Architettura (lezioni 21-25)

Storia e Critica

Architettura (lezioni 21-25)


di Sandro Lazier
13/11/2020

Architettura, lezione numero 21

Arazzo di Eugenio Tibaldi - 2016

La cultura, quella alta, una sola: quella umana, che ha un principio fondamentale inviolabile: tutto ci che pu e vuole vivere deve poterlo fare.
Il verbo 'vuole' distingue l'uomo dagli altri viventi, perch solo l'uomo ha coscienza e conoscenza della propria condizione, e solo lui pu agire decidendo.
Ma proprio tutti devono vivere?
possibile fare eccezioni?
Ecco, quando ci si pone questa domanda, che impone distinzione tra esseri con gli stessi diritti, si comincia a costruire una sottocultura a cui appendere le pi fantasiose teorie che sempre, nella storia, sono approdate infine nel razzismo (pi o meno mascherato), nella prevaricazione e nella violenza omicida. Poi guerra e catastrofi.
Ma in questo modo si esce dalla sfera del principio generale che, essendo tale, sta al di sopra di tutto e lo governa.
Semplice.
Perch?
Perch la morte per la natura non un problema, perch non esiste, solo un cambio di relazioni, e pensare di poterla gestire con linterruttore della ragione pura illusione. Non gestibile, non attraversabile nemmeno col pensiero. A dirla tutta non nemmeno concepibile, come dimostrano le varie allegorie popolari nate per rappresentarla.
Ve lo posso garantire perch ci ho provato ad attraversarla, avendone avuto recentemente la necessit per capire.
Quando si ha un problema serio, infatti, molto serio, non lo si pu semplicemente saltare, scartare o sorpassare. Per risolverlo e superarlo lo si deve attraversare, bisogna passarci dentro e, quando ci si trova dallaltra parte, se ne esce in piedi e sulle proprie gambe, pi forti e attrezzati di prima.
Ma questa volta non ce l'ho fatta.
Impossibile.
Non essendo credente, senza neanche il conforto del buon Dio, sono rimasto coinvolto in un viaggio verso niente, un buco nero che assorbe ogni minima energia.
Per dopo si capisce molto.
Si guarda da una prospettiva diversa, dal basso, di traverso, mai centrali - ho detto si guarda non si vede che fa unenorme differenza. Si guarda dal fondo della fossa - perch mentalmente ci si stati - e si guardano tutte le sottoculture che sono proliferate per riempire in qualche modo questo infinito niente.
Sottoculture piccole e grandi, come sono rispettivamente il localismo o le religioni, tutte pronte a occupare uno spazio che non esiste e rivendicare una qualche superiorit etica rispetto ai propri simili. Ma le differenze tra culture religiose, o altre semplicemente polari, non stanno in un contenitore etico, ma molto pi banalmente estetico. Nessuna di queste vivrebbe senza liturgia, senza costumi, senza danze e cori, mentre la cultura vera, i principi, non hanno bisogno di rappresentazione alcuna.
Due considerazioni da fare, quindi.
Prima: se una figura culturale a cui ci riferiamo non ha necessit di immagini allegoriche, vuol dire che sta ai piani alti delletica e governa (o dovrebbe) governare tutti gli altri.
Seconda: se quella che noi chiamiamo estetica, che larte, seduzione dei sentimenti, ha un potere cos forte da portare sul piano dei principi anche solo piccole comunit locali - spesso con lappoggio di importanti e forbiti intellettuali - bisogna riconoscere che, rimesse le cose al loro posto nellarmadio dellesistenza, questa virt pu essere uno strumento efficace e straordinario per dare alle coscienze quella che lunica ragione di vita della comunit umana: vivere.
Larte ha proprio questa funzione.
Larchitettura arte in questo senso.
Non importa se deve chiedere aiuto alle scienze tecniche e umanistiche tutte insieme, lo chieda anche nei posti dimenticati, perch ha uno scopo pi alto che si rivolge direttamente al principio generale della vita.
Ogni architetto ha quindi il dovere di lottare per questo scopo, mettendosi in gioco per liberarsi del giogo delle parcelle sempre pi addomesticate da una concorrenza in cui la qualit professionale sta diventando sempre pi tecnica e legale. Larchitettura, dimenticata, e riservata solo a chi la sa donare col piglio del maestro di cerimonie del Re Sole, cos muore e con essa la meravigliosa societ che ha costruito.
Nella foto: Arazzo di Eugenio Tibaldi - 2016


Lezione numero 22

Periferia

Ora veniamo alla ragione chiave, secondo me, di tutto il disastro urbanistico contemporaneo, realizzato con una visione solo legale e utilitaristica del costruito. Manca del tutto l'architettura, mai citata, che dovrebbe, invece, essere lartefice principale di ci che si costruisce. Voglio chiarire che sto parlando di architettura e non di architetti. L'architettura la fa chi la sa fare e non solo chi crede di averne i requisiti e l'esclusiva. Quellarchitettura che insiste a chiedere una legge apposita per favorire lo sviluppo e la crescita culturale e sociale del paese, ma infine non pu fare nulla contro questo principio assoluto e generale che, anche recentemente, la Corte di Cassazione ha dichiarato prioritario su tutte le altre norme, inderogabile, al punto che sembra valere pi del diritto a non annegare in mare.
Al diritto alla vita, e viverla come si vuole, si possono opporre eccezioni, anche le pi fantasiose o volgarmente egoistiche o meschine, ma questo principio non tollera eccezioni.
Credo quindi che ci debbano essere robuste ragioni ideali e fondate su solide basi scientifiche per rivendicare, fino alla corte pi alta, la propria autorit giuridica.
Ebbene, non si tratta nemmeno di una legge ma di un articolo di un decreto ministeriale, che avrebbe dovuto essere solo provvisorio: l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, ma che, dopo aver devastato mezzo paese, resiste inossidabilmente da 62 anni, tanto da diventare monumento di un pensiero ormai dato per scontato: concernr la distanza che occorre tenere tra pareti che contengano finestre, anche una sola, e non importa dove. La ragione di tale imposizione sta nella insalubrit degli edifici che anfratti, cavedi o altre composizioni planimetriche potrebbero determinare. Per questa norma, Genova e tutti i centri storici italiani andrebbero demoliti e sostituiti con un plan Voisin nazionale. I tempi del decreto sono pi o meno quelli nei quali Le Corbusier - architetto immenso ma urbanista da arresto - pontificava teorie oscene.
In quegli anni, nei centri storici - ora chiamati tecnicamente zone A - ci vivevano gli immigrati del sud del paese, in edifici senza bagni, umidi, inadeguati, e la gente del posto scappava nella prima periferia in alloggi nuovi, con grandi finestre e balconi al sole. Risulta perci legittimo che teorie che favorissero il rinnovamento delle proprie vite fossero favorite.
Poi le situazioni cominciarono a cambiare.
Tutti noi, oggi, possiamo sperimentare che girare a piedi in una contorta strada larga 3 metri d sensazioni ben diverse dal frequentare vialoni paralleli e percorsi da automobili veloci.
Tutti noi abbiamo ormai conoscenza daver sviluppato tecnologie per il restauro ed il recupero degli edifici - in Italia siamo i primi al mondo - e che se le abitazioni, dopo il restauro, fossero ancora umide e dannose per la salute, molti nuovi immigrati starebbero al posto di molte persone facoltose che, invece, le hanno scelte per andarci a vivere, mandando il valore del mercato immobiliare a livelli vergognosamente ostili. Di fatto le zone A sono escluse dagli effetti di tale provvedimento, ma rappresentano lesempio di come sia falsa e vecchia teoria affidare al solo distanziamento tra i fabbricati la salubrit di un isolato. Teoria sul distanziamento che funziona, pare, solo in tempi di pandemie, che sono tempi e situazioni di emergenza, ma che dura da 62 anni ormai completamente fuori da ogni realt immaginabile.
Ma soprattutto dimostra quando la progettazione dovrebbe favorire la riduzione degli spazi sprecati, senza abuso e spreco di suolo, come insegnano i vecchi centri che, suggerendo il loro impianto planimetrico, oggi non si potrebbero realizzare.
Questa balorda, inconsapevole e potente limitazione ha guidato la mano di ogni progettista che ha svolto attivit produttiva, costringendolo in infinite scacchiere che costituiscono tutto il costruito dopo tale norma. Prima comandava il Codice Civile, con prescrizioni ben collaudate che arrivano dagli antichi romani, e che allora furono giudicate inadeguate al nuovo tempo e superate.
Ma ora, non sono decisamente inadeguate?
Dove sarebbe questo robusto principio che dovrebbe tenere in piedi una stupidaggine simile?
La desolazione delle periferie, la frustrazione di vivere intruppati in scacchiere impersonali, non ha bisogno di sartoria, rammendi o altri artifici retorici concilianti, ma di gomma arabica per cancellare una stupidit urbanistica che giudici - che non sanno nulla di progettazione - e funzionari - che probabilmente non hanno mai progettato - non riescono a riconoscere sotto il loro naso.

Lezione numero 23

Schema di pianta 13HAUS

Ora una riflessione sulla differenza tra larchitettura e gli architetti.
Ho ripreso un articolo da una rivista cilena che dice e si chiede perch un bel numero di personaggi del passato, tra cui i pi noti, non avessero titolo accademico specifico per progettare larchitettura (che il modo ufficiale di certificare una formazione; ma quale, trattandosi sempre di teorie in conflitto tra loro?). Eppure ne son diventati maestri.
Il caso pi noto in Italia riguarda Carlo Scarpa, dal talento immenso e una determinazione pari, mai certificata con bolli e titoli, tanto da dover difendersi pi volte in tribunale dall'accusa di abusare della professione.
Non tutti i paesi civili hanno per un elenco coi nomi di chi pu lavorare o meno.
Noi, vergognosamente, portiamo avanti quello nato dalle leggi razziali/fasciste del 1939, ma pare che nessuno se ne faccia un problema, convinto com che per progettare sia sufficiente un pezzo di carta autentico per salvarci dalla catastrofe ambientale. Un modo di ragionare che lo Stato pratica giornalmente, per concedere o proibire, infischiandosene altamente del resto e delegando ad ununica chiesa le tante professioni ideali a cui il confronto, che viene proibito per deontologia, farebbe solo bene.
Nel nord Europa la professione veramente libera e, nei paesi anglosassoni, chiede solo di appartenere ad un organismo autonomo senza la benedizione dello stato padrone.
Pi si scende a sud, pi aumenta la preoccupazione per la felicit dellarchitetto e meno quello per larchitettura. E si vede benissimo quanto conti il valore della progettazione al nord e quanto poco al sud.
La verit che per fare architettura ci vuole un architetto, vero, capace, ma se non certificato, come suggerisce larticolo, forse meglio. Poi possiamo parlare di professioni tecniche, ma quello un altro discorso.
Il link all'articolo tradotto :

Lezione numero 24

Piano Regolatore di Milano - 1953

Nella lezione 22 precedente abbiamo scoperto con quanta inconscia irresponsabilit la norma sulla distanza tra fabbricati con finestre abbia rivelato il suo diritto di elevarsi a categoria di principio, incontestabile e insormontabile. Ma non ne conosciamo pi la ragione che, se effettivamente rimane quella dichiarata allepoca della sua emanazione, risulta sbagliata, arcaica, superata, illogica ma soprattutto estremamente dannosa per la composizione dei progetti d architettura.
Questo fatto, tra laltro, rimane sintomatico della pretesa della scienza urbanistica di prevalere e governare larchitettura, assumendone il comando (ma senza mai la responsabilit conseguente), la direzione e la condotta per costringerla a rincorrere la banalit delle norme dentro a schemi sempre pi rigidi e soffocanti.
La paranoia normativa ha raggiunto un livello tale che occorrono esperti tecnici e legali per interpretare tutto ci che qualsiasi amministrazione riesce a scrivere nei documenti, che siano piani di attuazione o di tutela indifferentemente. Spesso illeggibili e grammaticalmente contorti perdono di vista il motivo per cui vengono scritti ma dedicano tutto linteresse e lattenzione alla sola parte ermeneutica e legale della questione, instaurando una condizione giuridica anomala, goffa, imballata e ormai al limite.
Nell'impossibilit di poter dialogare con un sistema altamente confuso, ingessato, ma ben prefigurato e imposto dalle varie amministrazione, non si trova nessuna possibilit espressiva sufficiente a giustificare una presenza architettonica importante, non banale. Lunica architettura possibile deve rivolgersi al proprio interno e diventare contesto di s medesimo, virando fatalmente in una condizione autoreferenziale e unica, dotata di forte personalit, tale da diventare una sorta di attrattore e riqualificare lintero sistema urbanistico circostante. Lidea del museo di Bilbao, di Frank Gehry, costruito in una delle parti meno prestigiose della citt, impone con un atto darte inequivocabile questa pretesa riuscita.
Tra laltro, come tutte le opere pubbliche che possono realizzarsi in deroga a norme che il diritto vorrebbe uguali per tutti.
Nelle citt contemporanee, la moda di affidare a firme note il progetto degli spazi importanti, se da un lato sintomo di un provincialismo diffuso e desideroso di farsi proteggere dal prestigio di un nome, dallaltro almeno offre esempio per le visioni di un qualche futuro.
Ma la cosa pi importante che questa nuova centralit rimette in cima alla gerarchia dei valori larchitettura e dimostra quanto l'urbanistica dovr in futuro dipendere da essa.
Prima l'architettura perch soprattutto lei a definire lurbanistica altrimenti chiamata alla soluzione di un falso problema.


Lezione numero 25
(Se vuoi un mondo migliore, inventalo - INTERNO14 - Roma - 2017)

Schema di pianta 13HAUS

Qui propongo tre testi brevi che avevo scritto a mano su fogli appesi ai muri della galleria, per una mostra che avevo allestito a Roma grazie all'invito di Luigi Prestinenza Puglisi, nell'aprile 2017.
Li ripropongo perch sono una buona sintesi delle mie idee e principi sull'architettura. Idee che si possono discutere e cambiare, perch le idee, con una buona ragione, si possono sempre cambiare, ma i principi mai.
Con questo testo finiscono le prime 25 lezioni che molto presuntuosamente ho cos chiamato. Ognuno, ovviamente, libero di considerarle quel che vuole.

1 - Questo dipinto non rappresenta e non vuole rappresentare nulla; un pensiero espresso e compiuto ma senza nessun significato.
La liberazione dal senso la conquista pi grande dell'arte contemporanea. Il 'linguaggio zero' danza di segni nell'assenza di senso.

2 - Come per la musica e la danza, nessuna architettura ha senso fino a che non glielo si attribuisce.
Le architetture sono generate dai gesti e non dai racconti: per questo creano spazio. Cosa fare di questo spazio diventa un problema successivo. Forma e funzione interagiscono, sempre, anche nella nostra indifferenza.

3 - Questo progetto una danza, un raccontare come travi, pilastri, muri, vetrate nascano e comincino una loro vita autonoma. Come le persone nel loro percorso quotidiano, a volte s'incontrano e altre si scontrano. Quando questo avviene si genera sempre conflitto.
La capacit dell'architetto di risolverlo la parte pi interessante della vita e, quindi, dell'architettura.

Si dice che il diavolo stia nei dettagli, perch l che nascono i conflitti; perci i dettagli, per suscitare emozioni, hanno sempre necessit di una premessa conflittuale. L'architetto, in fondo, si ispira sempre alla vita.

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