Ho letto recentemente sul NG it.arti.architettura
(29 Feb 2000) a firma di certo Demetrio: << In due parole: cos
il decostruttivismo?>>.
Segue il riferimento ad un testo di Claudio Roseti, "La Decostruzione
e il Decostruttivismo, Pensiero e forma dell'architettura", in cui
si afferma (virgolettato e quindi riferibile fedelmente al testo): - L'architettura
legata alla filosofia, in quanto l'estetica una disciplina filosofica.
La filosofia viene chiamata in causa poich la decostruzione, estesa poi
all'architettura, deriva dalle teorie filosofiche del francese Derrida.
-
La cosa in s, la verit assoluta, non esiste,
si hanno sempre significati che rinviano ad altri significati. Si ha quindi
una concatenazione del rinvio. -
L'architetto che segue la decostruzione mette in questione le forme
pure della tradizione architettonica, ricercando i sintomi di un'impurit
repressa che viene cos portata in superficie. - L'errore
di base di molti critici sta nel considerare come opere assimilabili alla
decostruzione quelle che contengono smontaggi, distruzioni o simili allusioni,
mentre sono gli aspetti costruttivi del-la decostruzione quelli da assumere
e mettere in valore per l'evoluzione e l'avanzamento dell'architettura."
Linciucio decostruttivista (splendida definizione)
si presenta, in questo caso, anche in forma cartesiana, assiomatica, magistralmente
dottrinaria. Dire che L'architettura legata alla filosofia, in
quanto l'estetica una disciplina filosofica come dire che luomo
legato alla natura in quanto laria che respira elemento naturale.
Bella scoperta. Se non fossimo a conoscenza che esistono altri milioni
di riferimenti che connettono luomo alla natura non potremmo che
stupire. Concetto cartesianamente chiaro e distinto; praticamente ovvio.
Malgrado qualche dubbio semantico (che risparmio ai filosofi i quali sanno
di non sapere): cos, oggi, la filosofia? Lasciamo perdere lestetica
di cui neanche gli esperti saprebbero dare una definizione convincente
(filosofia dellarte, forse? Ma, ripeto, cos filosofia?).
Se la filosofia di Derrida vuole comprendere (prendere-dentro) e interpretare
il linguaggio contemporaneo dellarchitettura (legittimamente e con
tutti i limiti e le obiezioni che potremmo architettonicamente e non filosoficamente
produrre) ringraziamo e leggiamo interessati. Ma la filosofia di Derrida
non La Filosofia. Figuriamoci lArchitettura. Quindi, levidenza
logica dellequazione si squaglia nellassenza di significati
certi (chiari e distinti). Un po come contare cubetti di ghiaccio
al sole. Dire che La cosa in s, la verit assoluta, non esiste,
implica che anche la teoria che viene proposta non sia vera in assoluto.
Il tentativo che ne segue di ridurre a categoria gli elementi della decostruzione
, quindi, a mio modesto parere, atto del tutto arbitrario. Dire che L'architetto
che segue la decostruzione mette in questione le forme pure della tradizione
architettonica
apparentemente verosimile se per tradizione
architettonica si intenda solo quella classica, accademica, postmoderna.
Se si dovesse fare lelenco degli impuri della storia dellarchitettura
Per finire: L'errore di base di molti critici sta nel considerare
come opere assimilabili alla decostruzione quelle che contengono smontaggi,
distruzioni o simili allusioni, mentre sono gli aspetti costruttivi della
decostruzione quelli da assumere e mettere in valore per l'evoluzione
e l'avanzamento dell'architettura." I critici non possono fare errori
di base perch non c un protocollo da rispettare. Possono solo
dare liberi giudizi di valore: comunicano. A volte parlano meravigliosamente
di poesia con parole di poesia, altre si avventurano nellinfido
e ambiguo territorio della conoscenza umana, magari con le sole vecchie
armi spuntate della logica formale. Gli aspetti costruttivi della
decostruzione ottimo in poesia, pessimo in logica. Non sono del
tutto sicuro che Claudio Roseti, di cui non ho conoscenza, avesse intenzione
di circolare il suo messaggio cos come stato da me inteso girovagando
in rete. Forse un difetto di comunicazione?
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