Achille Bonito Oliva, a proposito del concorso The Virtual Museum International Competition sulle pagine di www.newitalianblood.com, dice:
<< Questo concorso andrebbe analizzato proprio nell'ottica del dopo 11 Settembre:
- l'avvenuta smaterializzazione, ovvero, la perdita di un valore superbo dell'architettura: la verticalit simbolica;
- la perdita del peso gravitazionale, ovvero il passaggio ad una fase pi avanzata dell'arte non pi feticcio, ma neanche bene da conservare in quell'opificio del bello che il museo.
Il museo finalmente perde importanza, gli architetti hanno fatto un pessimo lavoro nei confronti dell'arte contemporanea, quasi tutti i musei sono proposte molto modeste e spesso denotano tracotanza culturale, l'invaso conta pi dei contenuti in musei come il Guggenheim di Wright e il Beaubourg di Piano e Rogers.
A mio avviso gli architetti hanno quasi sempre fallito per quanto riguarda la concezione degli spazi d'accoglienza per l'arte contemporanea, interessanti alcuni tentativi come il Museo di Piano a Noumea, alcune realizzazioni di Isozaki e Botta e un nuovo progetto di Koolhaas.
L'architettura costruita degli architetti contemporanei ha prodotto gesti totalitari, di bassa accoglienza e di grande invadenza, proprio perch l'idea del Movimento Moderno ha sempre sopravanzato la loro mentalit e li ha portati a pensare che il progetto era, in qualche modo, un valore invasivo anche del nomadismo dello spettatore nello spazio.
Il museo uno spazio precario, uno spazio dove oggi il pubblico, in fondo, celebra la propria morte. E questo perch non ci troviamo di fronte alla morte dell'arte ma alla morte di un pubblico bombardato da gadget, video, performance, video installazioni, che si muove all'interno dello spazio museale vivendo full-time attraverso spazi per i bambini, ristoranti, biblioteche e bookshop. Il museo contemporaneo diventato un opificio non solo del bello, ma della produzione. E' uno spazio non pi un filtro o depuratore, non pi la soglia di una chiesa che ci permette il passaggio ad una dimensione interiore. L'industria dello spettacolo vive una cultura che prima era gestita dagli artisti d'avanguardia, oggi quegli artisti che lavorano con sensibilit "pellicolare" a riprendere i linguaggi dei media, i discorsi sul digitale, non si rendono conto che l'industria culturale ha mantenuto ci che le avanguardie storiche avevano promesso: la realizzazione dell'arte totale. Si pensi ad esempio ai film con Ginger Roger e Fred Astair, o ai videoclip di Michael Jackson, sintesi di velocit futurista, condensazione simbolica surrealista e senso del gioco dadaista, cui si aggiunge: danza, teatro, gestualit, performance; l'idea del precipitato dei linguaggi che le avanguardie storiche avevano teorizzato e che l'industria culturale oggi imbelletta, ben presenta, ben confeziona e consegna nello spazio domestico in maniera capillare.
In quest'ottica il museo tradizionale assume una dimensione statica, una cattedrale lontana da raggiungere ed una cattedrale che funziona come intrattenimento per un pubblico di massa accattivato e sedotto gi a livello pellicolare dall'industria dello spettacolo che ha, giustamente, addomesticato alcuni linguaggi.
Parlare di Museo Virtuale oggi un discorso affatto peregrino, affatto nichilista, piuttosto prendere atto di una sintesi di problematiche e di riflessioni prodotte dalla storia e dalla cultura, proprio come il terrorismo.
Queste proposte di museo virtuale hanno il grande pregio di ipotizzare ancora un futuro, hanno invece il difetto di non parlare di arte contemporanea perch gli architetti non la conoscono abbastanza. Ancora una volta l'architettura smaterializza tutto tranne se stessa.
Non c' stato un solo esempio di opera interagente con lo spazio. Le tipologie linguistiche che questi giovani architetti hanno sviluppato sono strumentali a rappresentare interattivit, fruizione, contemplazione attiva o passiva dell'opera d'arte, ma di quale arte: astratta o figurativa? A colori o in bianco e nero? Perch poi solo la pittura? L'esperienza tridimensionale, le sculture, le videoinstallazioni, le installazioni, la fotografia non sono previste? Perch non opere di arte totale in cui prevista anche la musica o la performance?
Il concorso stato una grande proposta ma con frutti ortopedici, costrittivi, in cui si celebra ancora la monumentalit di un'architettura che prima era costruita e fortunatamente adesso solo virtuale.>>
Personalmente sono daccordo con parecchie considerazioni e deduzioni.
Ma non sono daccordo sugli assiomi che determinano i raffinati ragionamenti di A. Bonito Oliva. Dare per scontata la monumentalit di tutta larchitettura costruita mi pare un asserto non vero. Del Guggenheim di Wright, per esempio, si pu dire tutto fuorch tacciarlo di maestosit o imponenza o staticit monumentale. Anzi, lesatto contrario.
Tutto il movimento moderno, fino alle ricadute neostorciste degli ultimi ventanni, ha cercato e sperimentato ogni genere di artificio spaziale per liberarsi del pregiudizio dellimmobilit e dellimponenza, per prendere le distanze dai monumenti e dal loro vincolo simbolico, per dotare lo spazio vissuto della variabile temporale, antistatica, antiretorica, antiprospettica, senza dover per forza ricorrere alla smaterializzazione che, in architettura, non vuole dire nichilismo, buono o cattivo che sia, ma afasia, silenzio, assenza. E chi non parla non esiste.
Per questa ragione, nel caso dei musei, contesto latteggiamento di unarchitettura neutra di puro servizio allarte, semplicemente perch questa parte di quella e, come tale, ha pieno diritto di mescolare i suoi linguaggi a quelli delle altre forme espressive. Probabilmente gli architetti capiscono darte quanto gli artisti di architettura, quindi tolleriamone laffrancamento per il bene degli uni e degli altri. E se alcuni edifici comunicano pi delle opere che raccolgono, forse il problema di queste, se vero che la poesia non sta nelle parole ma nel modo e nel dove si mettono insieme.
E vero, larchitettura ha molti difetti, perch vive di tempi lunghi e di grandi energie che la costringono a immaginare un futuro possibile che spesso non si avvera. Ma resta lintenzione, come per la poesia.
Quindi non credo che la soluzione virtuale possa in alcun modo risolvere un conflitto allusivo che ritiene inadeguato il contenitore rispetto al contenuto. Se lidea di arte totale contempla lesibizione performativa il disaccordo risolto quando contenitore e contenuto sono la stessa cosa.
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