In der Strafkolonie

La vie en Rosa

In der Strafkolonie


di Ugo Rosa
2/8/2018

E il cadavere finisce per cadere, nella fossa, descrivendo pur sempre una curva indescrivibilmente dolce...
Franz Kafka, Nella colonia penale

Nellarchitettura di Carlo Scarpa custodito, in vitro, il dramma dellesporre e tutta la sua ambiguit.
Ogni opera darte concepita per lombra, ne ha desiderio e vocazione; vuole rimanere celata, lasciarsi sfiorare solo da un raggio di luna che la riveli parzialmente e con parsimonia estrema.
Tanto pi si vota al silenzio quanto pi certi suoi fortuiti artefici proclamano di volere esprimere qualcosa (o, peggio ancora, esprimersi).
Esporla la violenza pi atroce cui la si possa sottoporre e il museo la raffinata camera di tortura che luomo ha concepito per praticare in tutta comodit, e spesso a pagamento, lo stupro.
Lopera di Scarpa comprende, ufficialmente, molti musei ma questo non dice ancora lintera verit sulla sua vera consistenza museale.
Non c una sola sua opera che non manifesti tale concezione museografica: dalle case alle banche, dai negozi alle chiese, in lui tutto Museo.
Ma il museo tradisce per statuto il delicato nesso tra lepifania dellopera e lattimo in cui lo sguardo, pi che coglierla, ne colto.
Scarpa istituzionalizza quellattimo e lo mostra in tutto il suo splendore.
Per farlo, deve per immobilizzarlo in immagine e cristallizzare lo sguardo che vi assiste. Perci tutta la sua opera appare immersa in una specie di trance espositivo.
Il tenue, tortuoso e talvolta accidentato, percorso che conduce allo sguardo bonificato, rettificato.
Qualsiasi elemento dellarchitettura, qualunque ne sia la funzione, viene uniformemente illuminato ed esposto.
La stessa luce si proietta su chi assiste e lo confina in una enclave fotografica mutandolo in obiettivo puntato sul soggetto e fissato su un treppiede.
Per questo larchitettura di Scarpa sempre fotogenica; reclama la fotografia, la pretende e non si fa mai cogliere impreparata dallo scatto.
Sorride sempre anche se il suo sorriso talvolta quello, cadaverico, dei fotografati.
Perch concepita in un orizzonte museale e nasce gi come museo di se stessa, sia quando, effettivamente, espone, sia quando, per contratto, non sarebbe tenuta a farlo.
Lelenco, leterogeneit dei componenti, la predilezione per i giunti, la campionatura di materiali disparati e di elementi compositi sono altrettante testimonianze della sua vocazione espositiva e la cornice ne diviene modalit di recinzione, definizione di un catalogo che in sua assenza apparirebbe confusionario, un coacervo di oggetti inassimilabili; nello stesso tempo si fa maniera, gesto di urbanitas con cui lopera viene offerta allo sguardo.
Per tale ragione nessun materiale, neppure il pi umile ed economico, si esime, qui, dal preziosismo. Esso trascende le sue caratteristiche chimico-molecolari nel senso di una propensione quantistica (non misurabile sperimentalmente) allesporsi.
Fa tuttuno col gesto del mostrarsi.
Sta qui, al di l della funzione contingente alla quale deve piegarsi, la profonda, vera Utilitas di ogni edificio scarpiano: portare inciso la parola Museo in ogni sua fibra, come il condannato della colonia penale Kafkiana recava incisa sulla pelle la sua condanna.


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