|
Sono contrario allintervento dellarchitettura moderna dentro un centro storico.
Complimenti a Pierluigi Cervellati, per la coerenza, non certo per i contenuti.
Coerenza di una posizione su cui ha creato la sua fama di urbanista passatista, mummificatore.
Fatto suo il proverbio siculo fatti la fama e va cuccati (fatti la fama e vai a dormire tranquillo), Cervellati continua a censurare anche solo il semplice pensiero di potere intervenire nei centri storici con linguaggi contemporanei.
Il dogma servito: "Il nuovo non pu inserirsi nellantico, che ha una sua identit definita.
Oddio! Ma allora dovremmo demolirne almeno il 70%! E s, perch sono pochissime le citt che hanno un centro storico coerente, ovvero figlio di uno ed uno solo momento di sviluppo. Che so, Montalcino, quale vero e proprio borgo medievale, potrebbe esserne un esempio. Oppure Noto, ricostruita completamente, dopo un violento terremoto, con un linguaggio di netta matrice spaziale barocca. Ma di Venezia, Roma, Firenze, che ce ne facciamo? C forse coerenza didentit linguistica tra la Basilica di San Marco, il Palazzo Ducale e la sistemazione urbanistico-architettonica della piazza per opera di Sansovino? E cosa centra Borromini con Bramante? E Palazzo Vecchio con gli Uffizzi?
Forse Cervellati ne fa una questione prettamente di caratteri stilistici, colonne, capitelli, trabeazioni, cupole....? E s, allora ha ragione...Bene!...avanti tutta con il falso storico contemporaneo! Cervellati ne assolutamente convinto: Preferisco il falso storico, se praticato con criteri filologici, con materiali e modi corretti: opera di restauro, ripristino, restituzione di qualcosa che si perduto. Ed sempre meglio, se fatto bene, che rassegnarsi alla scomparsa definitiva di un edificio.
Posizione da condannare in toto, perch il problema non il materiale o il criterio filologico, ma proprio la falsit stessa dellopera, che ci presenter una realt che non corrisponde al vero.
Il nostalgico e romantico Cervellati opta per il centro citt di cartapesta, dove le facciate sono pure scenografie.
Consoliamoci, perch se in centro avremo scenografie del tipo di quelle che troviamo anche negli aeroporti (visto le pizzerie Piazza Italia?), in periferia potremo godere del nuovo. Anche di questo Cervellati ne sicuro: il nuovo...dovrebbe esercitarsi fuori dei contesti storici, risanando le zone periferiche e le sue slabbrature.
Dopo lo zoning urbanistico, ecco lo zoning linguistico. Netta suddivisione nella citt per parti: La "citt", oggi, il centro storico, con tutti i suoi problemi. La periferia, che dello svuotamento del centro stata artefice un poco vampiresca, si sta anch'essa smantellando. Con la fine della campagna, "villettopoli" diventa il nuovo modello a cui tutti aspirano. Villettopoli matrice dei "non luoghi". I supermercati. Gli svincoli delle autostrade. I parcheggi. Le stazioni e i luoghi scambiatori di mezzi di trasporto motorizzati. I garage... Tutti non luoghi per la loro anonimia. Come le discoteche e i viaggi dei "tour operator". Tutti uguali e indifferenti alle specificit dei territori di pertinenza. "Non luoghi" perch privi di identit.
Raggirando il nocciolo delle problematiche urbane, facile per Cervellati ridurne il succo alla salvaguardia dellidentit dei centri antichi. Sparite le periferie, ecco che il cancro urbano diventano le abitazioni unifamiliari, perch completamente slegate dai centri antichi, di cui Cervellati ha una visione bucolica: ...il centro storico - oltre l'aggregato urbano - incorniciato dalla campagna "costruita" sempre mediante l'intervento umano. La campagna italiana ha lo stesso valore "monumentale" del centro storico. Se si mantiene l'uno deve essere conservato l'altro. Perch insieme programmano il nostro futuro.
Ma c di pi. Se di bellezza si pu parlare, secondo Cervellati, questa esclusiva componente della centralit, mentre la periferia si produce sempre per incultura e per mercato.
Che perle di saggezza! Dunque, lincultura propria anche degli urbanisti, di quegli stessi che hanno perpetrato lo zoning delle citt, creando, per lappunto, le zone periferiche e villettopoli.
Onore a Cervellati: finalmente un urbanista che ammette di essere colpevole della situazione disastrosa della citt contemporanea, indubbiamente figlia degli urbanisti della sua stessa generazione, fatta di non luoghi, privi didentit.
Ora, quel che vorrei chiedere a Cervellati se davvero pensa che una lingua architettonica sia ancora oggi indissolubilmente legata a specifiche situazioni geografiche, derivando esclusivamente da esse, dalla tradizione, lasciando senza alcuna considerazione i significati di "contemporaneit" in architettura. Se cos fosse, gran parte dellidentit della Sicilia ( un esempio tra mille) dovrebbe essere ascritta alla tradizione araba, a cui anche gli scandinavi dovrebbero essere grati, visto e considerato quanto Federico II, lo Stupor Mundi svevo di discendenza normanna (gli fu imposto il nome di Federico Ruggero appunto per ricordare la sua discendenza sveva e normanna), am e fece propria la cultura araba, sulla scia di Ruggero II, che liber lisola dagli arabi nel 1194.
Pochi esempi, quale quello della chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo, sono sufficienti per potere affermare che non vi una ed una sola identit: con le sue cinque cupole rosse, molto facile poterla identificare anche come moschea. E che dire della chiesa nota come la Martorana (S. Maria dell'Ammiraglio) che aveva intorno alla base della cupola un'iscrizione araba di un inno greco?
Da questo punto di vista, sicuramente forzato, la Sicilia non potrebbe vantare alcuna identit nelle opere citate, visto e considerato che sono un ibrido di culture assolutamente diverse. Ma che senso ha considerare in questi termini i significati dell'innovazione architettonica? Assolutamente nessuno, dunque davvero un bel problema riuscire a capire e codificare quale sia questa benedetta "tradizione italiana".
La posizione di difesa delle sue teorie talmente vacillante che Cervellati scade nella polemica postuma: Di aver compiuto un falso, un fac-simile, fummo accusati da Bruno Zevi nei primi anni Settanta, quando a Bologna risanammo una parte del centro storico, adottando i criteri fissati da Saverio Muratori, usando i mattoni e il legno e salvaguardando le tipologie edilizie che preesistevano. Ad avviso di Zevi lintervento moderno nel contesto storico deve apparire
e devessere volutamente dissonante."
E come se no? assonante? e a cosa? al romanico o al gotico? al rinascimento o al manierismo? al barocco o al neoclassico?
Ma quel che pi rimarca la labilit della posizione della difesa dei centri antichi quanto dice a proposito degli sventramenti fascisti: Abbiamo molti esempi di fallimentari interventi moderni nei centri storici. Il pi criticato , ovviamente, Via della Conciliazione a Roma, che ha dissestato il disegno urbanistico berniniano. Anche Bernini intervenne sulle preesistenze edilizie per il colonnato: ma tanto intelligente e inventivo fu il suo progetto, quanto dissennato quello di Marcello Piacentini.Come dissennate sono tantissime altre manipolazioni compiute in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta. Scusi Cervellati, ma davvero considera quello di Piacentini un intervento di architettura moderna? Per la stessa Sua credibilit, spero che sia stata una svista...soprattutto se intendeva riferire il discorso a Bruno Zevi, ovvero il maggiore contestatore (in assoluto) dellarchitettura piacentiniana.
In realt, Piacentini solo un pretesto, se vero che Cervellati il segno del degrado, dellincultura sono ...quelle finestre messe di sghimbescio, riferendosi -neanche a dirlo- alle architetture che fanno dellanti-accademismo il loro credo, e di cui riduce i concetti alle sole finestre.
Il problema che creano le posizioni culturali quali quella di Cervellati grande, e non va assolutamente sottovalutato, perch inibisce sempre di pi linnovazione dellarchitettura italiana, basandosi sulle fragili motivazioni dell'identit dei luoghi, motivetto alquanto anacronistico e canticchiato solo dai leghisti, che delle teorie di Cervellati hanno addirittura fatto pubblici elogi, cavalcandole politicamente. Commentando il libro "L'arte di curare la citt" (Ed. Il Mulino) sulle pagine di "Leganord Arona", il fine di Gilberto Oneti chiaro:"ci piace il suo continuo richiamo all' identit e alla qualit: lo stesso che si ritrova in tutti i nostri documenti e proposte di legge [...] Ripropone l'immagine delle mura come completamento del paesaggio urbano [...] le mura (fisiche o simboliche) sono nel nostro DNA comunale [...] Quello che lui descrive (e che noi chiediamo da tanto tempo) possibile solo con la pi ampia autonmia amministrativa, con un federalismo fiscale molto spinto, e con la libera presa di coscienza della propria identit comunitaria [...] Tutto questo ha da noi la faccia di una Padania libera (signora dei propri destini e delle proprie ricchezze), senza padroni e immigrati foresti, senza ghetti e tic multietnici [...] Il grande paese-parco che (insieme a noi) Cervellati sogna ha in Padania ha in Padania un solo nome: indipendenza".
Per essere riuscito a penetrare nel cuore dei leghisti, Cervellati deve essere stato davvero convincente e, proprio per questo, combatterne le idee un dovere. |