Senza preamboli, direttamente.
Tempo fa scrivevo ad un amico: <<non solo mi sento libero; sono una belva
che non vuole vivere in cattivit. Nessuna gabbia ideologica, nessuna
gabbia sociologica, nessuna semplificazione stilistica.
Tutto il novecento ruotato intorno all'idea guida di funzionalismo =
la realt quella che ; scopriamone le leggi e vediamo di renderla utile
all'uomo. Per questo tutta l'architettura che conosciamo ha necessit
di essere usata, di avere una funzione, di essere connessa con il concetto
di causa-effetto. Sia la funzione pratica che quella psicologica (o sociologica,
ecc) dell'architettura del novecento danno per scontato il concetto di
funzione. L'utilitarismo, infatti, domina e giustifica la forma.
L'idea moderna di complessit rovescia i termini (o perlomeno ci prova).
Di fatto, filosoficamente impossibile stabilire se una forma tale
perch in tal modo giustificata una funzione oppure se la genesi di
nuova forma ha permesso una nuova funzione.
In breve: impossibile stabilire se la forma dell'uovo ha determinato
quella del sedere della gallina oppure se quella la forma di questo. Senz'altro
chi venuto prima ha influito sulle fattezze del successivo, ma questo
un problema la cui indecisione ben nota.
Ci che importa il fatto che nella logica dell'interazione e della complessit
interviene il tempo, un prima ed un dopo. La forma dipende quindi dal
tempo e dalla storia.
Se valesse la logica perentoria e antistorica dell'utilitarismo, probabilmente
tutti gli esseri si potrebbero ridurre ad uno soltanto e non sarebbe concepibile
una variet cos estesa di tipi tanto diversi tra loro.
L'evoluzione stessa, per la teoria della complessit, si fonda su successivi
micro-errori formali (di forma) che reiterati hanno dato luogo a funzioni
diverse ampliando possibilit di sopravvivenza ed adattamento ai mutamenti
naturali. Tutta la natura sbaglia nel riprodursi e si riadatta, aumentando
fantasticamente diversit e opportunit. Quindi ci che vive non segue
una legge aprioristica e assoluta che governa il mondo, bens la determina
statisticamente e, soprattutto, storicamente. Ogni legge statistica
e gli individui la generano nell'errore, paradossalmente negandola nell'equivoco.
La realt allora storia di volont individuali; viene quindi da dentro,
non sta fuori ad aspettarci. In questo sta l'attualit dell'espressionismo
(espressione = da dentro a fuori). Ma attenzione: dentro l'uomo c' interpretazione,
non c' verit oggettiva. C', soprattutto, volont. La realt
dell'uomo deve dunque fare i conti con ci che vuole. Per questa ragione
la verit sta nelle ombre se sono le sole che conosciamo; non pu stare
nella presunta luce fuori dalla caverna platonica.
Questo il terzo millennio: libert di fare e vedere ci che la volont
ci ispira. Non pi una realt esterna da subire ma interna da generare.>>
Certamente questo modo di ragionare pu suscitare perplessit
e obiezioni.
In architettura, per esempio, si tratta di dire a chiunque: fate ci che
volete, fate quello che vi ispira la volont; non date giustificazioni
ai vostri segni se non quella che dice: " cos perch lo voglio, perch
mi piace". Quel " perch mi piace" che riesce ad irritare anche il pi
paziente degli interlocutori.
In verit il problema non sta nell'autogratificazione fine a se stessa.
Dipende da chi c' dietro questa imbarazzante posizione.
Se " mi piace" lo dice, ad esempio, San Francesco la dichiarazione assume
un significato, se lo dice A. Hitler ne assume tutto un altro. Mi pare
ovvio.
Generalizzando: qualsiasi atto volontario presuppone un soggetto che lo
dichiari; quindi il giudizio che succede non mai riferibile all'oggetto
bens al soggetto che lo determina. Ma il soggetto tale solo se capace
di volont propria per cui, delegittimando l'atto volontario, si sopprime
di fatto il soggetto.
Infatti, l'enorme produzione edilizia del dopoguerra, produzione concepita
secondo i principi tecnocratici del funzionalismo, non ha praticamente
un soggetto riferibile all'architettura. Se da questi edifici, omologati
e appiattiti dalla paranoica foga normativa del razionalismo, si pu dedurre
una qualche forma di volont generatrice, questa la si pu senz'altro
riferire all'economia, alla sociologia, alla politica, certamente non
all'architettura.
I pochi poeti dell'architettura che hanno potuto esprimere faticosamente
la loro volont creativa emergono come giganti, bench non tutti lo siano,
dal mondo dei nani dell'architettura dei tecnici, ovviamente perfettamente
livellata.
In sostanza, se "mi piace" ve lo dice un poeta non disprezzatelo, egli
vi ama.
Quindi imparate a riconoscere i poeti. Infatti non si tali per decreto
legislativo, per titolo o perch si dispone di un timbro.
Ma soprattutto diffidate dei tecnocrati: disprezzano la poesia. |
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