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L'impatto che l'architettura e l'arredo urbano hanno sull'immaginario collettivo
di gran lunga molto pi influente dell'interesse che le stesse
discipline producono nei confronti della societ.
Vi ricordate i lampioni "con le palle" di corso Sempione? Opera stanca
di un maestro scomparso prematuramente fanno "bella mostra" di s
in un contesto talmente angosciante che popolazioni e amministrazioni vogliono
ricostruire "il prima-brutto" rispetto ad un "progetto-bello"
che piaciuto solo al progettista.
Ricordate il Cubo-monumento di Aldo Rossi in via Montenapoleone preso a martellate
dallo sdegno popolare.
Piazze improbabili, giardini metafisici aggrediti da arredi provinciali corredati
da lampioni imbarazzanti come nell'insuperabile anti-design di corso Lodi dove
steli curvi bicolori giallo-rossi manifestano tutta la loro inadeguatezza per
lo spasso degli studenti di architettura che li hanno eletti ad unit
di misura dell'orribile assoluto.
Il colpevole di tanta indifferenza estetica tace.
Continuate, comunque, fatevi un giro nelle faraoniche sedi dei consigli di Zona
(alcune pi grandi del municipio di New York) monumenti-caserme alla
potenza effervescente degli anni '80.
Il moderno, il contemporaneo ovunque nella nostra citt spesso
l'espressione dell'aleatoriet indifferente, priva di fascino, incapace
di imporsi sull'antico, non rappresenta il gusto non stimola: opprime.
Piazza Cadorna rinasce (ma chiamarla piazza invece di slargo autostradale
riduttivo) come affermazione di un gigantesco ego progettuale rispetto all'umile
soluzione di un nodo viabilistico fondamentale avrebbe richiesto. Affidato a
professionisti assolutamente poco adusi a confrontarsi con i problemi reali
delle citt e ad artisti ormai decotti muore prima di nascere perch
sotto le ingombranti tettoie c' la finzione del moderno. La gente protesta
e sopporta.
Altre piazze ammuffiscono tra i detriti (porta Genova vi porter direttamente
nell'interno dell'India), sottotetti che diventano parti fondamentali di palazzi
storici e luci a cascata ovunque per togliere la citt dalle tenebre,
nei parchi, nelle piccole strade a dispetto della qualit dell'ombra
che dovrebbe avvolgere parti monumentali, il brutto indifferenziato avanza inesorabile
annientando qualsiasi slancio creativo.
In questa rinuncia annunciata la pubblicit riveste come una pelle ogni
centimetro disponibile del territorio urbano con un campionario di striscioni,
cartelloni, stendardi e varie amenit. La reclame impacchetta il palazzo/cantiere
che diventa soltanto una stupida insegna per i consigli per gli acquisti.
Capolavori liberty come il diurno di piazza Oberdan franano nell'indifferenza
di una macchina amministrativa che ha scelto la mediocrit rassicurante
dell'ovvio, che non riesce ad aprire un confronto serio sul suo destino della
sua identit, sulla sua vocazione, perennemente coperta dall'ansia delle
eccellenze (Scala, Moda ,musei e bla, bla, bla) che risalgono sempre a qualche
decennio o secolo fa. Ma il Futurismo e i movimenti dell'ultimo secolo, che
hanno fatto di Milano una capitale mondiale dell'arte, dove sono? Chi nasconde
la grande passione creativa sotto l'algida mano del consenso, dell'auto-celebrazione,
di questo credere che comunque il capitale poi comunque far la differenza.
Non cos e ormai lo sanno anche quelli che continuano a non
capire che bisogna liberare il talento di questa grande citt, rischiare
,riscoprire il piacere eccitante dell'azzardo (anche se chi deve "fare"
curiosamente lontano dalle nostre idee e quindi nemico, opposizione).
A proposito di curiosit perch un famoso ristorante vicino alla
Darsena possiede un pezzo di giardino pubblico, una fetta di piazza? E' normale,
lecito?
Ripartiamo da queste domande semplici, aspettando risposte credibili, forse
cos potremo dare al moderno una dignit e alla citt il
godimento estetico non come eccezione ma come normalit, perch
il concetto di bello non pu essere disgiunto da quello di giusto. Allora
quel giardino. |