L'iniziativa di Giovanni Bartolozzi: organizzare un incontro su Zevi
per ascoltare opinioni e riflessioni di chi ebbe modo di conoscerlo. Per me, che non ho mai incontrato Zevi personalmente, instaurandovi un rapporto esclusivamente epistolare, era occasione per potere attingere dagli altri relatori utili pareri sulla sua opera di critico-storico dell'architettura. Si sa: il confronto l'esercizio pi utile per capire ed approfondire. Quel che pi m'interessava era comprendere quanto gli altri relatori pensavano su quanto Zevi avesse realmente rappresentato, attraverso la sua opera critica, un processo di progresso per l'arte e l'architettura. Libri quali Storia dell'architettura moderna, Pretesti di critica architettonica, Leggere scrivere parlare architettura, Controstoria, mi avevano avvicinato alla figura di Zevi, trasmettendomi la sensazione che egli avesse centrato in pieno l'obiettivo del progresso di arte e di architettura nel corso degli anni e degli eventi.
Ha parlato Giovanni Bartolozzi e le sue parole mi hanno fatto riflettere: lui
Zevi non lo ha conosciuto, giovanissimo studente di architettura, rimasto folgorato dalla figura di Zevi. Mi sono detto che qualcosa doveva pur significare l'impegno di uno studente nel voler fortemente parlare di Zevi. Dovevano esserci ragioni profonde in Bartolozzi. C'erano, ed erano chiare: la lettura dei libri di Zevi ha innescato nel giovane studente siciliano quello che diciassette anni fa avevano innescato in me: studiare l'architettura fuori da ogni regola dei programmi accademici universitari. Studiarla tenendo conto della sua componente base: lo spazio. Da Bartolozzi a Franco Purini - passando dalla mia generazione di studente degli anni '80, a quella di Saggio, Prestinenza, Lazier, studenti degli anni '70- ci sono quaranta anni di differenza. Bartolozzi e Purini sono separati da decenni, diversi l'uno dall'altro, a tutti i livelli: politico, sociale, culturale. L'incontro su Zevi occasione per riparlarne in riferimento ad una figura che questi decenni li ha vissuti intensamente, con in pi l'esperienza di quelli precedenti
(anni '40 e '50).
Bartolozzi dice chiaramente di sentirsi orfano di Zevi e attende da noi che gli
si parli di suo "padre", che gli si racconti chi fosse realmente, oltre ci che ne pu leggere nei suoi ed altrui libri.
Bartolozzi scopre di avere in Franco Purini un fratello maggiore: anche Purini dice di essere orfano di Zevi. Ma non la stessa cosa. Purini dice che "Zevi li ha lasciati orfani": fondamentale la differenza tra l'essere orfani e l'essere lasciati orfani. La seconda condizione suppone la volonta dell'abbandono da parte del padre.
Lazier ed io siamo certi che l'incontro non sar un inno cieco a Zevi.
Ne garanzia la seriet ed il peso di Saggio, Muntoni, Prestinenza Puglisi, Purini: grandezza e limiti del pensiero zeviano saranno analizzati con obiettivit.
Cos , almeno sino a Purini, che si rivela la voce "contro": Zevi ha commesso molti errori, primo fra tutti quello di avere introiettato l'intransigenza fascista, cosa che si pu dedurre dall'intolleranza che mostrava contro chi non la pensava come lui. Dimostrazione? Zevi, travolto dall'ondata postmoderna
non ha saputo reagire con raziocinio ma, colto di sorpresa, ha sparato a zero, come si conviene a chi non ha argomenti con cui discutere. Zevi spesso pretestuoso, come quando contrappone Borromini a Bernini.
Zevi che costringe l'architettura italiana ad uscire dai circuiti internazionali,
togliendole peso culturale, isolandola. Zevi che non ha mai relazionato la sua critica architettonica con altre espressioni culturali e sociali (letteratura,
musica, etc.) che contemporaneamente si proponevano. Zevi che addita di immoralit chi non progetta secondo la sua visione architettonica, amplificando la sua intransigenza fascista.
Come si conviene in queste circostanze, dopo i difetti - ma che difetti!- Purini ne elenca i pregi, cos, tanto per gradire
Zevi maestroZevi importanteZevi di qua e Zevi di l Dopo avere ascoltato Purini la sigaretta ci vuole proprio...e anche Sandro sente questo bisogno. Siamo venuti a Firenze sicuri di non assistere a crisi isteriche per la dipartita di Zevi condite con inni di lode. Non lo volevamo perch odiamo le commemorazioni intrise di ipocrisia. Ma va detto: non ci aspettavamo neanche le parole di Purini. Ci troviamo fuori, nel cortile attiguo alla sala del convegno. Incontriamo Purini, ma non c' dialogo. Il messaggio chiaro: lui Purini, ma noi chi siamo?! Lui Purini e, dunque, con noi non parla. Lui Purini, noi solo due poveretti esaltati che in realt poco conoscono di Zevi (a dirla tutta, secondo Purini io non ho mai letto neanche uno dei libri di Zevi).
Non ci ha ascoltati e non ci illudiamo che ci legger, ma io ci tento lo
stesso. Se Purini stato lasciato orfano da Zevi e se Zevi ha commesso tutti questi peccati c' comunque da dire che l'orfanello ne , tutto sommato, somigliante in certi aspetti. Se -a detta di Purini- crescendo durante il fascismo - pur essendone contro- Zevi
ne ha assorbito l'intolleranza dittatoriale, lo stesso Purini denota qualcosa
di simile: non parla con chi non d'accordo con lui. Niente dialogo, niente contraddittorio, niente input da sviluppare. Si sputano solo sentenze. Ovviamente, l'interpretazione dell'intolleranza di Zevi non mi trova d'accordo nel rintracciarla nell'assorbimento dei modi fascisti che Zevi stesso combatteva. Il transfert qui non funziona. Zevi era contro ogni tipo di dittatura, rossa o nera che fosse, e se abbandona il suo pi caro amico (Ruggero Zangrandi) lo fa proprio in nome dell'assoluta
volont di uscire da posizioni estremiste. Caro Purini, scendiamo nel dettaglio degli argomenti e forse riusciremo ad evitare
cantonate quali "Zangrandi, e con lui Zevi, scesero a compromessi con il fascismo, frequentando anche il figlio di Mussolini". Vittorio se lo ritrovarono
in classe. Vittorio lo usarono alla prima ora della loro lotta, sapendo bene che
era impossibile organizzare la disobbedienza sfuggendo alla reprimenda fascista.
Il coraggio fu di camuffarsi per entrare dentro il sistema ed iniziare ad eroderlo.
Zangrandi fonda l'Associazione per l'universalismo del fascismo e con essa il
coraggio di agire e non di parlare e bastadi agire e non di disegnare e
bastaquando il momento si fa critico.
La "teoria del doppio binario": Le dice qualcosa in merito all'allontanamento
tra Zevi e Zagrandi?
Veniamo a Zevi travolto dall'ondata post moderna: riduttivo. Avrei preferito che
Purini spiegasse- anche e soprattutto agli studenti che ci ascoltavano- le vere
motivazioni della diversit di pensiero con Zevi, che presero corpo dagli
anni '70.
Borromini versus Bernini? Pretesti di critica architettonica. Appunto.
Se non si studia Borromini con il mezzo dell'eresia non si pu che ridurlo
ad uno dei tanti che scopiazzano senza capire. Viceversa, si scopre un Borromini
che rispetta il passato contestualmente alla volont di non camuffare di
passato il moderno, evitando a mezzo di impeti violenti di cadere nell'"ambientamento".
Bernini non c'entra, "altro" nella sua grandezza.
Se il post moderno avesse avuto un millesimo della stessa matrice eretica di Borromini
potremmo stare qui a parlarne. Dunque chiudo l'argomento su Post moderno. D'altronde
non potrei aggiungere nulla di nuovo in merito all'intima radice di degrado culturale
che ha avuto.
Il demerito dell'uscita dell'Italia dal panorama internazionale ne la
conseguenza. Zevi non c'entra.
Discorso difficile, perch soggetto a scatenare ire infruttifere piuttosto
che spunti propositivi.
Isolata dal fascismo della seconda parte del ventennio, l'Italia torna nel circuito
internazionale grazie a personaggi quali Terragni - e a quelli che ne seguirono
la scia-, la cui opera non si piega a semplice ripetizione degli stilemi e delle
regole razionaliste, ma assurge al manierismo pi alto, creando i presupposti
per lo sviluppo di un'architettura al di fuori delle estenuanti ricerche di una
tradizione moderna italiana. Terragni doppiamente eretico: contro i dogmi
fascisti e contro quelli del razionalismo.
Oggi non abbiamo una identit architettonica nazionale? E la colpa sarebbe
di Zevi poich ha combattuto la metafisica rossiana frammista a rigurgiti
accademici?
Se un uomo combatte da trenta anni l'accademismo, la matrice classica del razionalismo,
le architetture che non considerano i contenuti alla base del loro essere, la
ricerca di uno stile d'identit nazionale, se un uomo fa tutto questo,
perch mai dovrebbe all'improvviso porgere ossequi a chi cancella di colpo
il Movimento Moderno dichiarandone il fallimento e riportando l'architettura nel
recinto dei dogmi da cui si stava liberando?
Ma qual questa benedetta tradizione architettonica italiana di cui tutti
i razionalisti accademici piangono la scomparsa? E' forse quella romana? O quella
paleocristiana? Magari quella romanica? E, non avendo avuto un gotico che tale
possa essere chiamato, la nostra tradizione rintracciabile nel duecento
o trecento? Nel rinascimento o nel barocco? Potrebbero esserlo tutte le forme
di maniersmo?
Ma via! Finiamola! Finch continueremo a cercare verit assolute
resteremo sempre pi fuori da ogni contesto culturale realmente moderno.
L'apporto della storia architettonica italiana (di qualsiasi lingua)
fondamentale per tutta l'architettura internazionale, a tutti i livelli. E mentre
al di l delle alpi l'architettura continua ad esprimere innovazione noi
continuiamo a perderci in preziosismi fuori tempo.
Zevi - prima di ogni altro- intu il problema e si dedic a capofitto
a lavorarvi. Una presa di posizione dura, a volte intransigente, ma con l'obiettivo
primario di comprendere la storia e le sue potenzialit a volte inespresse
(il caso di Terragni emblematico) ed attualizzarle.
Le Corbusier incontrando Zevi :" Tutti dicono che lei contro di
me.Ma so che non vero". Infatti.
Essere contro non significa combattere l'uomo ma le sue idee. Le Corbusier non
progettava secondo la visione di Zevi influenzata da Wright? Vero, ma mai Zevi
ha tacciato di immoralit Le Corbusier, o Louis Kahn. Lo ha fatto con Luigi
Moretti? Vero, ma il discorso su Moretti ci porta inevitabilmente ai suoi legami
con il fascismo, alle sue compromissioni. Anche Terragni era fascista? Vero, ma
vittima di un equivoco che dichiar apertamente con il Novocomum.
Quando Zevi critic apertamente Alvar Aalto non lo fece per mezzo di offensive
dichiarazioni sulla moralit dell'uomo. Ne attacc la retrocessione
architettonica, non l'etica.
Etica che Zevi ha sempre perseguito in architettura attraverso il coinvolgimento
sociale. Strettamente legate, architettura e fatto sociale non potevano prescidere
dall'essere messaggio etico. Lo ha ricercato costantemente, in ogni situazione
socio- politica, in ogni manifestazione della societ e della cultura.
Purini ha cercato di sminuire il gesto ribelle dell'abbandono dell'insegnamento
del 1979: "appena spedita la lettera Zevi si pent e cerc
di ritirare le dimissioni".
Anche Anna Falchi si pent di avere posato nuda e pianse in diretta allo
Zecchino d'Oro.
Siamo al pettegolezzo, oltre ogni volont di spiegare i contenuti alla
platea di studenti che hanno il diritto di conoscere per potere avere argomenti
su cui ragionare.
Purini avrebbe dovuto parlare dei significati che Zevi attribuiva alla libera
cultura, unico modo di minare dall'esterno il monumento-feticcio universitario.
E non si riferiva ai colleghi.
Non si trattava di "[]riformare l'universit, ma di rivoluzionarla,
cio di reinventarne le strutture. A tal fine occorrono iniziative temerarie,
anche illegali, che presuppongono una stretta alleanza tra universitari e intellettuali
liberi" (da Zevi su Zevi - Marsilio)
Mi ha sempre affascinato la capacit di Zevi di prendere a prestito scritti
o pensieri di intellettuali anche al di fuori dell'architettura ed esaminarne
i contenuti rapportandoli ad essa.
Caro Purini, da Lei mi sarei aspettato di pi. La sua figura considerata
di una certa importanza per quanto ha inciso nel percorso di crescita dell'architettura italiana. Avrebbe dovuto parlare delle differenze che la dividevano da Zevi. Differenze di sostanza, di contenuti.
Seguir il suo consiglio e (ri)legger Zevi. Spero lo faccia anche Lei. Un personaggio della sua importanza, professore universitario, avrebbe dovuto comprendere il "come" parlare ad una platea fatta di studenti. Non c'
riuscito. O, pi probabilmente, non ha voluto.
Non penso che Lei rappresenti l'universit dei dogmi e delle regole, dove
bisogna solo ascoltare ed eseguire, evitando accuratamente che ognuno diventi
se stesso, libero.
Uomini liberi, come lo stato Zevi e come lo siamo tutti noi che di Zevi
-oltre ogni tipo d'insegnamento architettonico di cui ognuno di noi pu
condividere, elaborare o rifiutare gli indubbi eccessi della personalit
del personaggio- abbiamo fatto nostra la sovranit dell'individuo quale
prima regola dell'essere civili.
Ribadisco quel che ho detto in altri articoli: Portoghesi ha attaccato spesso
gratuitamente Zevi, evitando di concentrarsi sui contenuti. A Firenze, Purini
ha avuto un atteggiamento simile. Ne rispetto la posizione, le idee, i contenuti.
Rispetto la sovranit dell'individuo. Ma non mi piaciuto il modo
in cui si tolto i sassolini dalla scarpa: li ha lanciati con veemenza,
facendoli disperdere e non colpendo alcun bersaglio. |
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