Ho letto sulla rivista Domus di settembre
2000 larticolo di Giuliano Della Pergola Gli eroi dellarchitettura
di un critico nevrotico. Il Della Pergola, in questo scritto, tenta di
recensire lultimo libro di B. Zevi Capolavori del XX secolo esaminati
con le sette invarianti del linguaggio moderno.
Vergognoso.
Mi stato insegnato, e forse a torto visto i tempi che corrono, che si
combattono le idee, mai le persone. Ma per combattere le idee bisogna
perlomeno conoscerle, altrimenti non si hanno argomenti e si rischia di
confutare il nulla solo per colpire qualcuno, aumentando confusione, incompetenza e tante altre dannose nefandezze. Generalmente, parlar male del prossimo banalizzandone il pensiero, non rientra nelle prerogative dellumana e auspicata virt della critica dautore, ma rimane piuttosto confinato nel pi meschino vizio che va dallinutile pettegolezzo alla, molto pi
seria, calunnia. Insomma, o finisce tutto al bar degli amici o in tribunale.
A meno di trovare qualche compiacente editore disposto a vestire il topolino
con gli abiti dellelefante, a spacciare per critica le ciance, traghettando
la cialtroneria nella immune zona franca del dibattito sedicente culturale.
Immune da querele, come daltronde questo articolo, ma immune soprattutto dalla reazione di colui che, colpito, per coincidenza non pi in vita. Ma veniamo al dunque.
Sorvolando sulla presunta nevrosi (che pare aver offeso la vigliaccheria
di coloro che per anni hanno taciuto per evitare il confronto con il personaggio
recensito) larticolo contiene non solo falsit, malintesi e alterazioni
tali da supporre una conoscenza generica, per non dire assente, dellautore
stesso; contiene affermazioni per se stesse indecenti sul piano dellonest
culturale.
Infatti, gi nella prima frase, il Della Pergola dice:<<
Tutta la genialit ma anche tutta larbitraria lettura
dellarchitettura moderna sono condensate in questo volume>>
Chiedo al lettore, e ovviamente allautore dellarticolo: esiste forse
una lettura che non sia arbitraria? Esiste forse una lettura oggettiva?
Questuomo ha forse verit in tasca tali da rendere la lettura imparziale?
Ma a che serve allora la critica se si dispone di un verbo incontestabile,
assoluto, totalizzante? Se Della Pergola conosce un modo non discutibile
di leggere larchitettura perch non ce lo spiega, rendendo in tal modo
vano non solo il lavoro di una vita condotto da Zevi ma il pensiero di
circa tremila anni di civilt occidentale? Dire arbitraria lettura dellarchitettura
disonesta tautologia a buon mercato. Infatti, oltre a quella dei numeri
del contatore del gas, non vedo quale altra lettura possa essere oggettiva.
Ma c di pi. Dire arbitraria lettura ignorare di sana pianta, e non
so quanto volutamente, la struttura fondamentale della teoria zeviana
delle invarianti.
Spiego, soprattutto al nostro recensore.
La lettura dellarchitettura, come la lettura di qualsiasi segno,
soggetta allarbitrio (anche qui) dellinterpretazione (artistica, funzionale,
psicologica, sociologica, semiologia e chi pi ne ha pi ne metta). Ma
la condizione necessaria affinch un testo possa essere interpretato
che sia possibile prima di tutto leggerlo. Un testo si pu leggere quando
i segni che lo determinano hanno, oltre a senso e significato nei linguaggi
logici, una struttura, sintattica, grammaticale o dir si voglia, capace
di connettere il pensiero e il sentimento del lettore con quello dellautore.
Insomma, semplificando, nel linguaggio parlato ognuno libero di dire
ci che vuole, e scegliere le parole che vuole, ma se ogni tanto non ci
infila un verbo, un predicato, come dice la grammatica, nessuno lo comprender
e allora addio comunicazione. Nel linguaggio architettonico - sempre
che si ammetta che larchitettura sia un linguaggio, altrimenti tutto
si risolve in un mi piace <> non mi piace e buonanotte al secchio!
le cose si complicano ma fondamentalmente occorre sempre una struttura,
una sintassi per quanto complessa, pena lincomunicabilit e quindi linattuabilit
della critica, limpossibilit di dare giudizi.
Zevi si domanda: della variet di segni e testi architettonici, dal passato
fino ad oggi, quale sintassi possibile dedurre ed utilizzare per poter
leggere architettura e parlarne con il mio vicino? Inoltre, come posso
leggere unarchitettura, dandone poi giudizio, se mi mancano i criteri
che tengono insieme le sue parole? Ma dove cerco questi criteri? Nelle
regole gi scritte dellaccademismo classico? Negli stili, negli archetipi
e nei segni codificati che formano gli oggetti che determinano lo spazio
architettonico o nello spazio stesso?
Per Zevi, e per tutto il movimento moderno, stili ed archetipi sono solo
retorica e bella calligrafia; la poesia architettonica, infatti, genera
sostanzialmente spazio. Larchitettura vive di spazio. Ecco allora le
invarianti, i criteri di lettura, le costanti dedotte dalla storia e riferibili
allo spazio architettonico inteso come linguaggio. Ma attenzione, cos
come la sintassi linguistica non regola che limita la libert espressiva
dello scrittore, le invarianti non sono regole, principi, dogmi cui bisogna
attenersi e che imprigionano lespressivit dellarchitetto. Servono per
leggere e comunicare architettura, non sono regole per scrivere architettura.
Mai Zevi si sarebbe sognato di dare regole per la poesia. I suoi detrattori,
probabilmente s, visto che tuttora equivocano la sua ricerca teorica
e la combattono credendola simmetrica alla loro. Costoro, purtroppo,
del messaggio zeviano non hanno colto il senso. Come G. Della Pergola.
E conseguenza naturale, quindi, che costui affermi le seguenti falsit:
1.<<...Le sette invarianti un numero simbolico,
ma per Zevi non potevano che essere sette>> Falso! Zevi
sostenne di averne trovate sette ma avrebbero potuto essere mille, Altro
che numero simbolico. La cabala, lebraismo, buon Della Pergola, li lasci
perdere. Rischia di infilarsi in argomenti da cui difficilmente potrebbe
uscire con onore.
2. << sono i principi guida, i grandi archetipi
del Moderno in Architettura>>
Falso! Le invarianti non sono archetipi, principi guida. Lho mostrato
prima.
3. << per una comprensione meno assiomatica>>
Soltanto Della Pergola ha pretesa di comprendere un assioma perch, per
definizione, un assioma qualcosa di dato formalmente che non ha necessit
di una spiegazione.
4. <<...Ma il libro che qui si recensisce
presenta un limite strutturale: esso comprensibile da chi gi conosce
analiticamente il pensiero di Zevi, mentre invece risulta criptico per
chi non ha seguito lo sviluppo culturale dellautore >>
Risulta criptico per chi non ha capito nulla del pensiero dellautore,
peraltro sempre molto lucido. Ma allora, perch recensirlo?
5. <<...Zevi tese a declinare
i caratteri compositivi in architettura come elementi che necessariamente
tendevano>>
Falso! Zevi aborriva i caratteri compositivi e non avrebbe perso nemmeno
un minuto per declinarne alcunch
Ma veniamo alla parte terminale della tentata
recensione, quella relativa alla eroicit dei personaggi dellarchitettura.
Della Pergola la liquida in questo modo:<<
Egli leroe solitario e per certi aspetti incompreso di una visione
dello spazio e del mondo. Si autocolloca, elitariamente, tra quegli innovatori
che nelle mode trovano, non gi la scia del successo da perseguire, quanto
il limite opaco dei saperi consolidati e banalizzati>>.
Detto cos sembra pi o meno lo spot di unidea romantica rinfrescata
di consumismo a buon mercato.
Ma non cos. Leroicit condizione tragica, la si subisce. Non si
mai eroi per scelta perch la situazione che genera gli eroi.
Se di questi costellata la storia del novecento, il problema sta nella
storia, non negli eroi. Se la libert di muoversi e godere dello spazio
dellarchitettura ha costretto gli architetti alleroismo, questo avvenuto
perch qualcuno queste libert ha negato. Fino a quando qualcuno negher
libert espressive ci saranno eroi. Infatti, leroe inversamente proporzionale
alla libert ed alla democrazia compiuta.
Comprendo benissimo che chi si traveste da liberale non tolleri nessuno
che si atteggi ad eroe nel proprio ambito. Leroe lo smaschera e lo mette
a nudo. Chi comanda e sta con il sedere al caldo, infatti, non cambia
e cerca di imporre regole per legittimare il suo privilegio. Regole estetiche,
innanzitutto, perch sono le sole che riescono a restituire legittimit
etica a situazioni in realt corrotte. Combattere le regole, quindi non
seguire la scia del successo da perseguire, si impone non come scelta
arbitraria e del tutto personale, ma come condizione necessaria senza
la quale non possibile lalternanza e la convivenza democratica. La
democrazia vive di conflitto, anche estetico. La democrazia vive di disordine,
per questo occorre tolleranza. Lestetica del disordine, in rapporto alla
quale il pensiero di Zevi stato profetico, oggi vincente perch
lunica possibile per la democrazia e la civilt.
Banalizzare questi concetti significa non aver capito il proprio tempo,
lattualit dellespressionismo, la complessit come nuova scienza e filosofia,
insomma, vuol dire non aver capito proprio nulla.
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