5 commenti di Luigi Moffa
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846
di Luigi Moffa
del 29/11/2004
relativo all'articolo
Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Chiara Manzoni,
premetto che non ho davvero nulla contro di Lei, ne contro gli studenti che intasano la burocrazia lenta delle facolt di architettura italiane. Ognuno libero di gestire la propria vita, e di operare le scelte che sente nel momento che vive. Ma continuo a non condividere una sola parola di quanto Lei scrive.
Secondo Lei volont, ostinazione ed intelligenza possono bastare per raggiungere qualsiasi traguardo della vita. Cosi con volont, ostinazione ed intelligenza si pu diventare tanto un campione di calcio quanto un buon architetto. Non credo assolutamente in questa tesi. L'ostinazione di per se un atteggiamento che nasconde pi lati negativi che positivi. Guardare avanti con i paraocchi non la immerge in modo pieno ed esclusivo in ci che la circonda. La volont relativa anch'essa. Come si pu essere volenterosi al cospetto di un qualcosa che produce insofferenza? Il lavoro occupa gran parte del tempo della nostra vita. Tra le ore di riposo e le ore passate in ufficio si consumano i due terzi della nostra giornata. Quindi starei molto attento a parlare e addirittura consigliare ostinazione.
Il non aver nessuna tradizione artistica nell'albero genealogico della sua famiglia non una buona scusa per giustificare mancanza di talento. Il talento. Esattamente ci che la Cipriano e la Archer hanno travisato. Io non mi riferivo a persone super dotate di chiss quale ingengo come le uniche a poter parlare Architettura. Resto convinto che senza una minima dose di talento e predisposizione non si pu pretendere di mettersi sullo stesso piano di chi quelle doti le ha come dono di natura.
In quanto al bagaglio conoscitivo storico-culturale anche li ci sarebbe molto da discutere. Entro la fine del terzo anno lo studente doveva gia aver dato un certo numero di esami (mi riferisco al vecchio ordinamento). Oggi addirittura arriva la laurea alla fine del terzo anno di studi (nuovo ordinamento). E Lei dopo 3 anni lamentava la mancanza di bagaglio conoscitivo storico-culturale? Sono sicuro che nessuno abbia mai preteso da Lei "professionalit", ma posso capire quanto sia irritante il dialogo tra due persone che parlano la stessa lingua e che non si intendono. Nessuno deve insegnare a progettare, perch non vi alcun tipo di regola nella progettazione. Nulla di prestabilito, nulla di valido in assoluto, nulla di non valido in assoluto.
"l'Architettura non esclusiva di chi la vede come vocazione, se cos fosse.... ci sarebbero pochissimi architetti". Se cosi fosse ci che mi auguro.
Saluti Chiara Manzoni. Le auguro vivamente di prendersi le dovute soddisfazioni dopo anni di frustazioni. Ora possiede il titolo.
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836
di Luigi Moffa
del 18/11/2004
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Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Non volevo colpevolizzare nessun studente che durante il percorso degli studi incappa in periodi di crisi pi o meno giustificati. Ho scritto di una societ che vive di mode a breve scadenza e di un'Architettura che non ha opposto, perch inerme, nessuna contro misura che limitasse l'affluenza di soggetti pi o meno dotati. Certo, esistono ancora i test di ammissione ed un numero limitato di immatricolazioni annue. Ma anche questo tipo di sistema lascia alcune perplessit. Ma non di questo che volevo parlare.
Nell'era dei continui tagli all'istruzione pubblica temo un collasso della stessa o quanto meno uno sfoltimento di menti che per interessi economici preferiranno l'istruzione privata. Se cosi fosse (un qualcosa di molto simile avviene gi da tempo in America), ci sar un'istruzione privata di alta qualit perch laddove entrano in gioco cifre ingenti di denaro (frequentare quel tipo di universit diverrebbe molto oneroso) il servizio offerto deve assicurare docenti di qualit. L'attrazione dei docenti risulta maggiore se si pensa al prestigio professionale che deriva dall'insegnamento in una scuola con un "buon nome". E ci sar un'istruzione pubblica frequentata dai meno facoltosi, economicamente, e da docenti che per proprie capacit non possono aspirare a quella privata. La storia ci ha insegnato che civilt passate molto sviluppate come la nostra subirono un declino che and di pari passo con il crescere della distinzione tra ricchi e poveri.
Ma fortunatamente siamo ancora lontani da questo tipo di scenario. Certo che l'attuale sistema universitario italiano, ed in particolare le facolt di Architettura, vivono quotidianamente problemi di sovraffollamento. Cosi facile trovarsi a dover frequentare un corso di progettazione con pi di cento iscritti. Quanto gestibile tutto ci? Ore ed ore di estenuanti attese per poter fare dieci minuti, nel migliore dei casi, una revisione su di un lavoro settimanale. Liste di attesa interminabili per poter sostenere un esame. E tutta una serie di altri problemi che conosciamo. Credo che in tutto ci non sia giusto mettere sullo stesso piano studenti dotati rispetto a studenti che vedono l'Architettura come una magia. Della magia conosco streghe e fatture, maghi e cilindri. Non siamo maghi che da un cilindro estraggono conigli, colombe, e mazzi di fiori, estasiando bambini affascinati dall'ignoto. L'Architettura non si fonda su trucchi. Anche se a volte la cozzaglia di materiali, forme, e stravaganze che vediamo in giro pu far credere questo. A mio avviso vi dovrebbe essere molta pi selezione tra chi si candida a voler scrivere i destini della futura Architettura. Oggi tutti vogliono essere artisti, e vedono nell'Architettura un facile mezzo raggiungibile anche con scarse capacit. E non si sbagliano di molto. Perch alla laurea arrivano persone che dell'Architettura non hanno capito un gran che. E molto probabilmente non la capiranno mai. Ne abbiamo gi troppe di mine vaganti.
La selezione fattibile gia al primo anno di corso. Non si parte mai dal nulla, e per questo la vocazione riconoscibile. La selezione permette di poter incentrare le energie dei professori sugli studenti pi meritevoli. Ripeto, pi dotati. E, credimi, tutti ne trarremmo vantaggio.
In quanto ai professori, non so Lei che facolt abbia frequentato o stia frequentando, ma della casistica da Lei proposta (parla di professori che obbligano i giovani studenti a comprare libri autografi, di professori che declamano le proprie teorie spesso posticce senza concedere alcun dibattimento critico) ne ho conosciuti un 5% sul totale dei docenti che ho frequentato. Sono sicuro che la stragrande maggioranza degli attuali docenti siano persone valide e dotate di dignit che non la vendono per un incasso di poche centinaia di euro annue. Inoltre i "cosiddetti esami complementari" sono opzionali. Per fortuna vi una vasta scelta, e mi creda: non tutto quello che per lei e "posticcio" posticcio anche per gli altri.
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834
di Luigi Moffa
del 17/11/2004
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Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
A volte sorrido di fronte alla facilit con cui vengono mosse certe critiche. Ma questo il paradosso della critica stessa: che critica sarebbe se non vi si induvidua solo ci che proprio non va? L'accusa resta ancora il metodo pi semplice per farsi accettare in un circolo vizioso dove tutto suscettibile di condivisione o di ulterori critiche.
Cosi Chiara Manzoni desiderava docenti che fossero meno docenti e pi umani. Perch dopo due anni e mezzo di frequentazione della facolt di Architettura non capiva ci che il docente spiegava. Mi sorge un dubbio: Chiara Manzoni si mai chiesta allora se era realmente portata per gli studi intrapresi? Purtroppo nella societ delle mode l'Architettura non ha avuto scampo. Ed il numero delle opere realizzate in un anno inferiore al numero dei neo-laureati.
Poi, per, dopo due anni e mezzo di frustazioni, dettati da continui ripensamenti fino al punto di voler abbandonare tutto, quasi per magia (Lei lo chiama destino...) grazie all'aiuto di un angelo ispiratore poco pi grande di lei, arrivarono le conferme tanto attese. Lo studente di architettura prima, e l'architetto poi, non possono non essere estremamente narcisisti e convinti ed orgogliosi dei propri mezzi. L'autostima non pu calare perch ne risentirebbe il confronto verso un'arte che per sua stessa natura tende a dominarci, ma che dobbiamo imparare a dominare. Se non si domina non si possiede. E se non si possiede non si pu pretendere di parlare ed intendere Architettura.
Quanto e cosa pu pretendere uno studente da un docente? Cosa pu insegnare un docente di progettazione ad una massa di 80 studenti annui? Nella migliore delle ipotesi insegna ci che ha appreso, metabolizzato, maturato e prodotto nel tempo. E che di solito non si ferma a "due libri pubblicati che raccontano cose gia scritte". Nella logica di tale migliore ipotesi, il docente in possesso di un linguaggio, non solo verbale, atto a spiegare le sensazioni vissute in prima persona. A questo punto si pu non condividere il modo di fare architettura di quel determinato docente, ma non si pu non capire ci di cui si sta parlando. Quando accade di non capire credo sia il caso di cambiare l'indirizzo degli studi intrapreso. Chiedo: si pu pretendere che un docente di progettazione ci insegni a progettare?
Molto carina la descrizione fiabesca dell'Architettura come magia. Voglio sperare che Chiara Manzoni non cercava cartomanti ma architetti che parlavano Architettura.
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748
di Luigi Moffa
del 21/06/2004
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Un diverso risveglio
di
Giovanni D'Ambrosio
Sabato 19 Giugno 2004
A DAmbrosio Giovanni
Mi chiedo se a volte non valga la pena di vivere una notte in compagnia di una donna appariscente, con cui passare una meravigliosa serata al lume di candela, restando incantato dal fascino che, trucchi a parte, riesce comunque ad emanare, per poi svegliarsi e alla luce del sole limpida del mattino constatare che forse non ne valsa la pena.
Il gioco sta nella conoscenza a priori di quello che verr dopo. Mi spiego meglio, continuando ad utilizzare la metafora di DAmbrosio: se la sera stessa si sa del tutto fumo e niente arrosto allora perch non concedersi solo per quella sera rinunciando a farla dormire con se? Perch non restare affascinati ma tenendo in ogni modo le dovute distanze? Bisogna saper farsi affascinare ma restando con i piedi per terra. Cogli lattimo, ma non farti infatuare.
Un buon architetto deve innanzi tutto essere dotato di buona critica. Ben poco di quello che passa sotto i nostri occhi rappresenta il giusto, e non tutto quello che a prima vista ci sembra appariscente ed affascinante sar quello che poi veramente condividiamo. Certo che il falso troppo spesso, e per fortuna, non degno di nota. Ma se il falso diventa una mostra di quadri come sta accadendo a Siena, patria dei pi grandi falsari di dipinti rinascimentali, allora perch non andarla a visitare? Prestinenza Puglisi riconosce alla copia pi vera del vero un certo valore, se non altro ai fini conoscitivi. Non che personalmente sia daccordo in tutto e per tutto con laffermazione di Prestinenza Puglisi, ma si parla di una copia pi vera del vero
Quello che maggiormente ha attratto la mia attenzione stato il fine conoscitivo, quel fine conoscitivo che da solo dovrebbe bastare a giustificare la riesumazione di architetture che il tempo, con il quale spesso non ci confrontiamo, ci porta via. Fino a qualche tempo fa venivano posti al di sotto della prima pietra di un edificio di una certa importanza alcuni oggetti di uso comune o carte recante la genealogia dei proprietari costruttori. Erano consci, e mi fu ribadito in una delle prime lezioni che ho seguito alla facolt di architettura, che il tempo si riappropria, prima o poi, di quella fetta di spazio ingabbiata dalluomo. Condivido il punto di vista della Cipriano, e cio che dobbiamo abituarci a rielaborare il lutto delle architetture perse.
Le attuali riviste di architettura, "sfogliate le pagine iniziali, superate le solite pubblicit", "offrono al lettore alcuni progetti che incuriosiscono per la loro forza cromatica". Ma il buon architetto, dotato di spirito critico, qualit essenziale per la disciplina che tratta, non deve soffermarsi pi del dovuto su ci che pi appare, ma deve indagare sui significati pi profondi dellarchitettura stessa. I maggiori scatti a cui sono state sottoposte le case di Wright sono stati effettuati al tramonto, con le luci dellinterno accese. O almeno gli scatti pi suggestivi sono stati fatti in quel periodo particolare della giornata. Si pensi alla Casa sulla Cascata, alla penombra generata dal bosco retrostante ed alleffetto di quelle luci che si diffondono nellambiente apparentemente incontaminato. Bhe ma la Casa sulla Cascata non si ferma al tramonto. E un architettura che vive 24 ore al giorno e che se anche fosse stata ritoccata fotograficamente per attrarre maggiormente lattenzione, deve comunque la sua importanza alla firma, tutta particolare e che ben conosciamo, del suo inventore.
Il buon architetto deve vedere oltre il ritocco, deve saper vedere quello che sta dietro al ritocco. Quando Berlage port in Olanda i primi progetti di Wright (mi riferisco all'album Wasmuth del 1910), mai tratt di petto la questione dellarchitettura organica sostenuta con forza, come capo saldo della sua stessa concezione di architettura, dal grande maestro. Perch Berlage per primo, e di seguito chi prendeva atto delle sue visioni (Wils pi di tutti), guardavano allessenza di quellarchitettura tanto moderna per quei tempi da far paura.
"L'architetto narratore di significati reconditi imponderabili" di P.Marzano mi affascina piu della donna appariscente.
Berlage e company non si sono fatti abbindolare dalle piante arrampicanti disegnate da Wright nei suoi prospetti. I progetti di Wright venivano letti oltre le sue rappresentazioni naturalistiche, nella sola loro essenza.
Un ritocco pu servire ad attrarre lattenzione, con tutti i benefici che ne conseguono per "larchitetto che, comprensibilmente, ha premura di vendere il suo progetto" e per "la carta stampata, vere e proprie chimere, che ci nutrono attraverso lirreale cultura dellimmagine", ma oltre ad attrarre lattenzione non credo che un architettura vada letta per il gioco dei "vetri specchiati o malamente colorati", o per "gli effetti di un architettura che si specchia in un laghetto o sulla ghiaia che si riflette irrealisticamente su soffitti e pareti". Oltretutto se malament
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Commento 855 di Luigi Moffa
del 19/12/2004
relativo all'articolo Public Art e Architettura
di Vilma Torselli
Larte da sempre privata nel senso che, potere civile o religioso a parte, suscita in persone diverse, diverse sensazioni. Mi riferisco ai gusti ed alle affinit che ognuno di noi nutre nei confronti di quella o quellaltra data opera. Perch larte in fondo altro non che un catalizzatore grazie al quale riusciamo ad elevare lanimo sino a vedere, quasi palpare, effusioni e sensazioni che nel quotidiano mondo delle tre dimensioni non sono nemmeno lontanamente concepibili.
Quel restare estasiati di fronte ad un opera e che sia di pittura, scultura, architettura o quantaltro ci viene spacciato oggi per arte, ma pur sempre con letichetta darte, non importa come una sorta di viaggio. Metafisico, ovviamente, e quindi senza tempo e senza spazio, senza una partenza e senza un arrivo, senza bagagli e senza compagni di viaggio. Una quarta dimensione in cui non esistono angoli di rotazione ne vettori direttori. In perfetta solitudine ci si addentra nei meandri dei propri piaceri, ci che locchio da solo non vede ma che la mente concepisce lo stesso. Una sola mente che si estranea, esclude tutto ci che fisicamente la circonda concentrando le energie unicamente su quel dato evento. Non credo che pi menti, tante stando a quante se ne augura la Torselli, compiono questo viaggio tutti stretti per mano. Non vi un treno che si ferma in stazioni che prestabilite a priori non possono essere. Non vi neanche una meta. Tutto funzione di variabili, fattori e circostanze diverse a seconda del singolo individuo.
A mio parere non pensabile di poter riqualificare territori degradati per mezzo dellattuale Public Art. Il risultato di tale atteggiamento visibile nelle migliaia di sculture senza senso che da un po di anni adornano le tanto attuali rotonde stradali. Spazi circolari racchiusi ed inutilizzabili che si crede di poter nobilitare inserendovi oggetti che lignoranza comune decanta come arte. Nello stesso tempo si da la caccia ai ragazzi che esprimono il loro essere in questo mondo ed il modo in cui lo avvertono, lo vivono, dipingendo con bombolette spray sui muri delle fatiscenti periferie.
Non si pu pensare alla Public Art come strumento di una moderna cultura della socializzazione. Oggi, ed in misura sempre maggiore con il passare del tempo, i nostri figli socializzano nel mondo virtuale di internet, in cui sentimenti virtuali si avvertono, drammaticamente, reali. Li dentro custodiscono corrispondenze quotidiane, amici ed amore. Stanno scomparendo i luoghi della socializzazione come in passato noi ci siamo abituati a viverli. In questo contesto la Public Art deve essere poca e di valore. Perch la confusione non fa altro che accentuare il disinteresse collettivo. E deve custodire una metafora, una storia da raccontare, un senso, cosi come hanno avuto un senso per tanti anni gli svettanti monumenti in ricordo dei caduti in guerra. Un numero esiguo in rapporto a quanti ne usufruivano. Un attestato di affetto che, nello stesso intento, accomunava comunit intere.
Se poi si vuole prescrivere la Public Art allobbligo di rapportarsi al contesto in modo da preservare la specificit, la storia, la memoria, il significato conferitogli dalla gente che lo frequenta si viene meno alla possibilit, che larte offre, di forte contaminazione tra culture diverse. Attualmente credo sia atteggiamento retrogrado relegare la Public Art al solo significato conferitogli dalla gente di un luogo. Mai come oggi tante culture cosi diverse tra loro sono entrate o stanno entrando in contatto. Ne viviamo gi una guerra: quella di religioni tra Oriente ed Occidente. A cambiare la stessa visione del mondo, e la Public Art, e larchitettura e tutto ci che si eleva nella sfera dellarte, devono darne giusta lettura.