In quest giorni e' in corso al museo Guggenheim di New
York una mostra sul lavoro di Frank O. Gehry.
Credo che su Gehry si sia detto quasi tutto, quindi non vorrei ripetere
cose gi molto note anche a chi non si occupa direttamente di architettura.
La mostra e' molto grande, occupa tutta la spirale del museo;
l'allestimento della sala non e' particolarmente scenografico, anzi a
dire il vero risulta piuttosto debole per la particolare location, credo
non sia stato montato con la dovuta attenzione; si tratta di un velo appeso
al soffitto che avvolge parzialmente la spirale di Frank Loyd Wright.
Le opere sono disposte secondo il percorso lineare della spirale; sono
esposti moltissimi modelli alcuni di grandi dimensioni (ad esempio il
modello per il museo Guggenheim di Manhattan); una serie di gigantografie
di edifici solitamente realizzati occupa le pareti lungo tutto il percorso
intervallata da pannelli di spiegazioni tecniche o di introduzione ai
progetti; vi sono inoltre in ordine sparso delle raccolte di disegni esecutivi
consultabili, molto interessanti, modelli di studio e materiale informativo
vario.
I lavoro esposti come dicevo in precedenza sono estremamente noti, non
si e' quindi sorpresi (almeno in qualit di architetti) dai contenuti
(e dalle forme) di ci che si vede
La visita, che richiede un certo tempo e' senz'altro nel complesso interessante,
intensa, dettagliata, didattica per certi versi, forse ridondante in alcune
parti.
Al termine della visita si esce soddisfatti anche se leggermente ubriachi
di immagini.
Non e' qui mia intenzione dare giudizi di valore sul lavoro
di G., mi limiter ad elencare alcune considerazioni -personali-
sull'evento.
- Mi sembra che il lavoro di Gehry sia stato influenzato dal cambiamento
dell'architettura contemporanea -almeno di una parte di essa-; Le opere
eseguite fino ai primi anni novanta, pur essendo interessanti per altri
versi, non usano il linguaggio 'Gehriano'; insomma mi pare che Gehry non
possa essere paragonato, come spesso viene fatto, a Gaud; quella
di G. non e' l'opera di un architetto geniale e isolato, e' l'opera di
un architetto appartenente al proprio tempo e nel passato ai tempi diversi
in cui ha operato.
Anzi, se si osserva l'opera di G. nella sua collocazione temporale si
notano cambiamenti 'stilistici' evidenti; decostruttivismo, una certa
interpretazione del postmodernismo, persino una tendenza razionalista;
insomma G. e', se visto in una prospettiva temporale, un architetto per
certi versi eclettico (ci non toglie nulla al valore delle singole
opere appartenenti a differenti periodi e in ogni caso questo 'eclettismo'
non e' da intendersi nel senso pi tradizionale)
- Mi pare che sia riconoscibile nell'opera di G. una forte componente
californiana, talvolta (nei lavori forse meno riusciti) disneyana; in
pratica se nella grande maggioranza dei casi tutto e' ben controllato,
talvolta vi sono degli eccessi di rotondit; tutto e' un po' troppo
tondo; se si dovesse fare il paragone con una bella donna lo si potrebbe
forse fare con una bella donna procace.
- Credo che G. abbia 'inventato' alcune parti o regole sintattiche caratteristiche
del proprio linguaggio; ad esempio le soluzioni adottate per le aperture
(finestre) negli edifici residenziali dell'ultimo periodo -per altro molto
belli- sono senz'altro molto riuscite; la rottura della grande superficie
non regolare e' cosa difficile a farsi (anche Eisenman ha avuto a mio
giudizio momenti difficili nell'affrontare il problema -almeno fino alla
trovate dell'utilizzo di grandi tagli secchi su tutta la superficie-);
G. risolve il problema con un cambiamento di linguaggio o meglio creando
un linguaggio nuovo ad hoc.
Un discorso simile si potrebbe fare a riguardo delle vetrate poste dove
i volumi si rompono 'naturalmente' o finiscono definiti nella propria
forma.
- E' esposto ad un certo punto dell'esposizione un asciugamano piegato
secondo una forma accidentale; questo asciugamano tiene la forma data
in quanto impregnato di cera e successivamente lasciato asciugare.
Credo che nell'esempio dell' asciugamano sia contenuto un indizio utile
alla comprensione dell'architettura di G. (almeno quello dell'ultimo periodo),vi
sia la sintesi della concezione spaziale e formale.
L'architettura di G. ha a che fare con i processi di elaborazione digitale
solamente per quanto riguarda la trasposizione di informazioni spaziali
studiate tramite modelli reali a macchine che realizzano mouldings (casseforme)
per la stampa, la colata o la piegatura delle superfici costruttive o
parti di esse.
La genesi della architettura e' legata a mio giudizio direttamente ad
un controllato incidente formale-spaziale (l'asciugamano).
Insomma G. ha capito forse prima di altri che la forma accidentale e'
molto spesso pi bella di quella generata dallo studio di geometrie
controllabili (non mi riferisco all'architettura digitale che sfrutta
altri incidenti)
In pi un'architettura spesso e' bella perch fa perdere
il senso dell'originale processo di concezione e di creazione, non e'
pi comprensibile facilmente; insomma diviene complessa, meno prevista,
quindi non ancora del tutto vista o gi vista, non facile da decifrare;
non la si vede tutta subito quindi incuriosisce.
Forse uno stato di incoscienza e di casualit nella creazione va
a favore del valore artistico contenuto; (Milan Kundera sosteneva una
tesi simile nell'insostenibile leggerezza dell'essere).
Strumentalmente inoltre quella dell'asciugamano e' un'operazione di radicalit
Duchampiana.
-Talvolta l'architettura di G. risulta un po' pesante (non e' una critica
negativa, talvolta un senso di pesantezza e solidit, unit
ad una forte tensione spaziale che disloca la materialit genera
poesia); a volte alcuni edifici appaiono come un vestito di una linea
nuova cucito con una stoffa di linea vecchia o come carte di caramelle
di carta costruite con la porcellana; probabilmente la tecnologia non
e' ancora pronta per la complessit proposta.
Ci non toglie che G. sia ad oggi l'unico architetto recente che
abbia sperimentato e costruito su larga scala una architettura di grande
complessit e innovazione; e' l'unico che abbia studiato e realizzato
soluzioni tecnologiche, sebbene dai costi elevatissimi, con un enorme
valore per la ricerca.
- L'opera di G. e' fortemente personale, pur facendo parte comunque di
un 'sistema', la soluzione formale e spaziale da lui proposta e' pressoch
unica (non si potrebbe avere alcun dubbio sul fatto che il museo Guggenheim
di Bilbao e il recente complesso per lo spettacolo realizzato in Australia
siano opera dello stesso architetto); solamente alcune opere di G. hanno
un determinato tipo di tensione e di forza e le soluzioni specifiche proposte
e i dettagli (paragonabili a scoperte scientifiche per il vaolre di novita'
e di ripetitivit) diventano un linguaggio particolarissimo, riconoscibile;tanto
piu' riconoscibile in quanto spesso inedito.
-Credo che G. sia un architetto popolare; comprensibile a molti
che non si occupano di architettura; non credo vi siano a monte (a valle)
del suo lavoro particolari speculazioni di natura filosofica o culturale,
tantomeno morale o sociale; questo e' certamente un punto di vantaggio
per la portata di impatto diretto dei suoi progetti (personalmente ho
sempre pensato che la pratica venga prima della teoria o che comunque
l'accompagni e non credo sia necessario ripercorrere la storia e le ragioni
del barocco per capire la bellezza di una chiesa di Borromini; questo
non per togliere importanza alla critica o alla teoria che restano necessarie);
l'atteggiamento di G. in fondo avvicina l'architettura al mondo e ne apre
i confini, pur non senza rischi; G. forse non ha bisogno probabilmente
di essere troppo colto; l'architettura di G. e' per tutti e per nessuno.
-Per ultimo vi e' l'aspetto dell'introduzione dell'architettura di Gehry
nel contesto urbano (e non).
E' evidente che si tratti di un approccio radicale per contrasto piuttosto
che di un processo di mimesi.
Se pu essere vero che vi e' un'attenzione alla genealogia del
lotto e delle parti di citta', non si puo' parlare di rispetto dei caratteri
locali e culturali dell'intorno (il nuovo museo Guggenheim di Manhattan
e' drammaticamente simile al museo di Bilbao e non penso che possa essere
fatto un paragone ragionevole tra la punta sud di Manhattan e il lungomare
di Bilbao).
A mio giudizio le considerazioni da farsi sono due, una parziale ed una
generale;
-l'architettura di 'oggetti' straordinari non e' la stessa che potrebbe
essere proposta per parti di citt pi integrate -il razionalismo
spesso non accettava tale differenza- (i musei oggi sono le nuove cattedrali
borghesi del pellegrino laico -turista- globale, gestite da well-connected
established milionari internazionali colti; e cos funzionano).
-Credo che la relazione con il contesto urbano debba tenere conto di cambiamenti
radicali di sensibilit e cultura che creano un immaginario urbano
inesplorato e introduce nuovi elementi pi per contrasto e addizione
che per un senso di continuit. |