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commenti
all'articolo: Design inerba di
Gianni Marcarino
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Attenzione! I commenti sono in ordine
discendente, dall'ultimo al primo.
Un tavolino un tavolino. Punto. Non mi farei fregare dalla dicotomia (ho detto dicotomia?) tra forma e materia senza avere idea di cosa sia una e cosa l'altra. Diciamo che, ecumenicamente, capisco tutte le posizioni, e che tutte le posizioni, in quanto tali, debbano essere difendibili, ognuna per s, per le fatiche che si portano appresso, per il tempo che c' voluto a maturare, in un senso e nel suo avverso, quella determinata posizione. Tra tutte, se devo essere sincero, preferisco il fervore di Sandro, ma una simpatia a pelle. Non per questa la cosa di cui voglio scrivere. Design un termine che ingerito male pu provocare, a seconda degli organismi (siamo tutti diversi, vivaddio), stitichezza o emicrania, o entrambe senza soluzione di continuit. E poi un termine che abbiamo ingerito, ormai acclarato, dalla lingua inglese, e nella lingua inglese (come nell'antica Grecia la parola polis significava tre cose - politica, citt, e le molte cose - inscindibilmente e contemporaneamente) il termine design, ma vorrei fosse un lemma o addirittura un suono, significa almeno due cose: progetto e strategia. Barthes avrebbe parlato di anfibilogie, o di termini che si portano appresso "assieme e nello stesso contesto" almeno due, se non tre, significati. Quando parliamo di design, dunque, dobbiamo intenderlo, correttamente e anfibologicamente, portatore di due significati che non possono essere scissi, pena lo smarrimento della qualit del termine. Sicch, comunque vada, tra la diatriba tra il critico e il designer, come accade nella fiaba della volpe e il corvo a proposito del formaggio, io sto dalla parte del tavolino, o del formaggio. E aderisco, per concludere, alla posizione di Marasso, le cose che adesso stanno cos riflettono il nostro "cos", tutto qui. In questo momento gli "interessi" per le cose (e, se possibile, vorrei candidarmi a sostenere le iniziative autonome degli studenti universitari, e non solo del Politecnico) vengono veicolati da altri poteri su altri vettori e, nonostante la purezza del progetto di Toppino, fa specie l'attenzione mediatica allo star system (sparate sul pianista, please!) e la disattenzione generale al progetto (design) e alla strategia (design) che ne definisce i caratteri.
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Non sarebbe un danno se per un momento ci si astenesse dal discutere sulle valenze di un comodino e si osservasse un minuto di silenzio in onore di una architettura vicina alla morte. Tra poco tempo avr luogo lo smantellamento del corpo di fabbrica che Luigi Cosenza aveva pensato e realizzato per l'ampliamento della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Io ho, ancora, una scarsa sensibilit estetica e spaziale, ma quel minimo che riesco a raccimolare frugando nelle tasche vuote della mia coscienza, mi dice che si tratta di un piccolo, invisibile evento luttuoso per l'architettura moderna. All'atto si d una giustificazione funzionale, ma proprio per questo (correggetemi se sbaglio) si sarebbe dovuto annientare la fabbrica di Cesare Bazzani che, in confronto, mi pare un afono e scialbo episodio dell'arte e dell'architettura moderna. Riflettendoci su un attimo (per quel poco che riesco a fare), sarebbe stato pi logico un intervento di contemporaneit trasversale (rispetto + transfusione di nuovi dna) tenendo conto della mutevolezza di usi e bisogni. Penso che questo gesto demolitore inquina ulteriormente la gi torbida cultura italiana rispetto ai temi della modernit.
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Gianni Marcarino domanda
RISPOSTA 1.
Gianni Marcarino dice: VORREI AVERE da Lei degli esempi di prodotti di qualit(..) al di fuori delle bagarre parolaie descritte dal suo commento.
1-Gli elenchi, le liste, lasciano il tempo che trovano,ne abbiamo avuto recentissime conferme con le discusse liste under40. mettere in colonna
nomi di opere di architettura e design, quando non se ne giustificano i criteri , un operazione da auproclamati critici di architettura italiani, di quelli che un giorno si definiscono critici e quello dopo teorici dellarchitettura se non addirittura comunicatori.. Questo semmai potrebbe il tema di un prossimo articolo.
2- per il VORREI AVERE la rimando alla risposta n.3
RISPOSTA 2
Gianni Marcarino dice: preso atto del kitch italico in cui ci siamo immersi, come propone di uscirne ()
Pi che di Kitch parlei di trash, inteso come emulazione fallita. Basta farsi un giro nelle universit il giorno delle tesi , per vedere un ricco campionario di emulazioni fallite di Ghery, Hadid, Eisemman, Fuksas ecc. insomma una specie di ciaocrem , dellarchitettura , un succedaneo della ben pi nota e buona nutella. La colpa ovviamente dei docenti che vertono in uno stato di semincoscienza dellarchitettura e che appoggiano da pari a pari, lallegro entusiasmo adolescenziale degli studenti.
Come uscirne?
Credo che si debba ripartire dalluniversit. Oggi i presidi di facolt si limitano a fare i gestori e i burocrati di un organismo pubblico. Non hanno una linea culturale chiara, (praticamente non la hanno), accettano indiscriminatamente tutto. Una linea riconoscibile sottintende una scelta cosciente di un tipo di architettura e la difesa critica della stessa, significa aver chiaro come dovranno essere gli architetti di domani. La recente riforma dellautonomia degli atenei, che prevedeva una sana competizione che si sarebbe dovuta misurare sullofferta culturale e poteva essere uno stimolante rilancio dellarchitettura; stata invece
immediatamente polverizzata dallinterpretazione provinciale dei loro presidi che ne hanno fatto uno strumento politico ridotto a competizione del proprio prestigio e alla corsa (patetica) allaccaparramento delle matricole con gadget e promozioni. Un ottimo esempio in questo senso, la facolt di architettura di Roma la Sapienza che divisa recentemente in tre sedi ,ha messo a nudo tutti gli aspetti di potere, burocrazia e di povert culturale che per almeno ventanni la hanno corrosa, facendola precipitare nelle classifiche delle peggiori facolt italiane. A partire dagli anni ottanta le facolt di architettura hanno avuto come unica linea culturale il potere; lo strumento per gestirlo e mantenerlo stato quello della poltrona incollata eternamente al culo per s e per pochi intimi. Ancora oggi, la cattedra un titolo nobiliare che si passa di padre in figlio; infatti, recenti studi scientifici nei dipartimenti di facolt, hanno dimostrato che il gene dellarchitettura, della cattedra e del merito scientifico, nel DNA del padre che non pu non trasmetterlo allaltrettanto meritevole figlio o nipote. I dottorati pagati, guarda caso, li hanno tutti i figli dei docenti, ce ne fosse uno che non se lo meriti. Le borse di studio praticamente non esistono, i soldi sono a beneficio dei dipartimenti per comprare gli schermi al plasma per la gioia di docenti- adolescenti senili le cui ricerche finanziate con denaro pubblico, al 90% sono carta straccia che non serve a niente e a nessuno, se non a loro stessi per fabbricarsi titoli.Le facolt di architettura sono un luogo dove piove sul bagnato: per chi ha soldi: borse di studio, (quelle poche che ci sono),per chi ha il padre professore: il dottorato pagato, per quelli che non hanno niente da dare in cambio: meno di niente. Il merito, si sa, nell italietta dalle mezze maniche, non paga. Le raccomandazioni ci sono in tutte istituzioni del mondo, ma semplicemente scandaloso vedere come in Italia il merito proprio non trova posto, o che questo venga riconosciuto, difeso e anteposto ad altri interessi solo da rarissimi integri docenti che nella corruzione generale fanno quasi la figura degli eroi. E s, perch docenti di questa fatta ovviamente di amici ne hanno pochissimi. E solo di pochi giorni fa la notizia di centinaia di ricercatori che facevano fagotto e se ne andavano allestero; e non perch non ci siano i soldi, ma perch vengono distribuiti arbitrariamente: chi nelluniversit non sa fare politica rimane a bocca asciutta.
In questo clima di profonda ingiustizia sociale e disonest intellettuale, non c posto per una linea culturale: non ci pu essere quindi lArchitettura.
RISPOSTA 3
Gianni Marcarino dice: Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo lei tanto male, ma non la convincono i commenti sociologici culturali ATTENDO Suo punto di vista()
Gentile Marcarino, una breve ma indispensabile premessa:
VORREI AVERE e ATTENDO : pu sollecitare una risposta ma non esigerla. Inutile scrivere Lei con la lettera maiuscola in segno di un superfluo rispettoso formalismo quando si poi , nella sostanza, maleducati. Tornando alla sua richiesta: Il tavolino di Toppino un oggetto gradevole che si inserisce in un ambito di ricerca che negli ultimi ha visto sempre pi spesso linterazione di oggetti quotidiani con paesaggio e natura (e mi riferisco ad es. alle poltrone e sof-prato). Questo dato, non toglie nulla al tovolinerba, nel senso che non vedo nelloriginalit il merito assoluto e unico, un oggetto che basta per s, non c bisogno di nobilitarlo. Pretendere di innalzarlo a ragioni superiori di quelle che ha, appiccicandogli commenti di improbabili piccole rivoluzioni del costume, lasciano il tempo che trovano, e, oltre ad essere inutile, francamente controproducente, perch gli oggetti di design o nascono con una vocazione e una funzione sociale, oppure a volergliela appiccicare a posteriori e a tutti i costi, si fa la figura degli ingenui. Ed entrando nel merito della sua definizione, quella storia delle pattine e delle casalinghe..guardi francamente troppo domestica per non dire ridicola.
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20/11/2003 - Gianni marcarino risponde a Mara Dolce: |
Domanda 1
"Le liste, gli elenchi non servono". Quando si parla di dicotomie, di fronti contrapposti, di palesi scemenze (vedi il commento 486) significa avere le idee chiare. In questo senso gli esempi sono utili, aiutano a capire ed a dialogare su elementi concreti. Mi auguro che questo possa essere un tema futuro. Un esempio: il programma di Daverio, condotto dallo stesso critico d'arte la domenica su Rai 3. Ha affrontato il tema del restauro filologico, prendendo una posizione, con tanto di nomi, cognomi, e documenti filmati. La posizione ovviamente tutta da discutere; il miracolo che cio' accada.
Domanda numero 3
A parte la filippica sulla buona educazione, (mi ricorda la scuola e le compagne/bene, accompagnate dallo sguardo benevolo degli insegnanti tanto amici di pap e mamm: i loro "cazzo cio", erano politicamenre correttissimi) segnalo che a parlare dei pattini e della massaia , ovviamente in modo del tutto lecito, l'autore del tavolino il quale ha introdotto il proprio lavoro con un piccolo commento segnalato tra le immagini dell'oggetto. Commento peraltro richiesto da Antithesi per dialogare sul tema senza alcuna pretesa aulica, ma con la convinzione che un progetto possa anche essere "raccontato" e discusso.
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Mi sono interessato dell'argomento in questi giorni difficili in cui ho mio padre ricoverato in ospedale con urgenza. in effetti entrando in luoghi come gli ospedali per l'appunto mi domandavo tra me' e me' quale importanza etica puo' avere il mio mestiere in confronto per esempio ad un medico, un primario, un semplice infermiere, un carabiniere in Irak. Con sorpresa mi accorgo di quanto anche ammalati gravi "necessitino" di allegria, convivialita' e vitalita', condivisione di uno spazio abitabile "loro". Mi domando in quale modo e concretamente il "luogo" progettato possa essere necessario alle persone, e quanto sia impegnativo oaleatorio il ruolo di un designer-architetto nella societa'.
Ritornando al tema del tavolo-erba ho notato la presentazione nel sito e mi domando qual'e' la motivazione per pubblicare e fare dibattito culturale sulla presentazione voluta da voi di un lavoro presentato come novita' in copertina visto che l'idea e' gia ampiamente stata svolta da tanti e ancora tanti, fin dalle basilari scuole di design. Vi chiedo informazioni se questo lavoro presentato sia accreditato come "oggetto di design" da chi di dovere, un concorso, un ente, una pubblicazione, una produzione ind. Sinceramente ho trovato aleatorio il tam-tam tra gli utenti. Personalmente seguo altre linee di pensiero progettuale, ma ritengo che nel "design ludico" debba essere tale la forza espressiva di suggestione dei sensi percettivi tale da motivarne interesse. Ho notato che tale forza espressiva di coinvolgimento dei sensi e' alquanto assente, riducendo il tema progettuale alla citazione di relazioni tra elementi come la seduta e il materiale erba senza la sintesi stilistica e talentuosa necessaria o lo svolgimento di tale relazione in un progetto nuovo, fresco e sorprendentemente coinvolgente. Le relazioni vanno tutte bene .....ma mi devi affascinare molto di piu'. E' "necessario" e il design "necessita'" di novita' sorprendenti, di superamento evoluto dei concetti del design conformati da tempo, e' il nostro dovere di designer,di architetti, di operatori culturali, abbiamo il dovere di indirizzare al futuro prossimo condivisibile la societa', il mercato, il prodotto, l'attenzione estetica di un'umanita' che vive, che lavora, senza rimpastare vecchie idee oramai conformate. Io nel mio lavoro cerco di essere utile appunto ad un' umanita' seguendo principi primitivi e antichissimi e modernissimi perche' l'umanita' che comperi un tavolino-erba non sia impreparata alla vita, perche' non rida dell'erba in casa di una comitiva di amici perbenini figli di papa' annoiati, ma sorrida silenziosamente nel guardare una lampada polifunzonale ma economica,una lampada o un' oggeto "diverso" auspicio di un atteggiamento tollerante verso le diversita' del mondo, di quel senso estetico che evolve dal finto antico alla sensorialita'. Un'oggetto che accompagni l'uomo contemporaneo verso un'apertura culturale sana, il "segno" della contestualizzazione di un atteggiamento etico verso il modo auspicio del sorriso di una classe dirigente occidentale ben disposta alle integrazioni sociali, alle contaminazioni culturali, all'operoso impiego delle risorse produttive dell'industria. Proprio perche' tra gli uomini ci sono guerre, incomprensioni religiose e terrore, enormi muraglie di cemento e cultura tra popolo e popolo, dolore e fame, mancanza di risorse
primarie e inegluaglianze essenziali. non si ridacchia dell'erba a malo modo sparato sul proprio sito,o peggio facendo catenaccio di comitiva. Si sorrida ad un futuro condivisibile.
buon lavoro
Francesco Pietrella www.newitalianblood.com
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Scusi Marcarino, non ho capito qual'e' la domanda, me la puo' ripetere?
Sara` forse per colpa di quel ritorno al Barocco che lei tanto auspica.
cordialit
Mara Dolce
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16/11/2003 - Gianni Marcarino risponde a Mara Dolce: |
Gentile Mara,
sar sintetico, razional(ista) al meglio delle mie possiiblit.
Domanda numero 1:
Vorrei avere da Lei esempi di prodotti di qualit (design, architettura), compresi da pochissime persone, prodotti al di fuori della bagarre parolaia descritta nel suo commento.
Domanda numero 2:
Preso atto del Kitch italico in cui siamo immersi, come propone di uscirne, anche e soprattutto, visto il sito che ci ospita, sul piano culturale ed estetico ?
Domanda numero 3:
Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo Lei, tanto male, ma non la convincono i commenti " sociologico-culturali", attendo un suo punto di vista specifico sull'oggetto.
Cordialit
Gianni Marcarino
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Nel suo commento 486, Mara Dolce contrappone il mondo dell'astrazione, delle parole al mondo della pratica, dei fatti. Mi pare discutibile sul piano logico, in quanto esistono le parole ed esistono i fatti, esistono i concetti e le azioni e non credo ci sia una possibile scala di valori che possa definire la prevalenza della " pratica sulla grammatica". E' bene certamente che alle teorie seguano i fatti,ma Antithesi un sito nato appositamente per fare critica e dibattito.....
Per rimanere sul concreto, vorrei conoscere alcuni esempi di prodotti di qualit di design , d'architettura, secondo Mara Dolce....fuori i nomi.
Segue poi l'elenco delle doglianze sugli endemici difetti degli italiani, peraltro piuttosto condivisibile, ma chiedo, per amor di realismo, quale sia il rimedio. Dal mio punto di vista utile prendere coscienza che tra le necessit di oggi c' quella di ottenere l'accesso di massa alle informazioni, attraverso il computer ed internet, attraverso una informazione televisiva allargata e dialettica, la scuola, per sviluppare il senso critico generale. Cos come sono oggi necessit concrete (non solo fisiche ma anche psicologiche) oggetti reali, mezzi di comunicazione, trasporto, abbigliamento, arredo, con una dignit estetica ieri solo appannaggio delle classi privilegiate. Tutto ci al di fuori di una possibile orgia consumistica, ma nell'ambito di una societ, la nostra, in cui non si muore pi di fame, in cui aumentano le aspettative di vita e di realizzazione personale.
Oppure possiamo vedere le cose dal punto di vista dell'intellettuale impegnato che tempo fa, su un quotidiano nazionale, ricordava con nostalgia gli anni in cui con famiglia e servit trascorreva alcuni mesi di riposo l'anno (alcuni mesi) nella casa antica sul mar ligure e la popolazione locale, povera, ignorante ma felice, faceva da vernacolare contorno alla loro vita di meditazione. In questo contesto sociale non correremmo certo i rischi della possibile moltiplicazione delle scemenze che tanto teme Mara Dolce.
Mi rendo conto che, per certi versi, il nostro paese una bolgia disordinata, fatta di passioni private e di poca passione etica. Tuttavia esiste una vitalit, una socialit antica ed anche un modo di essere soggettivo che ha prodotto grandi opere (per esempio il fenomeno del design, sviluppatosi fuori da qualunque programmazione, attraverso l'incontro tra artigiani coraggiosi, architetti visionari e manodopera qualificata). Per rispondere alla chiosa di Mara Dolce, auspico certamente che si possa dare una dignit estetica ed etica al nostro disordine ed al nostro modo caotico/creativo di vivere, ponendo naturalmente quei "paletti " sociali necessari alla convivenza civile. Quando questi "paletti" diventano rigidi al punto da determinare a priori il bello ed il brutto, quando la comunicazione in mano soltanto alla vecchia solita elite formatasi secondo i soliti percorsi, la vera dicotomia rimane quella classica: la societ " pensante" perennemente e gratuitamente sdegnata, il popolo becero e giovani a fare eternamenete il copia-incolla per quattro soldi. Vivo in Italia, in un posto in cui gli Svizzeri sognano di trasferirsi...
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In questi ultimi giorni ho seguito con attenzione ed interesse le polemiche e i commenti riguardo il tavolino “ erba voglio”. Devo ammettere che io questo oggetto lo avevo gi visto, prima che fosse pubblicato sulle pagine di Antithesi, essendo Luca Toppino un caro amico ed avendo passato piacevolissime serate attorno all’erba voglio.
Osservando quali e quanti commenti ha suscitato l’articolo “Design inerba”, mi sono reso conto che l’idea che ha generato il tavolino erboso ha fatto centro: prover a spiegarmi meglio. Fra i vari personaggi che sono intervenuti a commentare gli articoli, quello con cui paradossalmente mi sono trovato pienamente d’accordo stato D’Ambrosio ( naturalmente tralasciando le affermazioni paternalistiche condotte sul piano personale, sintomo di una caduta di stile di un pur bravo ed affermato progettista). Giovanni d’Ambrosio afferma che ,”L'idea di necessit che dietro tutte le grandi idee dei progettisti di design e dell'architettura degli inizi del " 900 ci a cui dovremmo fare riferimento.” Pienamente d’accordo, ma a questo punto la domanda : le necessit , perlopi in una societ dell’immagine e della comunicazione, sono sempre le stesse, condivise e accettate da tutti e soprattutto cambiano i modi e i mezzi con cui queste vengono soddisfatte?
I tempi cambiano e con essi le aspirazioni e le necessit dell’individuo; c’ un episodio, riportato nel libro “This is Tomorrow“ di Luigi Prestilenza Puglisi, che secondo me pu aiutarci a capire come ci che un tempo era considerato indispensabile per un’organizzazione razionale della vita dell’uomo, in grado di soddisfarne i bisogni ora non lo pi e viceversa.
Nel 1994 viene affidato a Gaetano Pesce il compito di ristrutturare la sede di New York della Chiat/Day, nota agenzia pubblicitaria americana. Il progetto di Pesce si pu considerare un’opera antifunzionalista, che non esita sacrificare l’utile all’inutile. Basti pensare alla scelta di alcuni materiali, videocassette usate che formano pareti, resine colorate per i pavimenti, materie plastiche che danno vita a figure antropomorfe, come bucature che ricordano le bocche delle bambole gonfiabili in vendita nei sexyshop. Chait, il proprietario dell’agenzia, in un’intervista rilasciata qualche tempo dopo la conclusione dell’opera, affermava che il progetto alla fine funzionava anche in termini economici, avendo l’agenzia incrementato i guadagni. Gli oggetti introdotti da Pesce a prima vista sono tutt’altro che funzionali per un’organizzazione tradizionale di un ufficio e non soddisfano le caratteristiche richieste da una postazione di lavoro, ma ad una pi attenta analisi ci si accorge che invece diventano gli elementi fondamentali per una struttura produttiva che vende immagine e creativit. In questo caso gli oggetti hanno svolto al meglio la funzione per cui sono stati progettati, quella di essere funzionali all’azienda, anche se in modo diverso dai canoni tradizionali dell’organizzazione del lavoro d’ufficio.
Cos anche il tavolino di Luca Toppino oltre a svolgere la sua funzione primaria, sorreggendo un portacenere o un buon bicchiere di vino, ha dato il l, nelle serate fra amici sopra citate, ad interessanti discussioni sugli anni ’60, la musica, il cinema e perch no anche agli sfott dei pi scettici. E’ diventato un elemento capace di aggregare e far discutere non solo in un luogo fisico, ma anche in un luogo virtuale come il web, e allora….. cosa volete di pi da un oggetto nato per gioco e divertimento?
Enrico Boffa
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Vorrei chiarire i termini del mio stringatissimo commento (n. 478), che tra laltro semplicemente voleva porsi come una personale riflessione ad alta voce e questo mi sembrava sottinteso.
Avevo scelto, quindi, di sottolineare ci che in me risuonava stonato ad una prima (istantanea) percezione istintiva di un testo scritto, esprimendo il mio dissenso per una frase di Lazier, in risposta a Giovanni DAmbrosio, che mi difficile condividere.
Come dire, LEGGO: Questo paese dannatamente cattolico non riesce a vedere la creativit fine a se stessa. Deve sempre ridurla ipocritamente al servizio del patetico e del patito. Non c speranza perch anche un bravo architetto come dAmbrosio ne tormentatamene coinvolto., PENSO: Ma cosa sta dicendo?!!. E quindi cerco un confronto esplicativo.
E se I miei occhi non leggono nulla di moralista nel commento di Giovanni D'Ambrosio, sono comunque i miei occhi, quali interfacce di elaborazione della mia accezione della parola moralista.
Anche questo parlare di architettura, di design, di desiderio individuale contrapposto al bisogno, alla necessit (e Saggio ce ne parla da un bel p).
Un forte desiderio di non settorializzare e sezionare la creativit mi ha naturalmente portato a non esprimere un insindacabile giudizio di valore su questo oggetto nato dalla mente di Luca Toppino.
Perci, gentile Luca Mancardi, forse anche lei poteva essere pi esplicito sul perch lei pensa che io sia improbabile.
Forse si riferisce alluso che io faccio di uno pseudonimo (tra laltro con una forte dose di autoironia le assicuro)? Del resto un uso alquanto palese direi.
C qualcosa di male a non prendere se stessi troppo sul serio?
Comunque le assicuro che non ho niente contro le formiche, rispetto profondamente ogni forma di vita, ho solo pensato ad una spedizione agguerrita di piccoli insetti che intravedono dal basso, attraverso il diaframma trasparente del vetro, la mia cioccolata calda e i miei biscotti.
E le assicuro anche che ho sempre desiderato una casa come quella della strega di Hansel e Gretel, ma sarebbe deleterio per la mia dieta.
Cordialmente.
Isabel Archer
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Mi spiace vedere professionisti che ancora provano a fare progetti solo basandosi sul senso del quotidiano e con la concretezza che figlia della necessit. O meglio che hanno la certezza di conoscere LA NECESSITA'; forse D'AMBROSIO (primo commento) arrivato cos in alto da poter inserire la testa nell' Iperuranio e da li trasportare in terra in concetto di NECESSITA' in tutte le sue possibili forme ed evoluzioni! Complimenti! La cito: ''L'idea di necessit che dietro tutte le grandi idee dei progettisti di design e dell'architettura degli inizi del ' 900'' ci a cui dovremmo fare riferimento.... Ma signori, non dimentichiamoci che viviamo in un mondo che si evolve e si trasforma con o senza di noi e molto pi veloce... Questa la base di umilt da cui deve partire anche un professionista! Dice bene ENRICOGBOTTA (comm. 480 8/11/2003), lo cito: ''Le necessit, lo sappiamo, per un animale evoluto come l'uomo sono di natura molto varia'' aggiungo io probabilmente imprevedibili in certi casi, non dico che non si debba guardare al passato ma se ci si fossilizza a guardare indietro non si pu decidere la direzione in cui si va e neppure la si pu giudicare, si rischia quindi di avere una visione quantomeno riduttiva dello stato delle cose. D'AMBROSIO scrive (su www.archphoto.it) ''L'architettura non ha bisogno di essere spiegata, ma di essere vista e vissuta. L'uomo del passato non ha mai dimenticato la convivenza con la natura e la sua potenza mistica purificatrice'' parole sacrosante, ma non mi sembra del tutto in linea con il discorso che ha fatto qui, comunque dovrebbe esserlo dato che si sta facendo riferimento ad un oggetto che alla fine scomponibile in un TAVOLINO (mio dio chi mai lo usera!? NON E' UTILE!) e un VASO... mi sembra che D'AMBROSIO ne abbia appesi in aria un bel numero nelle foto del progetto, penso di Bali, presenti sul sito prima citato, e ci stanno pure bene! Ma li pu usare solo lui! Toppino troppo ingenuo per i vasi, eppure mi sembra sia maggiorenne!
Qui uno pi uno non fa due! Un tavolino e un vaso rivisitati come fa Toppino sono qualcosa di pi, qualcosa di vivo! Un tamagotchi, qualcosa di cui ci si deve prendere cura... e non mi vengano a dire che in una galleria newyorchese esisteva gi la stessa cosa perch come dire guardando un ''IMPACCHETTAMENTO'' di CHRISTO : ''Miseria ha copiato! oggi alla Conad ne ho visti centinaia di pacchetti! " L'intento diverso, perch, nonostante la presentazione del suo progetto, la proposta di un oggetto di design, e come tale va considerato, allora forse si pu riflettere su una cosa: se un oggetto che veniva considerato pura arte ora bussa alla porta di casa nostra come sedie e divani, forse si tratta di riconsiderare quel contenitore enorme di cose che si chiama NECESSITA'! Di aggiornarlo!
Inoltre ricollegandomi a ci che dice S. RAIMONDI, penso che ci sia del vero in ci che dice! D'AMBROSIO irruente, MARA DOLCE un po' pi moderata, almeno nei termini, ma si pu notare una cosa : oggi fare design una guerra, o almeno quello che traspare, una guerra di troppe parole! Se per poter ''mantenersi economicamente con le proprie idee e poterle inserire nel mercato economico'' occorre attaccare quelle degli altri senza dialogo e chiudere le porte d'accesso ai nuovi arrivati, stringendo la mano a chi gi salito sul barcone, magari per poi buttarlo gi quando si volta, perch il mercato non infinito, e dentro non ci stanno tutti! Bene, non si capisce se un contesto pi simile all' HOMO HOMINI LUPUS o alla LOBBY! Nessuno discute del discorso di L.MASSARO sull'evoluzione e sull'essere arrivato, ma dispiace se i motivi per cui ti stroncano sono solo camuffati da consigli e sanno molto di: ''VATTENE NON CI SONO PIU' POSTI SULLA BARCA (gi non so come l'ho trovato io...)". forse ad alcuni dispiace di non averci pensato prima loro a quel oggetto.
Probabilmente A. ERRICO non sa una cosa molto interessante, e cio che l'ombrello nato come strumento per ripararsi dal sole ed era utilizzato esclusivamente da damigelle di corte, poi pensate un po, un pazzo ha cominciato ad usarlo per ripararsi dalla pioggia, e non era una damigella! Probabilmente lo hanno stroncato e magari anche deriso! Un trionfo del pensiero laterale che per fortuna esiste e per fortuna un'arma alternativa e complementare alla logica! Probabilmente vero che Toppino nel suo commento ha venduto la sua merce in modo un po provocatorio, (un fatto interessante comunque che molti ne stiano discutendo come dice ERRICO) facendo riferimento all'arte che fa rabbrividire i puristi del design e parlando di un progetto uscito facendo girare la matita sul foglio, un atto di onest che un po pericoloso, ma credo sincero... M. DOLCE dice che non peggio di altri, io penso che sia persino molto interessante e ne vorrei uno per casa mia! Siamo abituati a oggetti la cui progettazione viene raccontata come la saga di guerre stellari ma che spesso nascono da semplici intuizioni e non per questo sono meno validi.
Vorrei terminare ricordando il secondo intervento, quello della improbabile ARCHER, dentro il tavolino da quello che ho capito c' erba non zucchero, e comunque pensi ad un patetico pezzo lussuoso di design (Munari gi rabbrividirebbe per queste parole) firmato che attira un bel gruppetto di "snob-criticolesi-autocelebrativi" , forse preferisco un divano di caramello, almeno gli insetti agiscono per istinto.
Tutti i commenti di Luca Mancardi
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Non bello quel che bello, ma bello quel che piace.
E' nelle cose insomma, il dualismo del tutto e del suo contrario. O almeno, cos ci si pu esprimere.
In questa libert, ognuno ovviamente ha la sua percezione delle cose: quella innata , e quella "costruita" (come me).
Mia madre un oggetto del genere lo troverebbe demenziale. Mio nipotino: divertente. Tra l'idea all'IKEA e la storia che continua con la rigenerazione del passato (si cita Pratone dell'architetto Derossi, giusto?) mi sembra che il tavolino trovi il tempo che si merita.
C' stato chi, ha detto di averlo visto persino in una esposizione a New York, suppergi. C' chi ci vede una genialit per gli occidentali.
Il fatto , che a commentare il bello, anzi: a giudicare il valore oltre che estetico di un oggetto, sia proprio la sua corrispondenza d'uso con la realt di vita dell'uomo. E' ineccepibile che ogni idea, qualsiasi, anche la pi bizzarra o stravagante, un parto ammirevole della mente fantasiosa, ed intendo per fantasia davvero quel tumulto del cervello, un brain storming come dicono gli americani, con cui arrivare a far qualcosa. Si pu fare di tutto e dire di tutto.
Poi c' la verit. Non quella assoluta. E' un problema (direi: problematica) di comunicazione.
Non sempre si parla per tutti. A volte si parla per pochi. E chi non conosce il linguaggio, non identifica un senso di piacere, di serenit dal dialogo che ha (subisce o riceve a seconda) con ... l'oggetto che gli sta vicino. Sentimenti quelli di piacere e serenit che non devono essere univocamente abbinati ad azioni compiute, per cos dire, pacifiste. Si pu essere sereni anche dopo cattive azioni (cosa non soddisfatto un tifoso dopo aver sfasciato un'auto che l parcheggiata, ma pensata per altre funzioni e scopi?) Eppure soddifatto, compiaciuto e sereno per s il tifoso "sfasciacarrozze".
Quindi, che il tavolino possa irritare, stizzire, far disapprovare, non poi cos grave. E', e basta. Il vero aspetto filosifico di questo tavolino se la sua presenza, segna un tempo, oltre che materiale, anche culturale, civile, di natura antropologica. Ci sono momenti in cui la semplicit, l'efficienza, la coerenza anche estrema sono il tutto e il solo in un progetto. Fate a una carrozza dei tram per come statio pensato il tavolino "prezzemolo" (posso battezzarlo cos' senza che qualcuno si offende?). Se salite sulla linea 14 di Milano, vi trovate con tanti pseudo tavolini "prezzemolino". In una citt affollata, di movimenti e flussi rallentati, un tram come il "prezzemolino" ulteriormente insopportabile. In un'altra epoca, probabilmente lo apprezzeremmo e lo copieremmo anche per gli areoplani.
Ah. Se la funzionalit e la coerenza non hanno senso nella progettazione, per che cribbio usa Luca Toppino l'ombrello quando fuori piove? Un uso altrnativo c'. Che usi la fantasia anche l.
Angelo
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