La qualit dell'architettura per legge
 
  Oggi il 11/10/2007
Opinioni
La qualit dell'architettura per legge
di Sandro Lazier
Il disegno di legge riguardante la qualit architettonica che il Ministro Urbani sta proponendo all'approvazione del Parlamento rappresenta una vera svolta per il nostro paese. Al di l delle difficolt di natura logica e teoretica relative alla definizione di una categoria estetica rigorosa, finalmente ci si pone il problema di come promuovere e distinguere il lavoro degli architetti seri da una pi generica moltitudine di costruttori edili non sempre attenti alle virt delle loro creature.
Personalmente per non credo che questa legge, illustrata e promossa con la molla di un conflitto un po' troppo innocente tra il "bello" e "il brutto" - il "cattivo" verr dopo - possa risolvere di colpo un problema che riguarda la societ prima ancora che l'architettura. Bruno Zevi scrisse: "L'architettura il termometro e la cartina al tornasole della giustizia e delle libert radicate in consorzio sociale. Decostruisce le istituzioni omogenee del potere, della censura, dello sfascio premeditato e progetta scenari organici." Difficile contestare una cos appassionata definizione, capace di accendere la lampadina della comprensione anche presso il pi sprovveduto dei cittadini. Quindi, nel disegno di legge Urbani, qualcosa non combina.
Infatti, se si pensa di aver fatto male per anni, come si pu pensare di far bene per decreto legislativo? Ma, soprattutto, dove sta il bene? Distruggendo San Vittore? O il corviale? Avremo forse pi libert e democrazia? questo il precetto della legge? E, se cos, questo paese ha oggi una classe dirigente con forza morale e tensione etica necessarie per farci capire e condividere ci che giusto - e quindi anche "bello" - e ci che non lo tanto da meritare il rogo?
Una canzone di Giorgio Gaber, recentemente scomparso, dice: "non riempire il futuro con gli ideali del passato" - frase che andrebbe scritta sopra il campanello di ogni architetto- frase che comporta per il futuro il desiderio di un cambiamento radicale e incondizionato. Ma, per paradosso, il cambiamento ce lo propongono i conservatori di centrodestra, ovvero quelli che per scelta ideologica e propensione morale ritengono che le cose debbano restare come sono, oppure debbano cambiare tornando ad essere come erano.
E sono gli stessi conservatori che vorrebbero attribuire il giudizio sulla qualit dell'architettura agli ordini professionali - che per primi sono stati e sono responsabili della spartizione della torta dell'industria edilizia, senza distinzione di qualit, di teoria o dottrina. Modernisti e postmodernisti, tradizionalisti e avanguardisti, tutti indiscriminatamente sotto la stessa coperta senza nemmeno la possibilit e la soddisfazione di mandarsi vicendevolmente e pubblicamente a quel paese.
Mentre da un lato trovo naturale il mio disaccordo sulla definizione di qualit dell'architettura che potrebbero esprimere Mario Botta o Paolo Portoghesi, dall'altra dovrei rassegnarmi all'idea di destinare ad una istituzione concettualmente neutra come l'ordine professionale il destino dell'architettura. Chi si assumerebbe la responsabilit di scelte sbagliate? L'istituzione forse? La responsabilit sempre e solo personale, ha bisogno di un nome e una faccia da mostrare quando si sbaglia. Quando mai una istituzione - che per definizione qualcosa che esiste senza che se ne possa discutere- potrebbe essere investita di una qualsivoglia responsabilit?
Vedo molti ostacoli sulla strada di questa legge che avrebbe necessit di un atteggiamento empirico, troppo distante del formalismo e dall'idealismo della cultura giuridica italiana.
A meno che una seria riforma delle professioni, che azzeri le posizioni di privilegio e tuteli effettivamente le idealit, quali esse siano, non trovi spazio nelle strette maglie della rete di interessi di compagnia che la politica di questi tempi sembra prediligere.

Vedi disegno di legge Urbani
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  8/8/2003
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