibile tra una realt fisica relazionale-materiale, connessa alla grande citt parallela del mondo delle informazioni, o almeno quello che noi percepiamo di essa, durante il nostro 'normato' vivere, relazionale-virtuale. In caso contrario l'apparire della scontata ma mai compresa, 'ripetizione dell'identico'. Ottimo Eisenmann, mi sembra il momento di annuller questa pratica architettonica che ci ha torturato per decenni, esaltando il 'sensazionale'.
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214
di Paolo Marzano
del 10/12/2002
relativo all'articolo
Lartista non vede, guarda
di
Sandro Lazier
Riflessioni d'architettura.
L' architettura intesa come serbatoio permanente delle metafore del linguaggio filosofico, ma anche intesa come pura relazione delluomo con il mondo che lo circonda (seconda pelle) con tutte le implicazioni che questo innesca. Allora probabile che sia un problema di approfondimento concettuale, magari destrutturando o semplicemente, mettendo in discussione la realt contemporanea (realt architettonica).
Per cui mi sono chiesto, tentando di "vedere" nelle pieghe di questa realt e dietro i grandi paroloni che stanno maliziosamente agevolando un paradosso percettivo innescato logicamente dalla facile quanto allucinante mediazione culturale che, secondo me, si sta trasformando in qualcosa di pi preoccupante; nella pericolosissima mediazione percettiva. Un commento fatto di domande, tanto per riflettere su quanto st succedendo potrebbe aiutare a guardare per vedere o vedere per guardare,meglio una realt in continua mutazione!
Un'architettura fatta di messaggi e informazioni, ma com' fatta?
Cosa mettiamo sul vetrino del nostro microscopio d'analisi architettonica?
Qualcosa ci deve pur essere da scandagliare per sentirne l'odore, o da toccare sentendone la materia, da ascoltare per recepirne le leggerissime vibrazioni, insomma, per viverla!?
Mi chiedo allora, possibile che una continua esposizione ai nuovi messaggi, o comunicazione pervasiva a tutti i livelli ci porti ad una possibile condizione di sparizione-allontanamento, ossia a vivere una situazione che, parafrasando Philip K. Dick, nel racconto che molti architetti dovrebbero leggere "Vedere un altro orizzonte",ci renda sospesi, in balia di correnti di ragionamento anche fuori dalla realt, e ci abitui in questo messaggio subliminale continuo fatto di virtualit de-materializzata?
Ma nessuno ha mai pensato che, la realt contemporanea cos carica di informazioni di esposizioni di ipervisibilit di straevidenza dinamica, ci stia solo distarendo dal "guardare" la nostra vera dimensione con le nostre sperimentali coordinate senza "mediazioni" di sorta, aggiunte?
La velocit alla quale siamo es-posti (trasformazioni culturali e tecnologiche ) pu de-realizzare la nostra dimensione al punto che chi controlla i mezzi di comunicazione ha, s, un potere, ma anch'esso instabile e frammentario come la realt che ha creato per definirsi?
La iper-esposizione alla ricchezza-informativa obbligata, o resa preziosa da circuiti perversi commerciali e strategie di marketing, pu allora dinamizzarsi fino al punto di condizionare la nostra persistenza retinica e non sollecitare null'altro?
Listante, inteso come istante dellesperienza, sta forse prevalendo sulla contemplazione possibile?
Se loggetto (architettura o mondo possibile) abbandonato per una sua immagine virtuale, allora losservazione mediata e contribuisce ad una pericolosissima pigrizia percettiva che privata del contatto materiale?
Ma allora il viaggio, come tempo della conoscenza, il travaglio tanto declamato da Zevi per i suoi saggi critici di personalit importanti dell'architettura che hanno maturato nel tempo la loro architettura, per farla divenire ricchezza ed esperienza, proponendo lo spazio come unico elemento fondamento dell'architettura cosa diventer contraendosi come ci indica, la velocit di visione mediata e comunque sintetizzata e non vissuta?
Con queste premesse derivate da uno stato di cose che nell'ambiente architettonico, non vengono tutt'ora guardate anche se evidenti, ho timore che il tanto declamato nomadismo inteso come fonte di ricchezza e confronto di civilt, flusso, viaggio, si risolver forse in un incontro indifferente tra individui dallaspetto simile alle figure umane dipinte da Munch: sagome esili, scure, dalla faccia pallida o verdastra, con occhi a spillo inespressivi e profili immobili.
Il flusso di gente che scorreva oltre la vetrina del caff, nel racconto di Edgar Allan Poe - in luomo della folla - non aveva forse gi in s lembrione di quanto la velocit (l'uomo vettore) d'informazione mediale, nega lo spazio e l'architettura, nellurto indifferente che nasconde al proprio interno il limite o la stessa fine delle relazioni sociali in una citt, ricaricandosi poi con una virtualit equivoca e perversa?
Gli shock descritti da Walter Benjamin in Baudelaire e Parigi, possono allora essere intesi come preludio allindifferenza e ad una sorta di pigrizia nell'appropriarsi della realt (pecettivamente), ovvero un rifiuto della dimensione che si vive proprio nelle nostre brulicanti citt, tanto conformi quanto manifestatamente mute?
10/12/2002 - Sandro Lazier risponde a Paolo Marzano
Io credo che in questo momento le riflessioni filosofiche sull’architettura non portino a nulla di veramente convincente.
Se lo stato di fertile disagio in cui versa la creatività deve portare a qualche sbocco significativo, questo avverrà abbondantemente sopra le (o a lato delle) riflessioni della ragione pura. Il segno espressivo non ha necessità di misura e di forma, non richiede permessi alla ragione e, soprattutto, vive di sintesi ed autonomia.
Stabilire cosa sia “architettura” e cosa no è un problema che riguarda le categorie e la loro definizione; certamente non riguarda i progetti e il cammino che hanno intrapreso dentro o fuori la possibilità di concretizzarsi materialmente.
Per quanto riguarda la dimensione critica del problema, mi sento di affermare che l’unica strada conveniente sia quella relativa al rilievo etico del progetto, prima di quello estetico o più comodamente razionale.
Questo è il senso dell'articolo.
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216
di Paolo Marzano
del 17/10/2002
relativo all'articolo
Volume puro e dinamismo: che tipo di rapporto in t
di
Sara Gilardelli
Scatole e relazioni, sottovetro!
Qualcuno mi spieghi...
Da un p di tempo sto notando un susseguirsi di immagini sia televisive sia su riviste, dell'ultimo progetto di Fuksas. A questo proposito, visto che Lei ha affrontato opportunamente il problema le comunico una mia osservazione.
Prima una pubblicit evidenzia presumendo " la dinamicit dell'intuizione dell'architetto, dove lui, schizza su di un vetro con un pennarello, dopo che il vento ha fatto volare un pezzo di carta nel suo campo visivo. Un gesto veloce e diventa unauto dellultima generazione!
Un gesto veloce che diventa, anche, lenorme corpo galleggiante (si fa per dire) del Centro Congressi vincitore. Bho!
Infatti, il progetto vincitore del Centro Congressi in Italia stato
traccia del concorso internazionale a Roma bandito dal Comune e dallente Eur, vede una grande massa sospesa, una grande nuvola di teflon sostenuta da una fitta rete di nervature dacciaio.
Vorrei capire descrittivamente la struttura in questione e spero che qualcuno voglia farlo (avenguardia della cultura italiana del terzo millennio? Bho!)
Qui sono poste a contrasto due forme che prendono vita luna per negazione dellaltra. Il risultato? Un hangar con dirigibile incorporato, oppure una nuvola in gabbia o ancora una forma ameboide che ci adegua al vento internazionale delle trovate architettoniche non pop (sarebbe meglio), ma blob.
E possibile non notare che leffetto dato da simile creazione, nasca da una colossale, banale retorica che carica di un significato architettonico ci che invece non ne ha? E gli elementi anchessi retorici, quasi dei luoghi comuni, vengano connessi come in un grande Frankenstein, solo per creare effetto senza nessuna importanza architettonica??
Spiego meglio il contrasto per negazione, un brillante viene venduto in
una scatolina. Per far risaltare la pietra preziosa, in genere (una regola
scontatissima), viene messa a contatto e inserita in un supporto nientemeno di velluto nero o blu notte, perch???
E tutti in coro rispondono: "perch il brillante con la sua luce naturale, per contrasto, deve uscire dalla sua scatola visivamente, mostrando la differenza fra s, e il nero materiale assorbente, capace di azzerare qualsiasi bagliore diventando il fondo della splendida pietra!!!!
La luce della pietra, infatti, vince su un fondo omogeneo nerissimo.
E leffetto di cui parlavo !
Ripeto come ho gi scritto, che certi individui "sensibilmente" attenti a certi codici o linguaggi si accorgono delle parole improprie o certe ripetizioni dialettiche o luoghi comuni, perch in architettura, mettendo un corpo che gi Gehry (inizitore di una importante libert segnica-strutturale), ha rifiutanto, sistema definito di maniera o, secondo me, una trovata jolly, la resa dell'architetto verificata da strutture nuvola o liquide (perch rendono bene negli effetti dei rendering!) il blob risolvitutto in piena tendenza, in Italia si sta guardando come uninnovazione. Quindi unameboide o bloboide che per negazione si esalta per differenza, della scatola o prisma puro dellinvolucro.
Chiss con quali conseguenze percettive nellambito studentesco. (ci tengo a dirlo, secondo me, molto pi evoluti)
Molti gruppi infatti, sono veramente avanti, e preparati rispetto agli archietti istituzionali e rappresentativi del paese.
E mio timore che con queste scatole con la sorpresa dentro, immerse in
acquari trasparenti ci si stia inoltrando in una nuova era assurdamente
neo-postmoderna. Arrivata, dal vento orientale (molto pi tecnologicamnete preparato)
Cosa ne pensa Lei, che ha trattato il tema del suo articolo, penso che conosca gi il progetto!
Mi sbaglio, oppure si tratta di una mia allucinazione visiva? vorrei una spigazione plausibile sui termini e codici adottati, che per, abbia spessore percettivo e culturalmente motivato.
Annegare negli effetti dei rendering dal basso, con prospettive grandangolari (Wide) mi sembra molto poco, sono trucchi che gi Boulle conosceva, ma essendo un genio e non usava il computer, ci metteva una dose di rarefazione dellaria tra lo spettatore e lopera disegnata, rendendola umana. Questi operatori del computer invece, danno il via ad un rendering, creando profili da cartoni animati definendo delle creature tipo Frankenstein, badando un po troppo al dettaglio dei materiali e dimenticando linsieme di un architettura che va completata e assolutamente ancora approfonditamente studiata.
Certo, nessuno ha, assolutamente, la presunzione di sottolineare in rosso lerrore grammaticale insito in queste soluzioni, ma spero che le nuove e fertili generazioni di architetti con il loro lavoro facciano capire lesistenza di queste banali trappole formali di stra-riconosciuta
definizione. Non Le sembra?
Oppure ho
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215
di Paolo Marzano
del 14/10/2002
relativo all'articolo
Lartista non vede, guarda
di
Sandro Lazier
...continuando riflessioni d'architettura
La ringrazio della risposta, decisa e pi o meno convincente.
Sono contento di sapere e, osservare la conferma, dell'idea, personalmente sostenuta, di un'architettura in trasformazione continua che si rivela in luoghi sempre pi lontani dai simposi dichiarati e dalle cattedre accademiche! Su questo siamo d'accordo.
In quanto all'implicazione filosofica ci sarebbe qualcosa da chiosare. Sappiamo bene che dal testo "La fine del classico" di Peter Eisenman, (Cluva editrice) specialmente nell'introduzione di Franco Rella, che chiara la posizione di una "filosofia" architettonica esistente, (si voglia o no) definita in un luogo di attraversamento o luogo "altro" o non-luogo o zona interstiziale o evenemenziale o eterotopica (termini di riconisciuto spessore filosofico-architettonico), comunque un luogo attivo, carico di energia dinamicamente confluente e capace di stimolare diverse e sempre pi affascinanti visioni architettoniche futuribili.
Il fatto che gli argomenti filosofici sull'architettura non siano convincenti, chiaro, non lo potranno mai essere visto che la filosofia nasce per curare "il male del reale" di cui l'architettura posside lo stesso cromosoma; infatti, cerca di curare la difficolt, di ognuno di noi, d'inserirsi in un "suo particolare spazio " di questa realt. Niente di pi eticamente valido.
Non si vuole banalmente chiarire ci che architettura da ci che non lo , ma pensare alla pericolosit di alcune flessioni negative che, guarda caso, dimostrano sempre le stesse caratteristiche nel presentarsi (da ricordare il post-moderno che dietro teorie stimolanti di indagini formali e segniche, fin per riprodurre pedissequamente, quelle io chiamo "forme vendibili" e che il mercato raccolse con fiducia facendole diventare vettori di messaggi propri.
Ora si ripropone il rendering "blob", cio l'effetto che trasforma una goccia di rugiada su una foglia, in un grande centro polivalente. Tecnica ormai abusata dai giovani fino ai pi grandi architetti. E' chiaro che non pu funzionare, una forma vendibile "di maniera" direbbero certi storici, ci si pu immaginare veramente di tutto!).
Se i "nastri" di Zaha per Roma, come si vedono gi dalle mille pubblicazioni, somigliano ai segni realizzati da Alvar Aalto per l'interno del Teatro dell'Opera di Essen, va bene! Ancora, infatti, non gli avevamo visti realizzati al computer di Hadid, ma intanto questa una ricerca "d'ambito variabile", quella delle "gocciolone" che ormai stanno in ogni rivista, no!
Si pu affermare che i rendering sono visioni fascinose di realt virtuali, ma sono una "rappresentazione" della realt-verit, e non sono architettura, per la quale esistono altri valori di pratica e giudizio?
Altrimenti di tutto l'insegnamento di Bruno Zevi, le sue invarianti e il suo insistere nel non creare una regola formale, ma avere il coraggio di azzardare e cambiare la propria visione senza classificazioni o compromessi, andrebbe di colpo a farsi benedire! Per i progetti di "blob" varrebbe, secondo me, il discorso che Lui faceva per le case di Wright, cio non copiarle pedissequamente, ma capirne la metodologia, cambiando volta per volta i riferimenti e adeguandole al luogo, rinnovandosi continuamente.
Oppure ci toccher osservare "la fase blob" di tutti gli architetti, giustificandola con l'interpretazione liquida, quindi fluttuante, quindi aderente al tema del flusso d'informazioni e alla loro velocit, un vero "virus letale" per lo spazio architettonico. Se, per, si approfondiscono alcune sue implicazioni filosofiche inerenti all'informazione nel contesto architettonico, le modifiche e le sue varianti interpretative.
A volte penso che, a livello concettuale, per capire il mondo dell'informazione e le modifiche che esso induce nell'architettura, si dovrebbe pensare metaforicamente, al salto di definizione che c' stato dal passare dalla videoregistrazione analogica con quella digitale. Se digitale vuol dire "frammentare misurando", segmenti sempre pi piccoli di spazi registrabili per cui si aggiungono pi dati, da cui la quasi perfetta visione, cos si dovrebbe fare con l'informazione; una volta osservata nelle sue intime caratteristiche come materia d'analisi (anche con il filtro della filosofia architettonica) allora si potrebbe capire a fondo qual' quella parte di essa capace di inoltrarsi in simbiosi con l'architettura e quale parte dovrebbe evitare, con essa, il contatto!
Ammassando qualunque genere d'informazione e pretendendo che viaggi sicura con ogni architettura possibile, un discorso secondo me, pericolosissimo!
Poi ognuno pur libero di crearsi una sua strada, ma mi dispiace di una cosa; che molte di queste strade di ricerca architettonica, stiano coincidendo, nello stesso tempo e negli stessi luoghi geografici. Bha! Sar una mia impressio
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213
di Paolo Marzano
del 12/10/2002
relativo all'articolo
Lettera per il moderno
di
Sandro Lazier
Archittettura diventato sinonimo di Flussi , che come incontenibili e straripanti torrenti, scivolano senza seguire direzioni. Non esistendo argini che possano trattenere la loro potenza divulgatrice, hanno disintegrato l'antica localizzazione e hanno cavalcato i vettori comunicativi umani facendo proprie le diverse possibilit, trovando strade impensabili e mai usate secondo questi scopi.
I flussi hanno consumato il concetto di localizzazione, di coordinate fisiche, dellessenza del mondo materiale. Tutto ci non lo vedo in maniera negativa, sia ben chiaro, ma non vi sembra che dietro questa mascherina, ci stiano tante di quelle foto e argomenti sulle riviste specializzate, che "colano rendering a cascata". Non pu essere questa la nuova nicchia architettonica!
Vorrei si riflettesse, per su un concetto che ho cercato di chiarire su un mio articolo di prossima uscita di architettare.it, un aspetto della realt che viviamo e di cui bisogna tenere conto.
Bene, linformazione, come sappiamo, regna incontrastata il nostro tempo e le nostre visioni, con essa tutto un nuovo genere di relazioni, che non sto ad elencare da Benjamin fino a Foucault passando da Tschumi, Eisenman e gli ultimi "nastri di Zaha" contrapposti agli "aculei" primordiali, per non parlare delle visioni annacquate degli ultimi blob che si affacciano sulle colline del progetto a Pentedattilo per l'area archeologica. Dentro le bolle pu succedere di tutto l'importante farle assomiglire quanto pi possibile ad un liquido che si aggrappa dovunque, cio negli ultimi 3-400 concorsi!!! Dentro le bolle, tanto giustifichiamo l'informazione, che essendo incolore, inodore a-tattile, va bene cos. E, no! L'architettura penso sia una cosa diversa, nessuno ha la presunzione di definirla "assolutamente" (meno male), ma quella che vediamo, sappiamo che non lo , per tante ragioni basate sul fatto che quelle forme sono oggi di "tendenza" (e gi questo le allontana da concetti architettonici. Comunque, veniamo al paradosso di cui volevo parlare, esso insito nella struttura intima dell'informazione, unico elemento da indagare nei prossimi anni, per sviluppare un'architettura adeguata, vero infatti, che linformazione segue una velocit propria e non ammette ingerenze e appesantiti parametri, come il tempo e la distanza, quindi linformazione stessa, che tende a sottolineare lentropico degrado dello spazio. Attenzione !! Qui si parla di "mutazione della percezione", fondamentale per questo tipo di visione architettonica, e non di forme e di rendering come gli ultimi concorsi di gruppi giovani! L'architettura non solo visione! Altrimenti le descrizioni di Bruno Zevi di opere di architetti come Gaud o Mendelsohn, Wright o Van De Velde si vano a fare benedire e questo non va bene! L'architettura si odora e si tocca esiste come presenza e traccia un'ombra esattamente come la tracciamo noi! Lo spazio ci fa crescere e con esso la vera serie di "relazioni", ma queste sono diverse, da quelle che ci vogliono far credere. Quelle "altre relazioni", non sono, ora, mature troppo legate ad una forte componente mediatica sottoposta a strategie di mercato, che rifiutano sua maest, lo spazio!
Esso finisce per essere un ostacolo, come unincrostazione destinata, con il tempo, a scomparire. Paradossale!
Come pu, infatti, un elemento che nega totalmente lo spazio, diventare promotore di nuove idee e della sua stessa nuova concezione ed evoluzione? Questo un nodo da chiarire, sicuramente alimenter nuove strategie d'intervento (speriamo perch cos, sar difficile andare avanti, circondati e avviluppati in ipertrasparenze e atmosfere , non pop, che sarebbe interessante, ma blob, senza scampo!). Daltronde lapalissiano che linterattivit si rivela come uno scambio veloce, unazione che nella sua presunzione di ubiquit, pu evolversi in diverse maniere, ma fugge da qualsiasi compromesso formale; praticamente, il segno e lo spazio sono azzerati.
Pensate che questo probabile paradosso di fronte al quale prima o poi ci troveremo tra velocit dell'informazione e contrazione dello spazio (architettura) sia valida come tematica di discussione e riflessione, secondo me il tema principale della critica futura che distinguer le diverse diramazioni e le diverse definizioni delle diverse informazioni e la forza che avranno distinguendo quelle capaci di trasportare un carico di significato architettonico da quelle che avanzeranno senza di esso.
Oppure L'architetura non avendo bisogno di vettori portanti, si affider alla materia unico pattern educativo e didatticamnete comunicativo, che avendo un tempo "contemplativo" tutto suo, negher una velocit divulgativa e mediale, inutile?
Grazie dell'attenzione.
Commento
179
di Paolo Marzano
del 09/07/2002
relativo all'articolo
Firenze - Zevi Maestro di domani
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Allintellettuale Bruno Zevi.
di Paolo Marzano
Vorrei portare la mia testimonianza di un ricordo che ho, di una passione comunicativa del Professore che riescito a svegliare, con la sua dialettica un sentimento dappartenenza indissolubile dellarchitetto, alle fasi di trasformazione del mondo, caricandolo di responsabilit, accusandolo dindifferenza e proclamandone le vittorie, quando ne esistevano le indiscutibili prove.
Tanto tempo fa conobbi personalmente il Professore ad una conferenza alla presentazione del testo Linguaggi dellarchitettura contemporanea. Si tenne nellaula del Disegno, allAccademia del Disegno in Firenze il giorno 02/12/93.
Poi tempo dopo lo rincontrai nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio alla presentazione del Progetto per lalta velocit di Firenze il 06/04/98, era il coordinatore del gruppo di progettazione. Una stetta di mano forte e appassionata da chi, con assidua e ardua polemica si lanciava in discorsi dritti come lance e permeati di una concreta e pregevole cultura e articolazione intellettuale. Personalit autorevole che ha scritto pagine memorabili. Con le sue declamazioni di marinettiana memoria, comunicava una passione che ardeva e sprigionava energia positiva per noi che eravamo attoniti ascoltandolo e sperimentando quellelasticit mentale che i suoi interlocutori raramente seguivano per quanto vasto e importante era il suo spaziare, argomentando e saltando da un riferimento storico, alla verifica architettonica e al ricordo bibliografico. Fatti riportati con tanta facilit e con una lucidit mentale conseguente allallenamento letterario e alla preparazione incommensurabile. I riferimenti diversi e lontani portavano ad una sola strada; la libert per lindividuo contro la prevaricazione continua e i tentativi di ritorni ad ordini costituiti. Dopo la morte di Frank Lloyd Wright dichiar che dal quel momento in poi si poteva fare solo filologia sullarchitettura del maestro americano. Dopo la scomparsa del Professore, ho idea che si pu solo tentare di ricercare una critica e una metodologia per verificarla, lontana comunque dalle sue potenzialit indagatrici che partivano verticalmente per analizzare fermenti e contestualizzarli, prefigurandone atmosfere e realt impreviste.
Di tanti architetti dichiarava la genialit come di alcuni descriveva la deplorevole fama, senza mezzi termini o timori compromissori. Degli scritti e dei famosi discorsi del Prof. sono a conoscenza, almeno due generazioni di nuovi appassionati, dallalba tra le righe del particolaristico C.L. Ragghinati fino ai giovani critici contemporanei. Del grande intellettuale che era il Prof, ricorder sempre le due tematiche che come messaggi subliminali, trasmetteva in ogni sua energica discussione: la prima riguardava langoscia dellarchitetto. Genio che soffre per la trasformazione lenta e dolorosa di unidea, di un progetto, di una visione, quindi della realizzazione terrena di un sogno. Consapevole che qualunque trasformazione rappresenta una piccola morte per quello che proiettato a diventare altro. In questi alti e bassi emozionali si trova lo spirito del tempo di cui luomo deve nutrirsi per immergersi in questa realt.
La seconda tematica un atteggiamento: lo scegliere di stare sempre dalla parte di una minoranza per battagliare e mostrare i limiti e la facile prevaricazione, caratteristica dei pi. Mettersi contro qualunque ordine che si sospetta si stia per costituirsi. Combatterlo prima, altrimenti ci vorr pi tempo e molta pi energia, dopo. E questo linsegnamento che non ammette compromessi e mediazioni. Gli ordini costituiti generano appartenenze, le appartenenze generano gerarchie, le gerarchie emanano regole, le regole generano classificazioni di idee insieme a manierismi interpretativi e..ci risiamo unaltra volta!?, Rieccoci, ricaduti nelle conventicole che usano i loro termini, i loro codici e si crogiolano tra concetti vecchi e stantii che regolano i comportamenti. Stranamente sento parlare tanto e dappertutto del Professore, spero che oltre a nominarlo ed a ricordarlo in mille occasioni (cosa che gi stato detto, lui non avrebbe certo voluto). Spero che oltre a nominarlo si porti avanti con coraggio, una testimonianza di competente e accesa ricerca mirata, contro i qualunquismi architettonici che si stanno pian piano rivelando sempre pi ed il congelamento intorno ad alcune idee e visioni architettoniche di cui le riviste sono piene, praticamente contro gli ordini che si costituiscono. Il nemico, ha insegnato il Professore (architettonicamente parlando), nascosto dietro una ripetizione stilizzata e una sintesi veloce, dietro ogni luogo comune, dietro ogni forma facile e vendibile. Per ricordarlo sar utile sicuramente combattere con la cultura le critiche sterili (tante e per niente propositive), con gli strumenti affilati, della passione, della dialettica uniti indissolubilmente ad una dinamica cultura.
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Commento 1097 di Paolo Marzano
del 25/02/2006
relativo all'articolo L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di Sandro Lazier
Chiude la rivista L'Architettura - Cronache e Storia nostre, le sue riflessioni .
La rivista L'Architettura Cronache e Storia, ha chiuso i battenti. L'avvenimento, com'era previsto, ha innescato, nelle pagine delle maggiori riviste on-line, una matura discussione, interessante sicuramente importante che mostra quanto sia stata di riferimento per gli appassionati e gli studiosi di architettura, questa storica rivista italiana.
Non voglio entrare in merito ai motivi della chiusura, che pur sono stati accennati nella dinamica discussione di questi giorni in rete, ma voglio riflettere sull'accaduto, da persona appassionata che si cibata del suo enorme bagaglio culturale, prima da studente ed ora da professionista. La visione dell'architettura di Bruno Zevi, una realt; a questa realt, l'insuperabile professore ci ha preparato e sostenuto con la pubblicazione, non solo de L'Architettura Cronache e Storia, ma con le molteplici pubblicazioni dei diversi testi per cui la verifica dell'applicazione delle sue metodologie interpretative, aiutava ad osservare quell'architettura in continua trasformazione.
La vita della rivista L'Architettura, era legata direttamente alla sua determinante e fondamentale figura critica, scomparsa questa, purtroppo, non doveva altro che verificarsi quello che poi lentamente successo. Corrisponde, infatti, alla visione concettuale aderente, secondo me, all'atteggiamento di Bruno Zevi.
E ora? Ne ho gi parlato in un altro scritto on-line Simulazione d'assenza di 4 o 5 anni fa, di questo gioco strano di accadimenti storici.
Il prof. Bruno Zevi ci ha accompagnato alla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dellarchitettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo. Consapevole, gi, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilit espressive di una nuova stagione architettonica e, in uno degli ultimi suoi scritti risalenti al 22 settembre del 99, chiude con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda unipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, non in riga. Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia. Vedere lontano, daltronde, anche oltre i propri limiti, sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto rivela: [...] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessit di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso larchitettura attrezzata per captare tali valori. Ora dal manifesto di Modena vorrei ricordare quanto egli comunica all'assemblea nella conclusione: [...] Io sono felice perch so che, in qualsiasi momento, sentendomi mancare, posso rivolgermi a voi, dicendo: continua tu, tu, tu, tu. Grazie.
Eredi culturali diretti? Sono i suoi appassionati sostenitori. La libert dell'architettura vive dove esiste la dinamicit della ricerca e non dove ristagnano parole e teorie di dotte conventicole. E' vero che dalle nuove antenne possono arrivare vecchi messaggi, questo il rischio!
Ritengo che, per la sua visione, non certo la chiusura della rivista che lo avrebbe preoccupato, ma della tendenza del piangersi addosso, invece di scatenare altre battaglie per come l'architetturra o la figura dell'architetto viene trattata in Italia. L'Architettura Cronache e Storia, rinascer dalle sue ceneri? O forse no? Non sar certo la stessa che conosciamo!
I messaggi del prof. Zevi, sono sicuro viaggiano e viaggiano veloci. In questo momento non c' lui (purtroppo) e non c' la sua rivista. Quanti di noi hanno nella loro personale libreria, in uno scaffale o forse pi, i suoi testi, essi funzionano tutt'ora; se sono stati letti attentamente inizieranno a funzionare. Sono degli schemi strategici con piani di battaglia indicati, stato il suo messaggio per tanto tempo; un imperativo deciso dal tono declamante marinettiano, lo ricordiamo tutti; la battaglia continua, ci ha allenati al metodo di ricerca, a stare attenti alla lettura dei codici dei segni e alle interpretazioni veloci e tendenziose, ci ha addestrati per stanare la retorica e intrappolare la ripetizione ciclica di rigurgiti architettonici sterili travestiti da modernit. Il suo messaggio viaggia nelle menti di intere generazioni di architetti e appassionati sostenitori della sua coerenza intellettuale. Della rivista L'Architettura, penso che questa interruzione, sia la chiusura di una bellissima avventura di cui tutti noi possiamo solo raccontarne orgogliosamente le vicende. Risuscitandola sarebbe azzardato perch non avrebbe lo stesso impatto.