Con il decreto sulle liberalizzazioni delle professioni intellettuali finalmente
si arriver alla riforma del mestiere di architetto. Grazie Bersani e,
soprattutto, forza e non molli!
Quando, freneticamente con qualche amico, fino a qualche giorno fa parlavo e discutevo
di abolire gli ordini e i collegi professionali, non ero preso molto sul serio.
E, francamente, anche a me la cosa sembrava sempre pi remota, come le
promesse disattese che ci sono toccate tutte le volte che si andati a
votare.
Ricordo bene quando i radicali posero la questione, con un referendum anni fa,
ma la gente se ne freg. Tanto, mi si diceva, corporativismo e fascismo
sono nel DNA italiano. Lindividuo, in questo paese didealisti del
tengo famiglia, niente se non intruppato
in qualche armata, del bastone o della carota non ha importanza. Sono quindi contento
dessermi sbagliato e sono diventato primo tifoso del ministro Bersani.
Bene, il primo passo fatto e con il passo tre aspetti risultano fondamentali
nel salutare il disfacimento dellordinamento professionale.
Il primo riguarda labrogazione dei minimi tariffari.
Con tale cancellazione si toglie autorit al sistema degli ordini professionali
nella parte pi sensibile degli associati: il portafoglio. Finita la possibilit
di correre dalla mamma se qualcuno non ti paga, perch retribuire una struttura
che non serve pi niente? Che altra tutela pu dare unistituzione
come quella attuale? Cultura, prestigio, garanzia di qualit? Ma quali
cultura, prestigio e qualit? Quella dei postmoderni di Portoghesi? Dei
tradizionalisti? Degli storicisti neo-accademici? O dei modernisti con le loro
case storte non sempre sensate? La qualit una parola del tutto
vuota se non la si affianca a un progetto teorico e culturale chiaro e ben definito
(il pi delle volte definito proprio in opposizione ad un altro). Se non
si aderisce al progetto, ovviamente non se ne condivide la qualit; a meno
di non ridurre il giudizio sulla stessa al semplice fatto che un edificio sia
ben costruito (la firmitas vitruviana, tanto per intenderci). Quindi
quale garanzia di qualit pu dare un organo che non propone un
proprio progetto ma li sostiene tutti? Come si fa a stare sulla stessa barca quando
gli approdi sono diversi se non addirittura opposti? Mi pare che risposte contrarie
a queste domande non abbiano speranza di essere minimamente convincenti. Tolto
il collante mercantile mi sembra, infatti, difficile tenere sotto lo stesso tetto
personalit e teorie cos profondamente diverse.
Il secondo aspetto riguarda labolizione del divieto di farsi pubblicit.
Tradotto in italiano vuol dire che finalmente si pu dire male di chi non
riteniamo capace, appunto, di architetture di qualit. Questo non solo
lecito ma essenziale per mettere alla prova le teorie per sottoporle
alla critica e alla verifica di chi la pensa diversamente. Succede nella scienza,
perch non dovrebbe succedere nellarchitettura? La pubblicit
il primo passo per mostrare e argomentare il proprio lavoro.
indubbio, quindi, che un progetto culturale vada comunicato e reso pubblico, possibilmente
in modo palese senza dover ricorrere alla pubblicit occulta e accondiscesa
dalle riviste di settore, veri strumenti di potere e promozione, in cui il solo
essere acriticamente recensiti motivo di merito. Riviste acritiche senza
le quali, in particolare, ventanni di decadimento postmoderno dellarchitettura
del nostro paese non sarebbero avvenuti. Nel totale, bene ricordarlo,
silenzio degli ordini professionali. Solo Bruno Zevi, con la sua rivista Larchitettura
oggi sospesa nella pubblicazione, critic e port avanti il suo
pensiero con coerenza e coraggio, quando praticamente tutti serano impaludati
nella retorica storicista da Zevi definita lapidariamente spazzatura. Mi pare
evidente che se ci fosse la possibilit di criticare pubblicamente ci
che si ritiene, per dirla con il Professore, spazzatura verrebbero alla
luce con chiarezza anche le architetture negative e la ragione del loro essere giudicate.
Il terzo aspetto non discende dal decreto di Bersani ma viene direttamente da
Bruxelles e riguarda il fatto che lUnione Europea sembra ampliare la direttiva
Bolkestein nel senso di una ulteriore deregulation per gli architetti. Secondo
tale direttiva la progettazione e quindi le figure professionali che la
praticano - viene prevista allinterno delle attivit connesse al
mondo delle costruzioni. Tra queste figure, ovviamente, ci sono gli architetti
i quali, senza eccezioni, potranno liberamente prestare la propria opera allinterno
di tutta lunione, senza dover ricorrere a qualche collega in qualit
di referente nazionale giuridicamente idoneo.
Come si sa, allinterno dellunione non vi una comune disciplina
delle professioni; tanto che ci sono paesi, come quelli scandinavi, dove fare
larchitetto non richiede e non pretende nessun tipo di tutela nazionale.
Un architetto scandinavo potr, quindi, progettare in Italia infischiandosene
sonoramente di collegi e ordini professionali. Lascio al lettore le necessarie
conclusioni.
Infine, propongo unultima riflessione che dovrebbe concludere e aiutare
la natura delle liberalizzazioni con cui il governo intende ammodernare il nostro
paese. Una volta sbriciolate le corporazioni professionali occorre occuparsi della
loro genitrice naturale che luniversit. Senza essere costrette
a dispensare e fabbricare privilegi e privilegiati, le scuole di massimo livello
potrebbero occuparsi di ricerca e formazione nella massima libert. Non
dovendo garantire legalmente il valore della propria verit tra
laltro atto assolutamente spocchioso e pretestuoso in ambito creativo
non dovrebbero declinare il loro sapere a nessuna oggettivit di stato,
peraltro mai espressa perch impossibile da esprimere. In architettura
esistono opinioni che nessuna universit pu rendere oggettive.
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